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Il Messaggero Rassegna Stampa
11.09.2003 Comizio dell'on.D'Alema
perchè prima di scrivere non legge qualche volta il Riformista ?

Testata: Il Messaggero
Data: 11 settembre 2003
Pagina: 1
Autore: Massimo D'Alema
Titolo: «Dietro la resa di Abu Mazen non c'è soltanto Arafat ma anche la miopia di Sharon»
Dall'articolo che Massimo D'Alema ha pubblicato sul Messaggero di oggi (in prima pagina) si direbbe che il RIFORMISTA non sia tra le sue letture abituali. Se lo fosse non avrebbe scritto quel cumulo di baggianate (ad essere buoni) che ha scritto.
L'inizio è di quelli soliti, una banalità dopo l'altra.

Adesso, se possibile, la via della pace è ancora più stretta. Non solo per le vittime civili inermi che ancora negli ultimi giorni hanno allungato una lista già interminabile. Quattordici morti israeliani, l'altro ieri, nelle due azioni suicide di Gerusalemme e Tel Aviv. Altre vittime palestinesi a Hebron, tra i quali un bambino di dieci anni. Ieri mattina, due morti a Gaza. Una scia continua di sangue della quale non è dato scorgere la fine. Ma, al di là di un tributo così penoso, la pace si allontana anche per altri motivi. Come confermano le cause reali di un atto - le dimissioni dell'ex primo ministro palestinese - che rende assai più complessa, se non velleitaria, la ripresa di un negoziato credibile. Ho espresso più volte il mio scetticismo verso quella formula - processo di pace - da tempo in uso per indicare la prospettiva storica di due popoli e due stati. Non è naturalmente una riserva lessicale. Più semplicemente è la reazione, credo giustificata, allo stato effettivo dei rapporti tra israeliani e palestinesi.
Adesso arriva il bello:
Trovo per questo assai discutibile imputare il fallimento di Abu Mazen ad un suo conflitto irrisolto con Yasser Arafat, a conferma dell'impotenza di una leadership moderata stretta tra la personalità irriducibile dell'anziano capo e le pulsioni estremiste di Hamas. Problemi assolutamente reali, s'intende, ma che da soli non giustificano la piega drammatica degli eventi. Troppi segnali palesano, anche a occhi partigiani, quale enorme responsabilità gravi sul governo di Ariel Sharone e la sua reiterata volontà di precludere ogni spiraglio ad un primato della politica sulle armi.
Anche per D'Alema non è Arafat che ha fatto fuori Mazen, ma Sharon. D'Alema non ricorda più Aqaba, la stretta di mano fra Mazen,Sharon e Bush. Niente Raod Map e gli impegni mantenuti da Sharon, mentre il povero Mazen non è mai riuscito ad adempiere il primo passo: fermare il terrorismo. E la colpa non è di Arafat, che sul terrorirmo ci campa, ma di Sharon, il quale evidentemente esulta ogni volta che vengono ammazzati israeliani. La politica delle armi, dice D'Alema. Cosa farebbe lui con i terroristi che predicano la distruzione di Israele ? Un tè alle cinque ? Magari in barca, se le acque non sono agitate ?
Ovviamente non ci si può che associare all'appello rivolto da Abu Ala, il nuovo premier palestinese che proprio ieri ha sciolto la riserva sull'accettazione dell'incarico, affinchè non solo Stati Uniti e Unione Europea, ma anche il governo israeliano in primo luogo appoggi da subito un complicatissimo rilancio del dialogo. E però, se davvero si vuole intervenire su una situazione che sfugge oramai a qualsiasi controllo, neppure si può tacere degli atti che hanno spinto all'isolamento e alla sconfitta il generoso tentativo del suo predecessore.
Rilancio del dialogo. Bene, è quello che Israele continua a sostenere malgrado i massacri. Si può dire lo stesso dell'altra parte ? Yassin, Rantisi & C. sono partners di quale dialogo ?
Perchè, infine, questo a me pare l'interrogativo crudo che abbiamo davanti. Cosa vuole ottenere concretamente l'attuale leadership israeliana? Quale obiettivo persegue? Basta invocare il sacrosanto diritto-dovere di quel paese e della sua classe dirigente a difendere con ogni mezzo la sicurezza minacciata della popolazione civile per giustificare la successione di azioni politico-militari che da anni strozza nella culla ogni serio tentativo di pacificazione?
I tentativi di pacificazione non è Israele a strozzarli nella culla. D'Alema è poco informato o in mala fede. li legge i giornali ? La guarda la televisione ? Ne approfitti adesso che il disinformatore Paolo Longo è approdato ad altri lidi e si veda i servizi di Claudio Pagliara. Poi rifletta e ragioni.
Al governo israeliano la comunità internazionale, a partire dall'amministrazione americana, chiede essenzialmente tre cose. Che cessino immediatamente le azioni militari e gli attacchi mirati nei confronti dei palestinesi residenti nei territori; che venga sospeso ogni ulteriore insediamento di coloni come prova di una concreta volontà di dialogo; e infine che si receda dalla costruzione di una barriera fisica a isolamento dei territori palestinesi con i drammi che ciò determina sulla vita quotidiana di migliaia di famiglie, come denunciato recentemente da un rapporto di Amnesty International.
Evidentemente D'Alema non ha letto quanto c'è scritto nella Raod Map. Spiace constatare ancora una volta come la leadership della sinistra italiana, di fronte al dramma mediorientale, rimanga sempre sulle stesse posizioni. Sembra che il tempo si sia fermato e che nessuno a sinistra, nemnmeno fra i meno zoticoni, quale riteniamo sia l'on.D'Alema, abbia l'intelligenza di affrontare quanto avviene fra israeliani e palestinesi con l'intelligenza della ragione.
Retorica, propaganda, idee ricevute, superficialità. Sembra di assistere ad un comizio in piazza, questa è l'impressione che si trae da quanto letto sul Messaggero.

La mia opinione dunque, non da oggi, è che sia giunto il tempo di esercitare tutta la pressione internazionale necessaria per convincere il governo israeliano della cecità di una politica senza sbocco, destinata soltanto a produrre nuove tragedie.
Pressione sul governo israeliano ? E bravo D'Alema, Sharon cieco e Yassin supervedente !
E a questo appello, per l'amor del cielo, non si risponda esibendo con macabra ritualità le prove inconfutabili del terrorismo di Hamas o di altre sigle.
E perchè no, visto che il terrorismo palestinese si propone di distruggere Israele, che deve fare Israele per impedirlo ? E'già un miracolo se rimane la speranza della pace.
Quello che segue è il solito pistolotto finale, esdattamente come avviene nei comizi.

Perchè proprio la sconfitta, politica oltre che militare, di quelle frange sciagurate esige prima d'ogni altra cosa una svolta al vertice. La disponibilità dei leader degli uni e degli altri a voltare pagina, riconoscendo all'interlocutore dignità e la coerenza di una comune volontà di tergua.
Per parte mia non fatico a confessare uno scetticismo di fondo e un'angosciante sensazione di impotenza. Troppo in avanti si è spinta la frattura perchè le parole da sole bastino a invertire una rotta che le armi e le bombe hanno consolidato. Dunque insisto, sia la comunità internazionale - a partire da Stati Uniti, Russia e Unione Europea - a intervenire se vogliamo che la road map, a tutt'oggi unica vera prospettiva di pace, possa ancora avere un futuro. Quanto al resto, non è il momento del tifo o della faziosità. Casomai c'è bisogno ora, dentro e fuori i confini medio-orientali, della massima sincerità e di uno spirito radicalmente diverso dall'umore che ha dominato fin qui. Forse è questo il migliore augurio che si possa indirizzare alla navigata moderazione di Abu Ala. Ma esso è, al contempo, un ammonimento severo a quanti, in un campo e nell'altro, continuano a rappresentare nei fatti i principali nemici della pace.
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