Poca obiettività, molti luoghi comuni in un articolo di chi non conosce Israele come invece dovrebbe
Testata: Il Sole 24 Ore Data: 15 novembre 2003 Pagina: 6 Autore: Ugo Tramballi Titolo: «Viaggio lungo il nuovo muro della Palestina»
Già dal titolo partiamo male, infatti anche il Sole24ore chiama "muro" quella che in realtà è una barriera di sicurezza per prevenire attentati.
Insieme all'articolo è pubblicata una foto che ritrae due soldati israeliani nei pressi della barriera ed un palestinese che mostra i documenti. La didascalia del Sole invece recita: Un palestinese mostra i documenti a un soldato presso il muro che dovrà scavalcare per tornare a casa, a Gerusalemme Est Scavalcare? Ma quale scavalcare! Dopo aver mostrato i documenti, il palestinese in questione passerà la barriera attraverso i varchi di ingresso, è così difficile? Per il Sole, evidentemente, sì.
Ora veniamo all'articolo di Ugo Tramballi. Fin dalle prime righe si nota il filo conduttore filoarabo del pezzo. Limor Livnat, uno fra i più duri ministri di un governo di duri, continua a sostenere che non ci siano legami fra la guerra con i palestinesi e la crisi economica. Israele continuerà a crescere: anche se le forze armate riceveranno altri miliardi di shekel per combattere un nemico ostinato, i coloni nei territori occupati avranno denaro e benefici, il muro sarà costruito fino all'ultima colata e all'ultimo dollaro per tenere i palestinesi dall'altra parte. Governo di duri, Sig. Tramballi? Forse è un peccato che il governo d'Israele voglia difendere con la forza la propria gente altrimenti votata al macello? Forse "governo di duri" solo perchè è un governo di destra quindi non piace a Tramballi? La barriera (non il muro), sarà costruita non per tenere i palestinesi dall'altra parte come sostiene Tramballi, ma per tenere i terroristi dall'altra parte. C'è una leggera differenza che il Sole non ha colto. Da questa parte Tel Aviv, smagliante angolo di occidente sulle rive del levante, sembra darle ragione. Ma dietro una delle finestre che dominano questo insieme di grattacieli, tecnologia e consumismo, Dan Proper non è d'accordo. -E' una visione economica distorta da una convinzione politica- dice l'ex presidente della confindustria israeliana-. Da imprenditore posso dirle che in pace o almeno in una situazione senza terrorismo, l'economia volerebbe-. Tel Aviv è un evidente realtà, ma anche una finzione: i suoi abitanti fingono di vivere una vita normale, di credere che fra qui e il conflitto ci siano migliaia di chilometri e non 40 minuti d'auto che più di una volta i kamikaze hanno percorso col loro bagaglio esplosivo. Anche a Ramallah, la Tel Aviv palestinese, fingono di credere. In centro, a 500 metri dai detriti dell'ufficio di Arafat, un manifesto invita i palestinesi a investire nella Banca commerciale nazionale soldi che non hanno. Sig. Tramballi, Lei è stato a lungo in India per una serie di reportage pubblicati dal Suo giornale, per cui Le saranno sfuggite, speriamo, le ultime polemiche riguardo il denaro frutto di donazioni internazionali e incassi di aziende controllate dall'Anp, sparito nel nulla, o meglio, sparito nei meandri dei conti di Arafat. E secondo Lei, i palestinesi dovrebbero investire soldi in una banca controllata da una cricca corrotta e ladra? Il manifesto gira e appare la pubblicità delle assicurazioni: due genitori guardano il figlio che dorme improbabili sonni tranquilli. Se non sarà ucciso dal fuoco incrociato di una sparatoria a un posto di blocco, forse diventerà un kamikaze. Le sue probabilità di diventare ingegnere sono comunque scarse.
Questa è pura propaganda spicciola. Quel bambino potrebbe diventare ingegnere se l'Anp guidata da Arafat si decidesse ad abbandonare la strategia del terrore e ad investire i soldi nella pubblica istruzione e non per contrabbandare armi con Egitto, Siria ed Iran.
Più a sud, dopo aver attraversato una Gerusalemme troppo in prima linea e troppo contesa per costruirsi realtà illusorie, Betlemme è una città vuota. Come Leningrado ai tempi del comunismo era priva dei suoi naturali abitanti, i commercianti, così Betlemme al tempo dell'Intifada è senza pellegrini e senza fede. Il sindaco H. Nasser passa parte del suo tempo sotto una tenda eretta nella piazza della Mangiatoia in segno di solidarietà con Arafat. -Il 65% della nostra economia era turismo- dice-, ora il 44% dei miei cittadini sono disoccupati-. Lo ripete da due anni e tutto quello che può fare è stare accanto a un poster di Arafat, sotto questa capanna che il caldo autunno trasforma in una serra. Deve fingere anche lui di credere che Arafat sia sempre la speranza. Sempre fedeli al filo conduttore filopalestinese: se Betlemme è vuota è perchè l'Anp ha dato il via alla nuova intifada rifiutando il negoziato.
Sharon ha probabilmente una strategia : proteggere la terra d'Israele, impedire la restituzione di ogni pezzo di terra occupata, garantire che gli insediamenti restino dove sono: il resto è tattica. Quello che ha in mente Arafat è più oscuro, ma probabilmente altrettanto pericoloso. Entrambi cullano obiettivi che, ha dimostrato la storia, non possono essere raggiunti. Qui Tramballi paragona Sharon, un valoroso ex generale dell'esercito israeliano che ha saputo difendere il proprio giovane e debole stato davanti ad una marea montante di odio arabo ed ora primo ministro eletto per la seconda volta, con il capo dei terroristi suicidi palestinesi, Arafat; colui che ha gettato alle ortiche un piano proposto non da quella destra odiata da Tramballi, ma dai laburisti al governo nel 2000. A Tel Aviv Shimon Shifer, penna del quotidiano Ydioth Ahronoth, raccontava della sua intervista di fine d'anno ebraico a Sharon. Passeggiando per le strade della città, ammetteva di non sapere che domande fargli. -Cosa potevo chiedere ormai? La vera tragedia di questa fase assurda è la totale mancanza di proposte: noi siamo diventati cacciatori di teste e loro ripropongono Arafat. Avremmo bisogno di qualcuno da fuori, ma gli americani sono così assenti-. Sharon costruisce muri e decide l'eliminazione fisica degli avversari. Arafat si sbarazza dei contendenti e come un illusionista entra ed esce dalla scena vestito da uomo di pace. Hamas minaccia ma sa che sarà spazzato via al prossimo attentato. Sharon non costruisce "muri"; Sharon costruisce barriere che hanno come fine quello di difendere il popolo ebraico dal macello quasi quotidiano. E' permesso difendersi Sig. Tramballi, oppure dobbiamo farci macellare tutti quanti in nome di non si sa bene cosa?
Gli americani come dice Shifer, semplicemente non ci sono: annullati nella loro iniziativa di pace da chi avrebbe dovuto aiutarli. Anche Bush finge che la realtà sia un'altra. I protagonisti della tragedia si sono dunque annullati fra loro e ora c'è un vuoto in cui due popoli ibernano il loro odio senza sapere che altro fare. La fine del ragionamento contorto di Tramballi è che tutti si sono annullati a vicenda...ma che bel diluvio di retorica. Se durante una tregua, un portatore di morte palestinese mandato da Hamas e soci, travestito da ebreo ultraortodosso, macella una ventina di innocenti, chi è che si è annullato Sig. Tramballi? Anche questo viaggio fra Israele e i territori , nei campi palestinesi e negli insediamenti ebraici, di qua e di là del muro, è un irreale ritorno al passato. Dieci anni dopo Oslo, i comandi delle forze armate israeliane hanno preparato i piani per riannettere i territori.
Senza la barriera le forze armate avrebbero dovuto riannattere i territori contro gli attentati, non ci sarebbero state altre soluzioni.
I palestinesi hanno ripristinato l'antico vocabolario politico: gli israeliani sono -i sionisti-, il loro stato -l'entità sionista-. Per gli israeliani Arafat è un impersonale -ostacolo da rimuovere-. Per i palestinesi Arafat è l'uomo da cui avranno uno stato: quando è anche a causa sua che ne sono senza. Ma non avendo espresso un leader alternativo negli anni del suo esilio a Tunisi, non intendono crearne uno ora per far piacere a Israele.
I palestinesi non "hanno ripristinato l'antico vocabolario", non lo hanno MAI abbandonato. I palestinesi "non hanno uno stato anche a causa di Arafat", SOLO per causa di Arafat.
A metà del suo percorso l'autostrada da Gerusalemme a Tel Aviv ne incrocia una nuovissima: la numero 6. Quando sarà ultimata collegherà Israele da sud a nord, da Bersheva ad Haifa, tenendosi a distanza dall'urbanizzazione di proporzioni ormai cinesi della linea costiera. Se sarà ultimata: gli investimenti in infrastrutture rischiano d'essere vittima della crisi economica. Non c'è altro su cui risparmiare: dopo aver annunciato tagli in ogni dicastero, tutti i ministri erano riusciti ad annullare le riduzioni che li riguardavano. Bibi Netanyahu, alle Finanze, era riuscito a votare contro il taglio da 250 milioni di euro all'Inps israeliana, da lui stesso proposto. Ma le colonie continueranno ad avere soldi, il muro sarà terminato, i militari avranno ciò che chiedono. la crisi economica ha radici anche nella fortissima recessione causata dallo scoppio della bolla di internet. Al Nasdaq negli Usa, sono quotate più di cento aziende israeliane, che hanno risentito del crollo azionario. E' stata una concomitanza di fattori ad aggravare la crisi economica, ma la ripresa si sta già facendo sentire nonostante i proclami pessimisti di Tramballi. Verso nord, l'autostrada corre parallela alla vecchia -linea verde-, confine fra Israele e la Cisgiordania, e dunque al muro. Dietro s'intravedono Kalkilia e Tulkarem da cui, grazie al muro, i militari pensano non dovrebbero più venire kamikaze.
Quante volte Tramballi parla di "muro"? Sembra quasi goda nel scriverlo cento volte, sbagliando tutte le volte essendo una barriera difensiva.
Quassù questo vallo di cemento e filo spinato, è accettabile: correndo quasi sulla -linea verde-, è una frontiera tra Israele e Palestina. Ma altrove il muro entra come una lama nei territori, ruba altra terra, divide i villaggi. In fondo quello che hanno sempre fatto i governi israeliani di destra è creare realtà che impediscano di risolvere i problemi quando la sinistra torna al potere e riprende il dialogo col nemico. Ed ecco che Tramballi scopre la sua vera identità: lui odia i governi di destra, per cui anche quando la sinistra sbaglia....è colpa della destra! -Col muro non posso più andare in università, con i posti di blocco non riesco ad andare all'ospedale, sulla mia testa volano aerei ed elicotteri. Andare in paradiso è diventata la cosa più facile da fare-, diceva un giovane palestinese in un villaggio isoltao dal muro, alludendo alla possibilità d'indossare prima o poi una cintura esplosiva. E' il muro che difende dal terrorismo o è la logica che lo ha prodotto ad alimentarlo? Non c'è risposta. Eh no caro Ugo, la risposta c'è eccome: il terrorismo palestinese esiste "a prescindere". Qualsiasi decisione adotti Israele, ci sarà sempre qualcuno disposto a farsi esplodere perchè è l'esistenza stessa dello stato ebraico ad essere messa in dubbio, qui sta il vero problema.
Nel complesso il solito articolo Tramballiano di parte, con concetti triti e ritriti, analisi superficiali, pochissima obiettività e luoghi comuni a raffica. Il viaggio in India, evidentemente, non ha portato consiglio al buon Tramballi. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione del Sole 24 Ore. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.