A proposito di Piano Marshall una proposta da Israele che trova consensi fra chi vuole la pace
Testata: Il Foglio Data: 26 settembre 2003 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Piano Marshall fai da te»
Riproduciamo l'articolo sull'"alternativa" alla road map pubblicato in prima pagina de Il Foglio, dal titolo: "Piano Marshall fai da te". Il capitalismo e non la road map è la via più breve verso la pace in Medio Oriente. A sostenerlo non è un pazzo, ma uno dei più importanti imprenditori in circolazione. Si chiama Stef Wertheimer, israeliano, ex membro della Knesset, ha 77 anni e pochi giorni fa è sbarcato negli Stati Uniti per trovare dei pazzi pronti a investire nella regione più improbabile del mondo, finanziando il suo progetto: un piano Marshall per il Medio Oriente, come quello che rimise in piedi l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Wherteimer non è uno sprovveduto, la sua storia è affascinante. I finanziamenti che l’imprenditore sta cercando di portare a casa servirebbero a creare decine di complessi industriali nel mondo arabo, prima di tutto in quei paesi del Medio Oriente cui manca il petrolio: Israele, i Territori palestinesi, la Giordania, la Turchia. All’origine del progetto l’idea che le risorse petrolifere della regione non dureranno in eterno e soprattutto, che alla base della stabilità politica e della pace ci sono un’economia vitale e l’agiatezza. Industrializzazione sarebbe dunque la parola chiave per risolvere i conflitti. I complessi industriali in Israele e nei Territori, nella visione di Wertheimer, vedrebbero – scrive l’Economist – israeliani lavorare insieme a palestinesi, creerbbero posti di lavoro e diminuirebbero le differenze economiche tra i due popoli. "Un cittadino israeliano su cinque è arabo – ha detto l’imprenditore all’americano Newsday – l’armonia sociale sarà assicurata solo quando la minoranza sarà economicamente integrata alla maggioranza" e alla Bbc: "Le persone diventano pericolose quando non hanno niente da perdere". Insomma, creare un’industria capace di aprire le porte all’esportazione, al commercio estero, all’arrivo di capitali esteri. Nei paesi arabi manca un attore sociale che noi occidentali conosciamo bene e che è stato il prodotto della nascita di un’economia competitiva, di un mercato attivo e vitale: la classe media, la borghesia.
Omar Salah, il giovane socio giordano Qui si fa più interessante il progetto di Wertheimer: lo sviluppo della borghesia ha portato l’Occidente sulla via della democratizzazione e la democratizzazione del Medio Oriente è un argomento in voga di questi tempi. Washington è convinta che la democrazia possa essere importata. Farebbe bene a non sottovalutare l’idea di Wertheimer. In Israele ci sono già quattro complessi industriali creati dall’imprenditore, nei quali lavorano insieme israeliani e arabo-israeliani, producendo 600 milioni di dollari all’anno. Secondo l’Economist, Wertheimer aveva già concluso un accordo con l’Anp per la costruzione di un complesso nei Territori, vittima della seconda Intifada. Il progetto per un polo in Giordania, con la collaborazione del governo di Amman, è invece andato in fumo nel ’99 con la morte di re Hussein. Oggi Wertheimer è il presidente di una grande società, la Iscar, che vende utensili industriali in tutto il mondo. Ma nel 1937 era uno dei tanti ebrei tedeschi arrivati in Palestina per sfuggire al regime nazista. Era giovane quando iniziò a costruire arnesi, grazie al prestito che gli aveva fatto un macellaio. Omar Salah invece ha 36 anni, è giordano di origine palestinese, come i tre quarti degli abitanti del suo paese. E’ giovane, ma è già presidente della Century Investment Group e il fondatore di un polo industriale, a Ibrid, nel Nord della Giordania. E’ uno di quelli che crede che Wertheimer non sia un pazzo, e come l’israeliano pensa che sì, l’economia potrebbe aprire le porte alla pace. In un discorso del 24 luglio del 2002 ha proposto alla commissione per le Relazioni internazionali degli Stati Uniti un piano Marshall per la regione, con la creazione di un fondo che preveda un significativo impegno di capitale privato, che investa in joint venture tra Israele e altri partner arabi. L’obiettivo: "Creare affari sostenibili che miglioreranno le condizioni economiche di Palestina e Giordania; promuovere legami economici tra israeliani, palestinesi, giordani e altre parti per pacificare la regione – dice Salah nel discorso – E’ nostra speranza che il conseguente aumento di prosperità possa sostenere la stabilità politica nella regione". "Francamente – aveva detto Wertheimer alla Bbc già nel luglio 2002 – aiutare i palestinesi a livello economico è la miglior cosa da fare per Israele". E per i palestinesi. E’ una via alternativa e complementare al dialogo diplomatico, da tentare, visto che l’ultimo piano a lungo termine per la regione, la road map, non ha avuto finora felice sorte. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.