Una nuova risoluzione per i rifugiati palestinesi e la lotta all'antisemitismo in Francia due analisi dal Foglio
Testata: Il Foglio Data: 19 novembre 2003 Pagina: 3 Autore: Sabrina Cohen - un giornalista Titolo: «due cronache dal Foglio»
Riportiamo l'articolo di Sabrina Cohen pubblicato sul Foglio di mercoledì 19 novembre 2003, dal titolo: "Con i fondi per Arafat qualcosa è andato storto, l'Europa rifà i conti". New York. L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione presentata dagli Stati Uniti a favore dei rifugiati palestinesi. Una notizia che fa scalpore: è passata con 109 voti e ha votato a favore anche Israele. La risoluzione promette di entrare a far parte degli annali dell’Onu. Non era mai successo che, su questioni mediorientali, una risoluzione statunitense passasse con un numero così ampio di consensi. Storicamente, spiegano diplomatici delle missioni israeliana, italiana e statunitense, questo tipo di risoluzioni è destinato a suscitare l’opposizione dei paesi arabi e non allineati. Si lotta non solo sul senso del testo, ma anche sulle virgole e sui punti. Grazie alla mediazione della missione italiana alle Nazioni Unite, alacremente condotta dall’ambasciatore Marcello Spatafora nella sua veste di presidente di turno dell’Unione europea, questa volta invece sono state neutralizzate le numerose riserve dei paesi arabi e dei non allineati al testo proposto dagli Stati Uniti. Un successo costruito nell’arco di lunghe settimane grazie al lavoro di ricucitura condotto dalla missione italiana dell’Onu nei giorni degli attentati in Iraq, quando le attenzioni di tutte le missioni erano concentrate sulla ricerca di una soluzione per fermare gli attentati contro le forze della coalizione. Il testo iniziale proposto dagli Stati Uniti era destinato al fallimento a causa delle opposizioni dei paesi arabi. "La mediazione italiana degli ultimi giorni con i singoli Stati membri dell’organizzazione internazionale – spiegano fonti diplomatiche delle Nazioni Unite – ha portato alla presentazione e all’approvazione di alcuni emendamenti che hanno salvato la risoluzione permettendole di giungere al risultato storico di 109 voti". Israele e gli Stati Uniti hanno dimostrato nelle sedi diplomatiche internazionali di voler raggiungere un accordo con le autorità palestinesi, e la mediazione europea è stata preziosa, suscitando reazioni positive sia negli ambienti di New York e Washington che in quelli di Bruxelles. Non a caso il numero di risoluzioni anti israeliane è sceso a venti dalle ventidue degli anni precedenti. Sul tavolo delle negoziazioni rimane ancora da discutere e approvare la risoluzione a favore dei bambini israeliani, la prima presentata da Israele dal 1976. Dopo l’approvazione nei giorni scorsi di quella presentata dall’Egitto a favore dei giovani palestinesi, è ora la volta di quelli che abitano a Haifa, Tel Aviv e Gerusalemme. Nella bozza messa a punto dai diplomatici israeliani, viene chiesta la condanna degli attentati suicidi perpetrati dai palestinesi ai danni della popolazione civile israeliana e la riaffermazione del diritto dei bambini israeliani a vivere in uno Stato di pace e in sicurezza. Anche in questo caso le operazioni di lobbying dei due schieramenti, paesi arabi da un lato e paesi occidentali dall’altro, promettono di offrire un nuovo terreno di confronto tra israeliani e palestinesi. I numeri dell’Onu parlano chiaro: l’approvazione di una risoluzione presentata da Israele è sostanzialmente impossibile senza il sostegno dei paesi occidentali dato il numero di Stati arabi membri dell’organizzazione internazionale. Ma anche in questo caso il lavoro diplomatico in corso in queste ore potrebbe portare a un secondo successo delle Nazioni Unite nell’arco di pochi giorni.
Perché si può parlare di successo E di successo si può parlare anche per quanto riguarda l’Unione europea. In questi giorni la commissione europea incaricata di raccogliere il materiale e le prove necessarie per aprire un’inchiesta sul versamento di fondi alle organizzazioni terroristiche di Hamas e al Fatah sta ascoltando le prime testimonianze. Ricercatori, esperti, scrittori riferiranno le proprie esperienze e porteranno le prove sui finanziamenti effettuati dalle organizzazioni internazionali a favore dei palestinesi e sui fondi Ue versati all’università di Birzeit, Gerusalemme, e sulle organizzazioni umanitarie a Gaza e in Cisgiordania. L’Olaf, l’ufficio anti-frode europeo, lo scorso mese di febbraio ha annunciato un’inchiesta su eventuali "storni" dei finanziamenti comunitari all’indomani della richiesta di 170 europarlamentari europei di indagare. Le ricerche condotte dalle organizzazioni ebraiche e laiche internazionali hanno portato alla luce prove sull’utilizzo del denaro per la pubblicazione di testi scolastici nei quali non veniva citato lo Stato d’Israele. Più di un miliardo di dollari finisce nelle casse dei rappresentanti palestinesi annualmente, secondo i documenti raccolti da diversi ricercatori indipendenti. Di questi, almeno 120 milioni sono versati dall’Ue nelle casse del governo Arafat. L’inchiesta si propone di ristabilire una giusta spartizione dei finanziamenti al popolo palestinese che, a tutt’oggi, continua a ricevere una minima parte dei soldi stanziati. Sempre dal Foglio riportiamo l'articolo su Chiarc e l'antisemitismo. Dopo l'incendio doloso dela scuola ebraica di Gagny, nell'hinterland parigino, il presidente Jacques Chirac ha convocato una riunione straordinaria del governo, al termine della quale si è deciso di costituire un comitato speciale di ministri che si riunirà ogni mese per vigilare contro l'antisemitismo. Ai prefetti sono state diramate precise istruzioni per assicurare la sicurezza ai luoghi di culto e di riunione ebraici e per rinsaldare le relazioni con le comunità israelitiche. Ai magistrati è stato indicato di perseguire tutti gli atti di antisemitismo con rito immediato, in tutti i casi in cui sarà possibile, mentre ogni procura designerà un magistrato incaricato di seguire le relazioni con le comunità ebraiche e assicurare la pubblicità delle condanne "al fine di sottolineare l'esemplearità delle sanzioni". La risposta di Chirac punta a fronteggiare un rigurgito antisemita e antisionista che in Francia (il secondo paese di insediamento ebraico fuori da Israele, dopo gli Stati Uniti) ha assunto caratteri ormai endemici. Con una certa dose di retorica (a fin di bene) Chirac ha sostenuto che ogni atto di antisemitismo è "contrario a tutti i valori della Francia". In realtà proprio lì è nato l'antisemitismo moderno, a base razzista e non religiosa, che ora si salda alle provocazioni dei settori fondamentalisti della vasta immigrazione islamica. In ogni caso le decisioni assunte dal governo francese segnalano la gravità di un fenomeno denunciato anche, nelle stesse ore, a Bruxelles dal ministro degli Esteri di Israele, Silvan Shalom, che ha proposto la costituzione di un organismo intergovernativo misto, euro-israeliano, per sorvegliare e combattere le manifestazioni di antisemitismo. Non si sa ancora come l'Europa, che con Israele ha in corso un contenzioso sui rapporti con Yasser Arafat, risponderà a questa richiesta. Il parere della Francia, naturalmente, avrà un peso rilevante. Se Parigi decidesse di appoggiare la proposta di Shalom mostrerebbe di rendersi conto del fatto che separare l'antisionismo dall'antisemitismo, oggi, è un errore.