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Il Foglio Rassegna Stampa
08.11.2003 Prima Abu Mazen, ora Abu Ala
ma chi comanda è sempre Arafat

Testata: Il Foglio
Data: 08 novembre 2003
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «Abu Ala ruba pedoni e alfieri a re Arafat, Sharon gli dà credito»
Riportiamo l'articolo pubblicato sabato 8 novembre 2003 sul Foglio.
Ramallah. Questa volta non è un duello rusticano giocato a colpi di milizie armate. Questa volta è una logorante partita a scacchi studiata, mossa dopo mossa, per rubare pedine e alfieri a un re sempre più solo e malato. Si consuma tra le rovine della Mouqata dove Yasser Arafat e Abu Ala si scontrano sul nome del ministro dell’Interno, ma si gioca anche tutt’attorno. Durante gli incontri tra israeliani e delegazioni palestinesi fuori dal controllo di Arafat,nei comandi locali dell’Anp dove gli ordini della Mouqata non sono più imperativi, nei santuari economici dove il ministro delle Finanze Salam Fayad rincorre con l’appoggio americano i fondi segreti del rais. In apparenza il timone è ancora nelle mani del presidente, ma è un timone senza governo. Esauritosi il mandato di 30 giorni dell’esecutivo d’emergenza, proclamato il 4 ottobre da Arafat, il premier Abu Ala deve metterne in piedi uno nuovo. Mercoledì notte, grazie all’appoggio della vecchia guardia del Comitato centrale di Fatah, Arafat ha nuovamente bocciato il generale Nasser Yussuf ricandidato da Abu Ala alla carica di ministro dell’Interno. Per non cedere al generale e ad Abu Ala il controllo dei servizi di sicurezza ha, però, pagato un prezzo pesante. All’orizzonte c’è un possibile vertice tra Abu Ala e Ariel Sharon. Partecipandovi senza il via libera alla formazione di un nuovo governo Abu Ala sancirebbe la rottura con il vecchio capo e ufficializzerebbe il suo ruolo di interlocutore indipendente. Il paziente Abu Ala deve decidere se è venuto il tempo di farlo. In due mesi di lavoro è riuscito a ordire una trama di alleanze interne superiore a quella intessuta dal predecessore Abu Mazen. I primi segnali emersero durante gli incontri giordani sull’accordo di Ginevra di fine settembre. Agli incontri partecipavano i "giovani leoni" di Fatah guidati dai parlamentari Kadura Fares e Mohammed Dorani, legati a doppio filo al segretario generale di Fatah Marwan Bargouti, detenuto da 18 mesi in un carcere israeliano. "Se Arafat sostituirà Abu Ala sarà la sua fine", dissero i due.

Sul fronte interno iniziano le defezioni
A metà ottobre una delegazione di Fatah guidata da Fares e dal parlamentare Hatem Abdel Qader volò negli Stati Uniti dove incontrò, all’insaputa di Arafat, David Satterfield, viceassistente della segreteria di Stato per il Medio Oriente e l’ex inviato di Clinton nella regione Dennis Ross. L’argomento
principale fu il cessate il fuoco offerto da Abu Ala e rifiutato, fin lì,
da Israele. Da allora Sharon ha annunciato "l’emergere di una nuova leadership", Shaul Mofaz, ministro della Difesa, ha allentato il blocco delle città palestinesi, l’esercito ha promesso il rilascio di centinaia di detenuti per migliorare le condizioni dei centri di detenzione e alcuni elementi locali dei servizi di sicurezza dell’Anp hanno iniziato a collaborare per fermare gli attentatori. Insomma una rivoluzione su due fronti rivolta a mettere Israele al riparo dal rischio attentati e consentire ad Abu Ala di presentare risultati concreti alla sua opinione pubblica. Sul fronte interno sono intanto iniziate le defezioni. Il ministro dell’Economia Fayad,l’uomo più amato dagli americani per i tentativi di riforma delle finanze dell’Anp, ha già abbandonato ogni carica. "Chiamatemi quando avrete un nuovo governo, tenere in
vita questo è contro la legge", ha detto Fayad schierandosi contro la decisione del rais di prorogare la durata dell’esecutivo d’emergenza. Molta attenzione è ora prestata alle mosse del colonnello Jibril Rajoub, resuscitato a fine agosto da Arafat e messo alla testa del Consiglio di sicurezza per facilitare la defenestrazione di Abu Mazen. L’ex capo dei Servizi di sicurezza preventiva, a suo tempo molto legato ad americani e israeliani, e pur sempre l’uomo a cui Arafat puntò una pistola alla testa accusandolo di mirare alla sua successione. E’ anche l’uomo fatto fuori in una congiura di palazzo ordita con la regia degli egiziani, l’appoggio delle milizie del rivale Mohammed Dahlan e l’avallo del rais. Dahlan è scomparso assieme ad Abu Mazen, gli egiziani non svolgono più alcun ruolo negoziale e Rajoub ha appena incontrato il capo dello Shin Bet israeliano. Portarlo via ad Arafat equivarrebbe a sottrargli il controllo, in Cisgiordania, di una buona fetta dei Servizi di
sicurezza. Una mossa replicabile a Gaza conquistando i favori di Amin al Hindi l’invisibile capo dell’intelligence palestinese già nella lista degli invitati al prossimo vertice tra Sharon e Abu Ala.
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