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L'Espresso Rassegna Stampa
07.11.2003 Antisemiti? Antisionisti? fate voi...
la differenza, ancora una volta, sembra non esserci

Testata: L'Espresso
Data: 07 novembre 2003
Pagina: 43
Autore: André Glucksmann
Titolo: «Antisemiti e bugiardi»
Su L’Espresso di questa settimana compare un articolo a firma di André Glucksmann che commenta le posizioni di Tariq Ramadan e dei no-global nei confronti di Israele e degli ebrei.

Si tratta di una interessante analisi che proponiamo integralmente ai nostri lettori.

Il signor Ramadan non è un talebano, né un partigiano del Gia, il partito degli estremisti islamici algerini), bensì un professore, con il quale si può parlare di Aristotele o di Cartesio. Ma sotto i suoi orpelli accademici si cela un maestro del doppio linguaggio, che ha già ingannato parecchie persone, un fautore di un integralismo che non concede altro alla modernità salvo una 'moratoria' sulla lapidazione delle donne adultere.

Nelle sue prese di posizione polemiche, si fregia, astutamente, della qualifica di 'membro del gruppo dei Saggi per il dialogo fra i popoli e le culture presso la Commissione europea sotto la presidenza di Romano Prodi'. Grazie a questa investitura, egli appare così accreditato come un apostolo del riavvicinamento fra le genti e le religioni. Possiamo sentirci, dunque, rassicurati. Perché non compiere un ulteriore sforzo, eleggendolo arbitro del dialogo fra israeliani e palestinesi?

Il fatto che il rispettoso nipotino del fondatore della setta dei Fratelli Musulmani scenda in guerra contro gli intellettuali ebrei "onnipresenti sui mass media", non sorprende, da parte di un uomo che ha apprezzato "gli atteggiamenti costruttivi e ragionevoli" dei dirigenti del Fis, il Fronte islamico di salvezza algerino, nel momento più buio delle stragi. Questo la dice lunga sul suo spirito di tolleranza. Ma quel che più mi preoccupa non è tanto lui, bensì i suoi amici, avversi alla mondializzazione, pacifisti, infarciti di buoni sentimenti, e il loro rapporto strategico con il suo odio per gli ebrei.

Assisteremo dunque alle nozze fra il movimento 'no-global' e il 'saggio' fondamentalista? Ramadan già preside la sessione plenaria del Forum Sociale Europeo sull''antirazzismo, la xenofobia e l'antisemitismo'. Le sue esternazioni, rifiutate dai grandi quotidiani parigini, trovano spazio sul sito Internet di quest'organismo. Ciò significa che è diventato il consigliere per l'antirazzismo e l'antisemitismo degli eroi di Durban, di Genova e di Porto-Alegre?

Fra questi benpensanti, una sparuta minoranza ha levato la sua voce di protesta. Ma invano. Pierre Khalfa, animatore del movimento dei no-global europei e membro del consiglio scientifico di Attac respinge le "false accuse" mosse contro il suo nuovo amico e il deputato verde Noël Mamère vede nella campagna condotta contro di lui "un tentativo di destabilizzare il Forum". Ed ecco allora che, paradossalmente, i fautori di discordia non appaiono più quelli che pronunciano discorsi antisemiti, bensì quelli che li denunciano. Quando chi vede chiaro indica le nuvole nere che preannunciano tempeste storiche, il no-global guarda il dito.

Per i verdi e i trotzkisti alla ricerca di seguaci, le dichiarazioni di Ramadan non hanno niente di riprovevole. Il veleno entra, così, sottilmente in circolo: dire che Kouchner, Lévy o Glucksmann affermano questo o quello perché sono ebrei non ha niente di antisemita! Poiché nessuno di essi appartiene (e pour cause) alla sua religione, sono allora il sangue e la nascita che li spingono a parlare in quel modo. I no global avallano l'ipotesi oscurantista sull'esistenza di un complotto di intellettuali che non pensano con la loro testa ma secondo la propria razza. Gli ebrei vengono così screditati in anticipo. Con la sola eccezione, contemplata dal magnanimo Ramadan, di coloro che abbracciano la sua causa. O siete d'accordo con lui, o venite smascherati come ebrei o filosemiti. E in questo modo, il dialogo finisce prima ancora di cominciare.

Ci ritroviamo qui di fronte a un dilemma di fondo della sinistra europea. In nome della difesa degli oppressi, della lotta contro il grande capitale e l'imperialismo (americano), e dei diritti calpestati dei palestinesi, i suoi discorsi evocano schemi e ossessioni in cui confluiscono l'antisemitismo delle vecchie destre chauviniste e l'anti-cosmopolitismo degli stalinisti repressi. C'è qualcosa di marcio nel regno dei no-global. Assumere a portabandiera uno come José Bové, che vede lo zampino del Mossad negli attentati alle sinagoghe in Francia (salvo poi a scusarsene più tardi, quasi si trattasse di un'inavvertenza senza strascichi) è soltanto una piccola spia di una deriva inquietante.

Verso la metà degli anni '90, il pontefice dell'integralismo sudanese, Hassan al-Tourabi, aveva proclamato: "Tariq Ramadan rappresenta il futuro dell'Islam". Se i fatti gli hanno dato torto, ciò lo si deve alle battaglie coraggiose condotte dalle donne algerine, afgane o iraniane, non certo a quegli europei che sognano un mondo diverso alleandosi con le forze più reazionarie di quello esistente. Il mondo che io sogno si costruisce a Teheran con gli studenti che contestano i mullah o nelle nostre periferie con le donne che si ribellano al grido di 'Né puttane, né sottomesse', e non certo sulle tribune di Saint-Denis con Tariq Ramadan.
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