Testata: La Stampa Data: 00 dicembre 2001 Pagina: 1 Autore: Igor Man Titolo: «Natale, nasce il Bambino ch'è già nato»
Viene da pensare "niente nemici sul versante cattolico", considerando il suono dei violini abilmente pizzicati da Igor Man in lode della chiesa cattolica. Una lode pelosa, da rispedirsi al mittente, se oltre tevere sanno leggere fra le righe. Ma tant'è. Ogni tanto La Stampa si riempie di paginate dove il nostro riversa il suo terzomondismo condito in salsa catto-araba, sfidando la pazienza dei lettori di fronte a capoversi che nemmeno l'Osservatore Romano avrebbe il coraggio di stampare. Ma le benemerenze contano, e le si acchiappa dove si può. Natale non poteva passare inosservato. E non avendo fatto in tempo a racconatare del povero Arafat prigioniero del cattivo Sharon, ecco che Gesù arriva a fagiolo. In due articoli, che sono poi l'uno la rimasticatura dell'altro, Igor Man scrive sul supplemento Specchio della Stampa (22.12.2001) e sul quotidiano torinese (24.12.2001) un peana sulla festività cristiana e sul suo protagonista Gesù. Nulla di illecito,per carità. Ci uniamo negli auguri a nei voti di speranza. Ma quello che ha attratto il nostro interesse era scoprire dove questa volta il nostro igorman ci avesse rifilato il richiamo alla questione palestinese. E non abbiamo faticato a trovarlo. Parlando dei bambini che muoiono di fame o per la guerra, dopo aver citato Africa,Brasile,Kosovo e Afghanistan ecco che spunta anche la Palestina. Non ci risulta che in "Palestina" i bambini muoiano di fame, nè tantomeno che muoiano in guerra, se escludiamo i casi,purtroppo numerosi, di quei "bambini" che vengono spinti in prima fila da genitori sciagurati per esporli a pericoli veri,quelli che capitano quando palestinesi si esercitano al tiro a segno contro l'esercito israeliano. In quei casi, se un bambino muore, la responsabilità è di chi ce l'ha mandato. I bambini che muoiono invece in Israele sono il risultato del terrorismo palestinese. Che non fa una guerra di liberazione nazionale, come la vuole dare ad intendere, perchè non spara solo ai soldati, ma fa saltare in aria cittadini innocenti. Ma igorman, toccando il cuore dei lettori, titillandolo fino a spremerlo dalla commozione, infila lì quel "bambini palestinesi", così chi legge associa il cattivo Isreale a tutti quegli Stati tristemente famosi per le nefandezze che hanno compiuto. Non è un artificio difficile da compiersi. Tant'è che dopo la rubrica su Specchio scrive più o meno le stesse cose sulla colonna della Stampa la vigilia di Natale. Anche lì, tra un equivoco richiamo ai "negozi degli ebrei" che regalano un Gesù in plastica,ecco di nuovo la strizzata d'occhi ai "bambini di Palestina",nel caso che il lettore della Stampa se li fosse dimenticati. Auguri ai lettori in Informazione Corretta, e arrivederci alla prossimo puntata di IGORMANIA. Ma, soprattutto, non dimenticate di segnalare il vostro pensiero alla Stampa.
Articolo pubblicato dal quotidiano "La Stampa" del 24-12-2001
Natale, nasce il Bambino ch'è già nato". Il suo nome e: Gesù, Yeshua, Issa nelle lingue monoteiste. Forse è, questa, la Trinità del Mistero giacché inopinabili fatti vengono a stupirci. Il mio amico M. laico (laicista) che incontro nel cuore di Roma, in via de' Giubbonari, dove i negozi degli ebrei insieme coi "capi scontati" ti regalano un ottimista Gesù bambino di plastica, il mio amico che non crede, all'improvviso: "Fammi entrare in una chiesa", mi dice brusco. "Da solo non ci vado", e mi sospinge verso San Carlo ai Catinari. In questa chiesa francamente bella, tanto da somigliare a una basilica, subito a sinistra entrando, in una nicchia, c'è la statua nazionalpopolare di Sant'Antonio. Tiene in braccio un Gesù bambino incredibilmente espressivo. Il Figlio di Dio e il Santo più diffuso, si guardano negli occhi. Quaranta candele accese discretamente li rischiarano. Il silenzio naviga nel tempio, scorre un vago profumo orientale: una mistura di cera per mobili tarlati e di incenso. Lui, M., fissa a lungo Gesù bambino e Sant'Antonio, poi: "Vedi, se fossi credente, sussurra, o se credessi d'esserlo come verosimilmente capita te, ebbene in tal caso direi che questo Gesù bambino è davvero triste, e pure 'sto Santo dei miracoli lo è: triste, dico. E infatti, ironizza il mio amico che crede di non credere, in questo Natale del Duemila più Uno al vostro Gesù oltre ai bambini di Palestina, dell'Afghanistan eccetera, gli tocca occuparsi d'un nuovo "cliente": il bambino d'Argentina". Usciamo da San Carlo, andiamo controcorrente nel fiume contento del popolo delle feste. Due peruviani davvero poveri, diretti all'Istituto latinoamericano ch'è in piazza Cairoli, piangono. "Que se pasa?", domando. "Nada, senor", rispondono compiti. Ma io insisto e loro spiegano che "la festa non è per tutti". Sono emigranti senza permesso di soggiorno, ecco tutto. Ha ragione il mio amico laico (laicista): quanto lavoro, quest'anno, per Gesù bambino, quanta pena nel suo piccolo cuore che quando diventerà adulto, irrimediabilmente si fermerà. Betlemme è un panorama di rovine, le locande a cinque stelle sono chiuse, e anche quelle scamuffe, i turisti si contano sulle dita, la morte degli innocenti, il dolore dei feriti hanno sfrattato la speranza, la stella cometa minaccia d'arrivare in ritardo poiché i centurioni di Sharon non ne hanno ancora approvato il piano di volo. Gli ultimi cristiani vanno al cimitero a trovare i loro bambini uccisi dai "missili intelligenti"; dall'altra parte del muro (d'odio) genitori ebrei posano pietruzze di dolore sulle tombe dei loro bambini uccisi a tradimento. In Argentina, la fame moltiplica gli aborti spontanei. "Le tenebre ricoprono le nazioni", disse Isaia ma "io sono la luce e la luce è vita", dice Gesù bambino. La guerra sarà sconfitta, tornerà l'aurora.
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Questo articolo è stato pubblicato dall'inserto de La Stampa "Specchio" il 22/12/2001
Natale: nasce il Bambino che è già nato, il suo nome è Gesù". (Yeshu in ebraico, Issa in arabo). Sorride, giusta la tradizione più antica: il Bambinello scolpito in cera nel '700, a Napoli. Il professor Freud ci ha spiegato che il sorriso di per sé non dice nulla: è lo stato d'animo di chi quel sorriso coglie, a "classificarlo". Insomma, se il tuo cuore è felice anche il sorriso di Gesù Bambino lo è. Se, invece la tristezza dell'incertezza ti scolora la vita, il sorriso del Bambinello ti apparirà incerto. Tanto che potresti forzarlo (nella tua visione privata) sino a renderlo essenzialmente triste ovvero soffuso di beata speranza.
Sarà un Natale di guerra, questo del 2001, anno di grazia ma altresì di troppe disgrazie. Il Vecchio Cronista ne ha vissuto tanti, anche terribili: per esempio il Natale lungo dell'occupazione nazifascista di Roma - da Porta San Paolo alle Ardeatine; ma tutto sommato la sorte è stata benigna: ho visto i GI come Re Magi arrivare col dono immenso della Libertà, nel pieno della mia giovinezza; l'amore è giunto nel tempo stabilito, il lavoro non mi è mai mancato, non ignoro il successo. E tuttavia mi porto dentro non poche ferite: non è facile dimenticare gli occhi dei bambini (in Africa, nel Brasile, in Palestina, nel Kosovo, in Afghanistan) che muoiono di fame o per la guerra. Non voglio intingere la penna nella melassa né intendo avvelenare quell'atomo di felicità che persino un Natale di guerra porta.
Vi ringrazio degli auguri e vorrei ricambiare la vostra preziosa attenzione (fatta a volte anche di tiratine d'orecchie) con una proposta. Dedichiamo parte dei regali "d'obbligo" ai bambinelli mutilati di guerra, ai bimbi orfani (una sconfinata legione). Non condanno il consumismo poiché, alla fìne, muove denaro e dà lavoro, ma bastano cinquantamila lire (25,82 euro) da spedire a scelta: alla CRI, a Emergency, a Balsam, alla Comunità di Sant'Egidio, a Nigrizia eccetera, per far sì che un mutilatino abbia una protesi. Che gli consenta non soltanto di lanciare in cielo un aquilone ma addirittura di giuocare a football. I bambini che aiuteremo riusciranno, forse, a restituire il sorriso a Gesù Bambino triste.