Sharon non ha bisogno delle lezioni di storia ma di aiuto per difendere Israele dal terrorismo palestinese
Testata: Il Messaggero Data: 11 novembre 2003 Pagina: 2 Autore: Marcella Emiliani Titolo: «Sharon cercherà di allontanare la Ue da Arafat»
La prima parte dell'articolo di Marcella Emiliani sembra presagiare qualcosa di buono, nonostante il titolo piuttosto fuorviante. Infatti, la giornalista, inizialmente, dà l'impressione di comprendere le ragioni e le posizioni di Israele, ma una volta entrati nel pieno del pezzo, non ci resta che contastare che in realtà non è stato proprio così: si mette a criticare Israele, partendo dai presupposti sbagliati. Ecco quali: (...) Con l'Italia e l'Europa, in altre parole, [Sharon, ndr] vorrebbe arrivare a impostare il problema palestinese nei termini con cui ne parla a Washington dove trova nel presidente Bush un interlocutore in piena sintonia con lui nel giustificare qualsiasi linea politica con la lotta globale al terrorismo. Giustificare? Indipendentemente da "qualsiasi linea politica", la lotta globale al terrorismo è inevitabile se non si vuole continuare a morire. E Sharon, in quanto premier di uno Stato alle prese con il terrorismo suo vicino di casa, ha il compito di difendere gli israeliani dagli attentati terroristici, e il problema uno del terrorismo palestinese è proprio Arafat. E' infatti ormai chiaro a tutti che Arafat rappresenta un ostacolo alla pace, basti ritornare anche solo un pochino indietro, di soli tre mesi: perchè Abu Mazen si è dovuto arrendere quasi subito? Un esempio non di poco conto. Vorranno e riusciranno i nostri politici a spiegargli che - pur restando sacrosanta la guerra al terrorismo (che, in Occidente perlomeno, nessuno è più distposto a giustificare come metodo di lotta) non si deve procedere come panzer e che c'è un limite alla repressione indiscriminata contro i civili palestinesi? Una contraddizione notevole: se la guerra al terrorismo è sacrosanta, perchè fermare i terroristi non lo è?
Vorranno e riusciranno i nostri politici a fargli capire che anche Israele ha dei doveri nei confronti della road map, il ventiseiesimo tentativo di riportare la pace tra israeliani e palestinesi? E' Arafat che ha fatto sì che il tentativo di ottenere la pace fra le due parti in conflitto raggiungesse tale numero. Ribadiamo ancora una volta che è sempre il terrorismo il primo ostacolo all'attuazione alla road map. E ripetiamo ancora una volta che il primo dovere dell'Autorità palestinese è proprio quello di fermare il terrorismo. Abu Mazen non ci è riuscito (e sotto c'è lo zampino di Arafat), e dall'attuazione della road map sono passati molti mesi e il terrorismo è ancora tuttora molto attivo. Vorranno e riusciranno i nostri politici a raccontargli la triste storia del muro di Berlino che tutto ha fatto meno che proteggere il blocco comunista dal crollo e dall'estinzione? Alla luce dei fatti ci sembra davvero fuori luogo nominare il muro di Berlino, in quanto la situazione tedesca era ben diversa da quella israelopalestinese. Primo: il muro di Berlino era stato eretto da un regime totalitario per dividere la città, secondo: il muro, che in realtà è una barriera di difesa, serve a difendere gli israeliani dai terroristi suicidi palestinesi. Non si tratta di un "muro" divisorio. Non c'era proprio bisogno di fare questo paragone, fra l'altro inesistente. Vorrà e riuscirà la giornalista del Messaggero a capire tutto questo? Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la loro opinione alla redazione de Il Messaggero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.