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La Stampa Rassegna Stampa
16.09.2003 Il caso Spinelli
quando scrive lavora di coltello. Nella schiena.

Testata: La Stampa
Data: 16 settembre 2003
Pagina: 1
Autore: Barbara Spinelli
Titolo: «Rabin è stato ucciso due volte»
Federico Steinhaus commenta l'articolo di Barbara Spinelli.


Su "La Stampa" di domenica 14 settembre Barbara Spinelli si cimenta in una impresa a dir poco ardua: spiegare i "perché" del conflitto israelo - palestinese.
Purtroppo, quando la Spinelli, della quale sono fuori discussione cultura ed intelligenza, tratta argomenti di carattere ebraico - storia ebraica, stato di Israele, sionismo e quant'altro possa avere dei riferimenti con questa tematica - non si rivolge all'interlocutore sferrandogli un violento pugno nello stomaco. Lo fa accoltellandolo alla schiena.
Anche in questo articolo la Spinelli esordisce, per introdurre i concetti che le sono cari, con una citazione biblica scelta a proprio uso e consumo: "Popolo di dura cervice e di cuore ostinato". Naturalmente, il riferimento è al popolo ebraico.
Per entrare in contraddittorio con le tesi della Spinelli si devono evidenziare alcune considerazioni su due livelli, uno di riflessione generale ed uno di confutazione degli argomenti usati.

In primo luogo, dunque, esaminiamo il concetto, da lei attribuito a Yehoshua, della scarsa simpatia degli ebrei nei confronti delle frontiere, intese come limiti territoriali.
Storicamente, gli ebrei d'Europa sono stati rinchiusi a viva forza da altri entro limiti territoriali imposti, circoscritti ed invalicabili: non per loro scelta, pertanto. Juderias, ghetti, campi di internamento e di concentramento quando non di sterminio: mura, filo spinato, nemici. E quando queste mura visibili ed invisibili si aprivano, spesso era per espellere gli ebrei da quella che essi avevano considerata la loro patria. Questi, e non altri, sono i confini territoriali che gli ebrei non amano: e come potrebbero?
Una delle accuse più tradizionali che gli antisemiti di destra usano contro gi ebrei è che essi sono cosmopoliti, dei senza-patria. E' una conseguenza delle loro forzate peregrinazioni, ed anche dell'universalità del messaggio religioso ebraico. Ma speculare e simmetrico è anche, da sempre, il desiderio ardente degli ebrei di avere (riavere) una patria, "la" loro patria.
Patria significa nazione, nazione significa confini: e nel 1947, poi nel 1948, Israele ha accettato confini, ed un territorio più angusto e problematico di quanto avesse desiderato. Pacificandosi, anni dopo, con alcuni dei suoi vicini ex nemici, Egitto e Giordania, Israele ha accettato confini. Ad altri -Arafat- Israele ha proposto invano di fissare dei confini di comune accordo.
La Spinelli mette in stretta relazione l'esistenza di confini territoriali, la responsabilità politica derivante dalla gestione della res publica, e l'uso della forza; ma ne trae conclusioni errate. Nei ghetti la popolazione ebraica aveva istituito forme di autogoverno, e talvolta ha dovuto ricorrere all'uso della forza contro chi la aggrediva dall'esterno: dunque, i tre elementi coesistevano anche, talvolta, in tempi antichi.
Addentriamoci ora, brevemente, negli argomenti usati dalla Spinelli.
La battaglia d'Israele contro il terrorismo è agganciata alla battaglia globale degli Stati Uniti, afferma: ma in realtà è l'inverso, perché cronologicamente e politicamente il terrorismo palestinese precede di moltissimi anni quello che ha aggredito gli Stati Uniti e, via via in successione, altri pretesi nemici. Arafat non è Bin Laden, ma Bin Laden ha imparato da Arafat. E Bin Laden ed Arafat combattono la medesima guerra.
Arafat, come dice la Spinelli, ha la forza di dare la pace: ma la verità è che non ne ha la volontà. E, dunque, la sua constatazione che ne avrebbe la forza rimane appesa in aria, senza altri agganci alla realtà politica. Con Arafat Israele ha già negoziato, ed ha dovuto prendere atto del prevalere, in lui, della spinta interiore all'uso della violenza anziché alla ricerca del compromesso.
Affermare che le correnti "irrazionali" (perché non le definisce più semplicemente criminali?) dei terroristi palestinesi sono la conseguenza del tentativo israeliano di uccidere Yassin e delle uccisioni portate a segno di altri capi di Hamas è una mistificazione, che ribalta l'ordine evidente delle cose. In Israele nessuno si sarebbe sognato di uccidere qualche capo di Hamas, se Hamas non si fosse reso responsabile di orrende azioni terroristiche.
La Spinelli accusa Israele di "ripetuta uccisione della figura di Rabin", di commettere cioè un delitto che dal piano individuale della realtà storica viene da lei trasferito in quella statuale. Si dimentica, la Spinelli e con lei tutta la sinistra pacifista (a senso unico), che Rabin ha vinto la guerra dei 6 giorni, e che ha guidato il paese contro i palestinesi nella prima intifada. Si dimentica che l'erede politico di Rabin, Barak, è stato sconfitto dalla tracotanza di Arafat che, lui sì, ha ucciso per la seconda volta Rabin e con lui la pace di Oslo.
Lo stato sionista, conclude la Spinelli, ha sempre combattuto guerre di frontiera, guerre attorno all'idea del limite. Ma le guerre di frontiera sono state subìte, non scelte, da Israele. Un Israele aggredito dai vicini, che quel confine e quello stato volevano (e vorrebbero) cancellare. E' vero, ha ragione la Spinelli: per fare la pace bisogna essere in due, e la pace si fa con i nemici, non con gli amici. Appunto: ma se i nemici non vogliono?
La Spinelli torna continuamente su questi argomenti, e sempre sceglie i suoi referenti di comodo per corroborare le proprie tesi. Mi piacerebbe constatare che usa lo stesso trattamento anche ai palestinesi, criticandoli con altrettanta asprezza. Altrimenti, confermerà il sospetto che anche per lei valga il principio dell'impunità di cui tacitamente godono solamente i regimi autoritari e crudeli.
Mi spieghi, se ho torto, per quale motivo ha sempre taciuto - per fare un solo esempio - dinanzi ai linciaggi di palestinesi da parte di palestinesi, ed alla successiva esposizione dei loro cadaveri martoriati nelle piazze.

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