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La Stampa Rassegna Stampa
00.06.2002 Maurizio Lupo
Plauso alla Stampa

Testata: La Stampa
Data: 00 giugno 2002
Pagina: 1
Autore: Maurizio Lupo
Titolo: «DOROM MENCEL: GIRO IL MONDO PER SPIEGARE IL NOSTRO DRAMMA»
DOROM MENCEL: GIRO IL MONDO PER SPIEGARE IL NOSTRO DRAMMA
«Europei, potrebbe toccare a voi»
Il padre di una giovane vittima dei kamikaze

TORINO «CHI si ricorda dello sgomento che la strage di piazza Fontana seminò negli animi degli italiani sappia che i civili d´Israele vivono due tragedie del genere la settimana, provocate dagli assassini dell´integralismo islamico. Se ne guardino per tempo l´Italia e certa Europa. La loro comprensione per la causa palestinese viene considerata solo debolezza da chi arma i kamikaze suicidi». Dorom Mencel, medico israeliano, ha deciso di gridarlo a tutto il mondo occidentale. Lo fa senza odio, ma con composto dolore. E´ quello di un padre che ha visto la figlia dilaniata da una bomba, a Haifa. «Accadde il 31 marzo scorso - ricorda - al ristorante Maza. Un terrorista suicida si fece deflagrare e si portò via anche la vita di mia figlia Daniel. Aveva 22 anni. E´ morta fra 17 ragazzi. La televisione diede la notizia. Cercai di telefonare subito a Daniel. Sapevo che sarebbe andata a pranzare in quel ristorante. Lei però non rispondeva. Mi precipitai sul posto, vidi la sua macchina. E capii». E dopo? «Rimasi come inebetito. Pochi giorni dopo mancò anche mia madre. Vissi 14 giorni di lutto, passati su un divano, con gli occhi spalancati, a ricevere il conforto di amici e parenti. Poi decisi che dovevo spiegare al mondo che cosa vive Israele. Io non sono un politico e nemmeno un militare.
Non ho soluzioni da indicare. Ma voglio che la gente sappia che cosa prova il popolo israeliano.
Ho incominciato a farlo un po´ come psicoterapia, per riprendermi dal dolore. Ora lo considero un dovere civile». Oggi Mencel parlerà a Torino, alle 18,30, presso la Cambridge Academy, in corso Vittorio Emanuele 64. Ma ha già tenuto conferenze a Roma e a Bologna. Nei prossimi giorni si recherà a Milano, Bolzano, Trieste. «Voglio - dice - che l´Europa capisca il pericolo del fondamentalismo islamico, prima di doverlo provare sul proprio territorio. E´ gente che non cerca alcun dialogo, che fa leva su fanatici. Sono anch´essi vittime di mandanti che non vogliono la pace, perché nell´economia di guerra si arricchiscono proprio con gli aiuti che il mondo occidentale manda alle popolazioni palestinesi. Quei soldi non le raggiungono. In mezzo secolo sono stati stanziati più di 4 miliardi di dollari a sostegno delle sofferenze dei profughi. Ma non sono serviti a costruire scuole, ospedali. Sono finite nelle tasche dei signorotti della guerra, che li hanno spesi per sè e per comperare armi».
Mencel è rimasto molto colpito «dalle televisioni occidentali, che indulgono sui carri armati israeliani, magari ripresi dinanzi a una vecchietta palestinese. Sembra il confronto fra l´arrogante Golia e il più umile David. Ma non è così. Dietro quei carri c´è uno Stato grande come la Puglia che pratica la democrazia, con un vibrato dibattito interno, a fronte dell´intero mondo arabo, che lo vuole distruggere con l´animosità di raíss politici che di democrazia praticano ben poco. No, il vero David è sempre Israele». E´ un discorso che riconosce «l´esistenza di persone che vogliono la pace anche fra i palestinesi. Per esprimersi devono però essere liberati dalla paura». Con quale mezzo? «L´Europa deve smettere di chiudere gli occhi.
Nel mondo islamico ci sono scale di valori diverse da quelle dei paesi occidentali. La disponibilità e la comprensione non sempre vengono considerate per quello che sono da noi. I fondamentalisti le considerano segni di debolezza, di cui bisogna approfittare. Io non so come si possano disarmare i kamikaze. E´ gente che non sa che cosa sia la mediazione, che ha disprezzo per la vita. Per agire hanno però bisogno di armi. Se la comunità internazionale si dimostrerà ferma a negargliele e a frenare i flussi di denaro che le pagano, la ragione potrà prevalere in un civile confronto. L´Europa faccia attenzione a non apparire come quella persona che cercava di sfamare un coccodrillo nella speranza di essere mangiato per ultimo».








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