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La Stampa Rassegna Stampa
18.11.2003 Sharon a Roma
Rappresenta il paese che ha avuto 19.000 attacchi terroristici in tre anni

Testata: La Stampa
Data: 18 novembre 2003
Pagina: 10
Autore: Emanuele Novazio
Titolo: «Sharon: molto presto parlerò con Abu Ala»
Riportiamo l'articolo di Emanuele Novazio sugli incontri italiani di Sharon, pubblicato sulla Stampa di martedì 18 novembre 2003.
Nell'ora dei chiarimenti fra Israele ed Europa, Ariel Sharon lancia da Roma due messaggi concilianti. «Nei prossimi giorni incontrerò il primo ministro palestinese Abu Ala, e speriamo di riprendere il dialogo presto», afferma il premier israeliano al termine del suo incontro con la comunità ebraica italiana. «Il 'muro' è soltanto uno strumento difensivo contro i terroristi», non dunque un «confine politico», garantisce al presidente del Senato Marcello Pera. In attesa di incontrare il premier Berlusconi e il ministro della Difesa Martino (oggi) il presidente della Repubblica Ciampi e il ministro degli Esteri Frattini (domani), Sharon ha avviato ieri pomeriggio la sua visita ufficiale in Italia (la seconda da quando è a capo del governo di Gerusalemme) incontrando oltre a Pera il presidente della Camera Casini. Una prima presa di contatto - disturbata da una manifestazione dei «disobbedienti» che condannano «il principale responsabile della politica di apartheid contro il popolo palestinese» - con i vertici di un Paese considerato da Sharon «equilibrato, amico, coraggioso» nel momento in cui Roma è alla guida dell'Unione europea.
Parlando all'Italia, Sharon sa di poter contare sull'appoggio personale di Silvio Berlusconi nella sua veste di presidente di turno Ue perchè l'Europa faccia pressioni sui palestinesi affinchè si impegnino in modo più continuativo nella road map. Sharon lo ha fatto intendere chiaramente: «Oggi l'Italia è il più grande amico di Israele in Europa, da quando Berlusconi è al potere le nostre relazioni sono migliorate, e da quando l'Italia è presidente di turno si adopera a nostro favore in tutti i fori internazionali: non abbiamo mai avuto nella presidenza di turno Ue un Paese amichevole come l'Italia di oggi». Per esempio: «Nel conflitto israelo-palestinese la posizione dell'Italia è molto simile a quella di Israele». Per esempio: «L'Italia è stato il primo Paese ad aver compreso il danno fatto da Yasser Arafat al processo di pace e ad avere inserito Hamas nella lista dei terroristi».
Sharon ha elogiato Berlusconi anche per l'impegno italiano in Iraq: «Il presidente del Consiglio ha preso una posizione importantissima, quella di combattere uno dei regimi più crudeli al mondo», ha sottolineato. «Il suo governo ha saputo comprendere il pericolo del terrorismo, che il resto del mondo ha imparato a comprendere troppo tardi», ha aggiunto esprimendo il suo cordoglio personale e quello del popolo israeliano per la morte del carabinieri, dei soldati e dei civili italiani in Iraq: «Noi, purtroppo, questo tipo di dolore lo conosciamo molto bene, combattiamo il terrorismo da 130 anni. E' una lotta che abbiamo fatto in passato, facciamo oggi e faremo in futuro», ha ribadito parlando davanti alla comunità ebraica italiana che ha esortato ad «alzare la propria voce nella lotta all'antisemitismo».
Un'emergenza assoluta: «Negli ultimi tempi siamo stati testimoni di un'ondata di odio contro gli israeliani, ma oggi l'odio è montato fino a dirigersi verso l'ebreo-collettivo», come dimostrano gli attentati contro le sinagoghe di Istambul, il contemporaneo attacco a una scuola ebraica di Parigi e «due pericolosi sondaggi di natura antisemita condotti in Europa e in Italia». Ancora una volta, Sharon ha lodato il governo di Roma, dicendosi «sicuro che Berlusconi farà di tutto per combattere l'antisemitismo che non minaccia soltanto gli ebrei ma il mondo». Di fronte al dilagare dell'antisemitismo, afferma tuttavia il leader israeliano, la prima soluzione da adottare è «l'alyiah», la salita, ovvero l'immigrazione verso Israele, «l'unico posto al mondo dove gli ebrei possono vivere da ebrei. Vi invito dunque a tornare a casa», è l'appello agli ebrei italiani, «se non voi i vostri figli: i genitori devono mandarli in Israele a studiare e a conoscere la Bibbia, a imparare la storia e la lingua». Perchè in Israele «ci sono sempre stati ebrei che si sono attaccati con le unghie alla terra, e i vostri figli devono conoscere la nostra intelligenza, la nostra cultura, quella di cui andiamo fieri. Dobbiamo fare di tutto per portare in Israele un altro milione di ebrei».
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