Un premio che continua a far discutere ecco la cronaca della cerimonia
Testata: La Stampa Data: 25 settembre 2003 Pagina: 3 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Un premio per il miglior alleato di Bush»
Riportiamo l'articolo di Maurizio Molinari pubblicato su La Stampa giovedì 25 settembre 2003.
TRICOLORE, bandiera a stelle e strisce e molte kippot (copricapi ebraici) nere hanno fatto da cornice all'abbraccio riservato dalla comunità ebraica americana a Silvio Berlusconi, accogliendolo come uno dei leader della guerra al terrorismo. Abraham Foxman, presidente della Lega Anti-Diffamazione (Adl), è stato il regista di un evento mirato a premiare e sottolineare il ruolo di Berlusconi come alleato di ferro di George Bush, prima nell'intervento in Afghanistan, poi nel rifiutare ogni contatto con Yasser Arafat e quindi nella guerra in Iraq. «In molti criticano Bush, Sharon e Berlusconi - ha detto Foxman presentando l'ospite di fronte ad una platea di quattrocento invitati - ma a me piacciono Bush, Sharon e Berlusconi». La guerra al terrorismo ha alienato a Washington le simpatie di molti tradizionali partner europei e l'Adl ha scelto di premiare il leader italiano nel quadro delle iniziative pubbliche prese da numerose organizzazioni - ebraiche e non - per sostenere gli alleati di Bush. Non è un caso che quando tocca a Rupert Murdoch, presidente della News Corporation e buon amico tanto di Bush che di Sharon, introdurre l'ospite, dica: «Siamo grati al sostegno dato all'America da Tony Blair, Josè Maria Aznar e Silvio Berlusconi, il mondo avrebbe bisogno di più persone come loro». Il parterre di Vip assomiglia ad una mappa dell'alleanza anti-terrore: i ministri degli Esteri di Spagna, Israele, Italia ed Austria, gli ambasciatori di Paesi-chiave della risposta all'11 settembre, come il Marocco di re Mohammed VI ed il presidente peruviano Alejandro Toledo che in casa propria se la deve vedere con la guerriglia. I volti dell'ebraismo americano in sala sono sia repubblicani che democratici - alcuni dei quali hanno poi salutato Bill Clinton nello stesso hotel - ma hanno disegnato una cornice di unanime e ferreo sostegno all'Italia presente in Iraq con quasi tremila uomini nel tentativo di costruire una democrazia che può cambiare il volto del Medio Oriente e dunque anche favorire la pace fra israeliani e palestinesi. Mischiati fra i tavoli di ministri e feluche c'erano Mortimer Zuckerman, Malcom Hoenlein e Ronald Lauder della «Conferenza dei presidenti», Israel Singer del «Congresso mondiale ebraico», Jo Kaplan del «B'nai Brith» ed i leader di altre 25 organizzazioni, inclusa la «Hadassah», la più numerosa associazione femminile degli interi Stati Uniti. «Per noi la difesa d'Israele è un tutt'uno con la lotta al terrorismo, chi lo combatte è nostro alleato» si sentiva ripetere fra i tavoli. Per riassumere il messaggio della serata Foxman descrive ciò che accomuna Bush, Sharon e Berlusconi: «Sono uomini forti e coraggiosi, che guidano e non seguono, che sanno distinguere il giusto dall'ingiusto e che hanno dimostrato con azioni chiare, concrete di voler combattere l'odio ed il male». L'evento del Plaza è un frutto del rapporto personale fra anfitrione ed ospite: tutto iniziò circa un anno fa quando Berlusconi suggerì a Foxman di andare a visitare il cimitero alleato di Anzio per capire cosa muove la sua politica estera. E Berlusconi ha ravvivato quel ricordo, dicendosi «orgoglioso di essere fra i più forti alleati dell'America». La serata è stata anche un raro momento di incontro fra italiani ed ebrei d'America - rappresentati dai volti di Leonard Riggio, patron di Barnes & Nobles, e Havey Waistein, presidente di Miramax Picture - ed a renderla possibile è stato il lavoro a quattro mani svolto dall'ambasciatore d'Italia a Washington, Sergio Vento, e dal braccio destro di Foxman, Harry Wall. Assieme hanno affrontato e superato problemi di protocollo e proteste di chi si opponeva all'evento a causa delle recenti affermazioni di Berlusconi su Mussolini. Ma Foxman, al pari di Bush, quando è contestato non arretra, rilancia: lo fece per promuovere «La Vita è Bella» e lo ha ripetuto con Berlusconi. L'opera di preparazione ha avuto la ciliegina sulla torta portando alla decisione con cui Amos Luzzatto, presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, ha assegnato al consigliere Alessandro Ruben il compito di rappresentare formalmente gli ebrei italiani alla celebrazione newyorkese del ruolo svolto dal nostro Paese nel post 11 settembre. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.