Riportiamo l'articolo di Dimitri Buffa pubblicato su Libero venerdì 12 settembre 2003. Uccidere Arafat non è un reato. E nemmeno un tabù secondo gli editorialisti del prestigioso Jerusalem Post che ieri, mentre il gabinetto del governo Sharon discuteva propendendo per il sì la possibilità di mandare in esilio l'odiato rais, si divertivano a esprimere le proprie opinioni in merito in un forum "provocatorio" apparso sull'edizione cartacea e on line della testata. Secondo l'editoriale guida del Post "uccidere Arafat più di ogni altra azione, sarebbe la dimostrazione che l'uso dello strumento del terrorismo è inaccettabile, persino contro Israele, e persino in nome dello stato palestinese. Arafat non è solo colui che dirige il terrore ma anche quello che milita per il rifiuto della pace con Israele, in qualsiasi circostanza e con qualunque confine di territorio". E, si legge ancora, "fintanto che i palestinesi scelgono una simile leadership per rappresentarli e tollerano di vivere nella violenza, fomentando ogni genere di attacchi armati contro inermi cittadini israeliani, non si vede perchè Arafat debba godere per principio di quella immunità di cui non godono nè Saddam Hussein, nè Osama Bin Laden, nè i Talebani nella guerra contro gli Stati Uniti". E gli esperti israeliani del settore sicurezza (Avraham Sela, Uzi Arad, Uzi Dayan, Oren Shachor, Mark Heller e Roni Shaked) come hanno risposto alla provocazione del Post? Sela sostiene che "l'importante è non tenerlo prigioniero" se veramente Israele pensa che lui sia il problema. L'editorialista Hatzofeh suggerisce di rispondere militarmente agli attacchi senza stare a guardare tanto per il sottile. Uzi Arad e Uzi Dayan sottolineano il bisogno di una nuova leadership che potrebbe anche nascere automaticamente dalla fine di Arafat, mentre Oren Shachor avverte: "uccidetelo o esiliatelo pure ma chiedete il permesso a Bush". Mark Heller spiega che prima di eliminare Arafat bisogna far fuori l'"arafattismo" , mentre Roni Shaked è per la neutralizzazione senza sè e senza ma. Tra tanti drammatici dubbi, qualche buona notizia viene dall'Europa che ha dato il disco verde definitivo all'inserimento di Hamas nella lista nera dei movimenti terroristi cui congelare i fondi delle tante organizzazioni pseudo caritatevoli. Dopo la decisione formale in tal senso presa al vertice dei ministri degli esteri di Riva del Garda, il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) ha formalizzato ora il provvedimento che diventerà operativo da oggi. La decisione e' stata presa all'unanimità dagli ambasciatori dei venticinque Paesi. Infine la cronaca: ieri a Tulkarem l'esercito israeliano avrebbe arrestato uno degli organizzatori del duplice attentato di martedì sera costato la vita, per ora, a 15 israeliani. E' un lontano cugino del capo terrorista Marwan Barghouti attualmente in carcere e già leader delle Al Aqsa Martyr Brigades. Si chiama Raad Barghouti, è membro di Hamas. La notizia è importante perchè Raad Barghouti era stato liberato meno di un mese fa dal carcere israeliano come gesto per favorire il cessate il fuoco e la Road map. Sempre a Tulkarem è stato perquisito un ospedale gestito dalla Mezzaluna rossa islamica e sono state chiuse alcune cellule interne di raccolta soldi per la carità, che sono in realtà gli organismi di raccolta fondi per Hamas. A Ramallah e Gaza invece sono stati tratti in arresto una ventina di sospetti terroristi o fiancheggiatori mentre giunge notizia che Abu Ala, che l'altro ieri aveva affermato di voler creare un "governo di emergenza", avrebbe dovuto fare marcia indietro perchè i propri referenti, cioè Arafat e i suoi fedelissimi, non si sarebbero mostrati d'accordo proprio per niente. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione di Libero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.