Come funziona la disinformazione in Europa alcuni esempi
Testata: Il Foglio Data: 05 novembre 2003 Pagina: 2 Autore: Maria Giovanna Maglie Titolo: «Décryptage della disinformazione dei media europei su Israele»
Riportiamo l'articolo di Maria Giovanna Maglie pubblicato sul Foglio mercoledì 5 novembre 2003. Roma L’ultimo episodio, forse, è di ieri mattina. Radio24, l’emittente del Sole 24 ore, il programma "Nove in punto", attualità approfondita ogni giorno, ospiti e ascoltatori, pacato ma mai fesso, argomento d’obbligo l’infame sondaggio commissionato dalla Commissione europea. Un ospite, Ugo Tramballi, esperto di Medio Oriente del Sole, pronuncia questa frase: "Israele è l’unico paese della regione che ha armi di distruzione di massa, armi chimiche, batteriologiche e nucleari, e la gente lo percepisce come l’unica superpotenza, ed è una potenza espansiva (sic)"; al conduttore, Giuseppe Cruciani, che gli obietta che Israele è l’unica democrazia della regione, il Tramballi replica che "è anche l’unica democrazia al mondo che sta eseguendo una pulizia etnica in quell’area". Una settimana fa, altra trasmissione, questa volta televisiva, della neonata Skynews; altro conduttore garbato e competente, Pierluigi Diaco, e sempre di Medio Oriente stiamo parlando; mio vicino Giovanni De Mauro, direttore di Internazionale. Alla ricostruzione dei mancati accordi di Camp David (presidente ancora Bill Clinton, Ehud Barak, premier israeliano laburista che offre il novantanove per cento della terra richiesta, Arafat che traccheggia, poi dice no, e fa pure il gesto della vittoria con due dita, mentre ha buttato via una pace giusta e possibile) il De Mauro interviene per spiegare che c’è un’altra versione, intendendo quella autentica, secondo la quale era tutto un imbroglio, offerte fasulle, e il vecchio raiss ha sventato il tutto. Ma come, anche Bill Clinton d’accordo? Anche Bill Clinton. Poi mi bacchetta, ricordandomi che gli arabi israeliani avranno pure l’assistenza sanitaria, il lavoro e la pensione che Arafat nega laddove comanda, ma una povera donna palestinese con carrozzina e bambino viene brutalmente fermata ai famigerati posti di blocco, senza ragione. Certo, può sostenere questa tesi con tanta certezza anche perché nessuna agenzia di stampa italiana ha battuto, nessun corrispondente ha scritto, il 14 ottobre di quest’anno – ed è solo un esempio – la seguente notizia, regolarmente riportata sui principali quotidiani israeliani: "Una giovane donna araba passa il posto di blocco di Hizma con una carrozzina da neonato, i soldati israeliani scoprono al controllo che il neonato non c’è, ci sono invece una pistola, un mitra, due caricatori e un coltello". E anche perché durante una puntata del Costanzo show, era il 22 ottobre di un anno fa, ospite d’onore Massimo D’Alema, un duo di sicuro successo, ci si collega in diretta con Gaza, dove c’è un bambino che l’uomo politico ha adottato, sia pur a distanza. Interprete e sottotitoli: al bambino si chiede come stanno i fratelli e le sorelle, e come mai Israele abbia appena distrutto una scuola gestita dalle Nazioni Unite. Ma ai due non viene in mente di chiedere su quali libri di testo il bambino studia, libri nei quali Israele non è disegnato sulle carte geografiche; né se guarda alla televisione quei programmi quotidiani nei quali l’Autorità palestinese mostra filmati di bambini martiri nel nome di Allah, passati dalla pietra alla bomba al paradiso. Sempre il 22 ottobre, ma di quest’anno, l’agenzia Ansa scrive: "Quando un elicottero ha sganciato i razzi contro un’automobile con a bordo miliziani di Hamas ha colpito però anche civili innocenti. Morti che vanno ad aggiungersi ad altri tre palestinesi uccisi nei precedenti raid aerei". Il filmato della televisione israeliana mostra come sono andate davvero le cose, è fatto da un aereo, mostra che quando è stata colpita la macchina con i terroristi e le bombe a bordo, non c’erano civili intorno. E’ tutta, o in parte preponderante, fatta così l’informazione da e su Israele, deformazione, enfatizzazione e omissione, in nome del rispetto dovuto a un popolo perseguitato, i palestinesi, della rabbia dovuta a un popolo persecutore, gli israeliani. Inutile fare del facile psicologismo, i campi di sterminio che affollano ancora le coscienze d’Europa, il piacere nascosto di vedere le vittime trasformate in carnefici, l’antisemitismo vergognoso che si rimette in sesto vestendo i panni dell’antisionismo consentito. E’ tutto vero, ma non basta se non mettiamo davanti a tutto il problema della mala informazione, se non decifriamo, non smontiamo il gioco infame. In un sondaggio che Renato Mannheimer sta completando in queste ore, la maggioranza degli italiani intervistati risponde che prima del 1948, prima che arrivassero gli ebrei della Shoah, laggiù c’era uno Stato palestinese, che fu distrutto. La cattiva informazione ha inventato un massacro, Jenin, mai esistito, eppure ancora imperante. L’Onu, che allora tuonò e condannò senza sapere, ha dovuto ammettere che ci fu solo una dura battaglia. Che i palestinesi deliberatamente piazzarono miliziani e armi in mezzo alla popolazione civile, in violazione del diritto internazionale. Che non usa la parola terrorista, ma kamikaze per indicare quelli che si imbottiscono di tritolo e si fanno saltare per aria su autobus e in pizzeria, o all’università (quando la parola kamikaze – i piloti giapponesi che a viso scoperto, in tempo di guerra mondiale, puntavano dritti sulle navi americane – ha una connotazione positiva, se non eroica, generosa). Che chiama intifada, rivolta popolare, il progetto terroristico selettivo degli ultimi tre anni contro i civili israeliani. Che impedisce di comprendere che Israele laggiù è avamposto d’Occidente, e se viene eliminato, il pericolo più grosso lo corriamo tutti noi. In Francia hanno realizzato due anni fa un documentario esemplare, si chiama "Décryptage", elenca le bugie e i pregiudizi della stampa e dei media francesi, ha avuto un successo insperato, forse sarà proiettato nelle scuole. Lo stiamo facendo anche noi il nostro Décryptage all’italiana, ce n’è gran bisogno. Non è facile, gli stessi sponsor che di solito aprono generosamente il portafogli in cambio di un titolo di coda o di un logo, esitano, nicchiano, temono pubblicità negativa, evocano rischi oscuri. Si farà lo stesso. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.