La sfida di Bernardo Valli Per lui palestinesi e israeliani sono ugualmente carichi di odio
Testata: La Repubblica Data: 05 ottobre 2003 Pagina: 1 Autore: Bernardo Valli Titolo: «L'ultimo filo spezzato»
Nel suo articolo di analisi, che ricalca il consueto schema di ragionamento che lui ed altri ripetono da sempre, qualunque cosa accada, Valli contrappone due governi e due popoli carichi di odio ed ansiosi di esercitare la violenza. Uno dei due governi è quello di Sharon, l' altro non si sa di chi sia, dato che non esiste oggi un primo ministro palestinese, né esiste un governo palestinese, legittimamente in carica. Uno dei due popoli è quello israeliano, ferito continuamente nei suoi affetti più cari (come fa una donna, colta e giovane, a scegliere con cura di farsi scoppiare proprio nel punto più vicino a bambini che si sono appena affacciati alla vita?), l' altro quello palestinese, colpevole di non sapersi scrollare di dosso scelte sbagliate dei suoi capi storici. Ma, come è sua consuetudine, Valli evita accuratamente di contrapporre l' elemento qualificante del raffronto. Questo elemento si basa su un concetto qualitativo essenziale, che costituisce una autentica linea di demarcazione al di là di qualsiavoglia giudizio politico e di ogni critica alle scelte dell' uno o dell' altro governo. E' la volontà di pace, la disponibilità alla convivenza, la carica interiore di rispetto nei confronti dell' altro che si vorrebbe partner e non solo controparte. Gli israeliani l' hanno, i palestinesi no. Gli israeliani vogliono fortemente queste cose, il paese si lacera dolorosamente fra una maggioranza schiacciante che le vuole ed una modesta minoranza che vi si oppone, ma che a causa della cieca violenza esercitata da parte araba riesce talvolta a prevalere nelle fasi elettorali e nelle decisioni sul campoMa anche in questi momenti tragici, anche nel dolore più profondo, anche quando vincono nelle urne, i fautori della linea intransigente ad oltranza non possono non tener conto della vera maggioranza della popolazione, messa a tacere momentaneamente da una strage di innocenti ma viva e pensante, forte e decisa. I palestinesi non hanno voci di dissenso al loro interno, sono cementati dall' omertà e dalla coercizione esercitata dall' alto (é di pochi giorni fa la notizia dell' ennesima esecuzione a freddo da parte di un commando di Arafat di un supposto collaborazionista ricoverato in ospedale: non sarebbe più esatto chimarli pacifisti, quelli che denunciano a rischio della loro vita i terroristi?) . I palestinesi non sono capaci di esercitare sul loro capo storico quella pressione che potrebbe liberarli dal giogo, e dare loro un governo libero di prendere decisioni autonome. Su un versante vi è la democrazia, la libertà di pensiero e di voto, persino la libertà per i militari di rifiutarsi di eseguire ordini che giudicano ingiusti; sull' altro versante vi è la dittatura autoreferenziata, l' educazione permanente e capillare alla violenza ed all' odio. Non è una colpa, l' essewre incapaci di darsi regole democratiche nella vita associata: ma diviene una colpa se da ciò scaturiscono solo la morte per migliaia di innocenti, la fame e la miseria per centinaia di migliaia di persone, sofferenze enormi per due popoli che potrebbero, se entrambi e non uno solo dei due volessero, prosperare insieme. Come si può, semplicisticamente, scioccamente, ingannevolmente scrivere che su entrambi i fronti prevale solo l' odio?
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