Una buona informazione sui "Tunnel" ecco come funziona il traffico di armi e droga
Testata: La Stampa Data: 12 ottobre 2003 Pagina: 8 Autore: Yariv Gonen Titolo: «In nome della libera Palestina e del business»
Sulla Stampa un buon servizio sui famosi Tunnel, che quasi tutti gli organi stampa si ostinano a definire "presunti" quando di tratta di descrivere a cosa servono. UN’INDISPENSABILE FONTE DI ARMI PER LA GUERRIGLIA MA ANCHE UN OTTIMO INVESTIMENTO
Come funziona la rete di gallerie sotto il confine Gaza-Egitto e chi la controlla GERUSALEMME AI margini della battaglia fra israeliani e palestinesi a Rafah ne infuria da mesi una seconda, misteriosa e sotterranea. E' la lotta fra i clan familiari specializzati nell'allestimento di tunnel che partono dal settore palestinese della città, corrono sotto l'asse «Filadelphi» perlustrato dall'esercito israeliano e sboccano oltre il confine, nel settore egiziano. Ogni tunnel - poche centinaia di metri - richiede un investimento iniziale minimo di diecimila dollari: ma a opera eseguita si rivela una miniera d'oro. Le tariffe sono esorbitanti: trafugare un uomo dall'Egitto nella Striscia costa mille dollari. La stessa cifra viene richiesta per contrabbandare un Kalashnikov. Per meno di 300 dollari, i trafugatori non entrano nemmeno in azione. Il trasporto in sè, da un lato all'altro, richiede dieci minuti. Un lavoro pericoloso, certo. Ma conveniente, visto che notoriamente nel campo profughi di Rafah altre risorse economiche non ce ne sono. Per questa ragione i clan familiari più potenti di Gaza si disputano il controllo dei tunnel. La segretezza dei lavori è totale: sia per non farsi notare da Israele, sia per cogliere di sorpresa la concorrenza. Dall'inizio dell’Intifada Israele ha scoperto e messo fuori uso, nella sola Rafah, una settantina di tunnel adibiti al traffico di armi, munizioni, esplosivi. Adesso Israele teme che i palestinesi vogliano trafugare anche razzi. Venerdì all'inizio della grande operazione terrestre erano in funzione almeno 13 tunnel: solo tre sono stati scoperti. Il foro d’apertura è largo in genere 40 centimetri per 40. Puo' essere nascosto sotto al forno di una cucina nel campo profughi, nel bagno, in un magazzino, in una zona agricola. I lavori richiedono da un minimo di due settimane a un massimo di tre mesi, ha spiegato di recente su un sito Internet islamico uno dei protagonisti di questa attività che è considerata vitale da parte dei comandanti militari dell’Intifada, i quali spesso paragonano questi tunnel alla mitica pista di Ho Chi Minh in Vietnam. Innanzitutto, ha spiegato il giovane (che si è fatto chiamare «Hani»), occorre esaminare la qualità del terreno. La zona di Rafah è molto sabbiosa e va individuato dunque un tipo di terra che sia maggiormente solido e al tempo stesso non sia disseminato di pietre. Alcuni geologi locali hanno sviluppato in questi anni la necessaria esperienza per approvare o bocciare progetti già nella fase iniziale. Occorre quindi stabilire il punto di sbocco del tunnel sul versante egiziano. Dalla parte palestinese la galleria inizia in verticale, per impedire che i soldati israeliani possano notare le attività di scavo. Ma sul versante egiziano l’imboccatura è inclinata, e molto più agevole. Nel punto più comodo il tunnel è largo un metro. Ogni tre metri le pareti vengono rafforzate con assi di legno, per impedire crolli. Quindi è necessario provvedere all’illuminazione, ai cavi telefonici, alle prese d'aria. Lo scavo avviene di notte. I manovali hanno a disposizione macchinari sofisticati che sbriciolano le pietre e risucchiano sabbia e terriccio, che vengono chiusi in sacchi di farina che saranno poi trasportati fuori dal «cantiere» uno alla volta, per non dare nell'occhio. Attorno alla zona dei lavori sono appostate vedette. L'ultimo tunnel approntato da Hani è lungo 230 metri, è stato scavato al ritmo di 6-12 metri al giorno e corre a oltre 12 metri di profondità, per sfuggire agli strumenti di rilevazione israeliani. L’origine delle armi, secondo Hani, è generalmente l'Egitto. Altre forniture hanno imballaggi iracheni, sudanesi e libici. Secondo il portavoce militare israeliano, date le dimensioni di questi tunnel l’attività di contrabbando è affidata spesso a bambini. Sono loro le «formiche» di Rafah cui i comandanti militari israeliani si sono ispirati quando hanno chiamato il loro più importante avamposto nella zona «Termit», termitaio.
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