Testata: Il Foglio Data: 09 settembre 2003 Pagina: 1 Autore: un giornalista Titolo: «Dopo Abu Mazen»
Riportiamo l'analisi sui motivi del fallimento della Road Map pubblicata in prima pagina de Il Foglio martedì 9 settembre 2003. La road map è fallita. Le prossime settimane vedranno due distinti fenomeni nelle dinamiche tra le due parti: da un lato una recrudescenza della violenza, dall’altro il gioco mediatico e diplomatico per incolpare la parte avversa del fallimento dell’ennesima iniziativa di dialogo. La road map non dovrebbe però lasciar spazio ad ambiguità. La prima fase richiedeva che i palestinesi smantellassero l’infrastruttura terroristica e faceva della cessazione della violenza la premessa necessaria al progresso del processo negoziale. I palestinesi, citando la loro intrinseca debolezza, hanno optato invece per una "tregua" provvisoria di tre mesi, violando così la road map. La tregua serviva gli interessi sia di Hamas sia di Abu Mazen. Per Hamas, sempre più nel mirino israeliano, la tregua permetteva di salvare la leadership dalla decimazione e l’organizzazione dall’essere neutralizzata. Tre mesi di inattività avrebbero permesso di riorganizzarsi e prepararsi al prossimo round di violenza. Per Abu Mazen, privo della volontà politica e della legittimità popolare a intervenire contro l’infrastruttura terroristica, la tregua permetteva di offrire a Israele un periodo di calma in cambio di concessioni, rafforzardo così la propria autorità senza pagare il prezzo richiesto dal piano diplomatico. Inadempienza a parte, anche l’intrinseca debolezza interna ha silurato Abu Mazen. Arafat ha fatto di tutto per eroderne la legittimità, incoraggiando sin dalla proclamazione della "tregua" una serie di attacchi, sponsorizzati da gruppi a lui vicini, tesi a indebolire Abu Mazen. La sua incapacità a prevenire gli attacchi, unita alla mancanza di volontà a intervenire contro le organizzazioni terroristiche, ha impedito che Israele facesse ulteriori concessioni ad Abu Mazen. La sua incapacità di ottenere di più gli ha reso impossibile consolidare la sua base di potere, impedendogli quindi di attuare le parti meno popolari ma più significative della road map. Il circolo vizioso si poteva chiudere solo con le sue dimissioni. Esiste tuttavia un ulteriore aspetto che spiega il fallimento della road map e che dà una misura della impossibilità, almeno a breve termine, di sperare in sviluppi positivi. La road map demandava una presa di responsabilità e una chiara scelta tra guerra e pace non solo a israeliani e palestinesi, ma anche al mondo arabo e ai mediatori internazionali. Occorreva che tutti facessero la loro parte per facilitare ai due riottosi partner l’adempimento dei rispettivi obblighi. Ma leader arabi e palestinesi la loro responsabilità non se la sono voluta prendere. Abu Mazen ha escluso la possibilità di uno scontro con Hamas, rinnegando i suoi impegni con il Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu) ad attuare la road map. La mancata presa di responsabilità rifletteva la volontà di trarre benefici dal processo negoziale senza adempiere agli obblighi che da quel processo discendevano. Ma gli sconti, si sa, non danno diritto al rimborso.
Belle parole, nessuna pressione su Hamas Nonostante la minaccia di Hamas fosse ovvia a tutti, e la sua capacità di deragliare ancora una volta il processo negoziale ormai proverbiale, nessuno nel mondo arabo ha preso le misure necessarie per esercitare le dovute pressioni sull’organizzazione. Vittima della fronda di Arafat e privo della legittimità necessaria per intervenire manu militari contro Hamas, Abu Mazen poteva sperare solo in un aiuto esterno. Le pressioni potevano avvenire attraverso un’interruzione dei finanziamenti a Hamas dal mondo arabo e dall’Europa. Gli europei, come al solito in ritardo geologico sui tempi della storia, hanno fatto un atto dovuto solo lo scorso fine settimana decidendo, con tanti se e tanti ma, contro Hamas. Quanto al mondo arabo, i soldi continuano ad arrivare, gli uffici di Hamas a Damasco e Amman sono aperti e gli egiziani trattano con Hamas come mai avrebbero fatto con la Fratellanza musulmana che hanno invece represso. Bravi a sostenere la road map a parole, i leader arabi non hanno fatto la loro parte per indebolire Hamas, minando le fondamenta del processo negoziale nei fatti. Il problema dunque non è Arafat, come molti si ostinano a dire, né Sharon: il problema è l’incapacità del mondo arabo di prendersi le sue responsabilità. È stata questa incapacità, così proverbiale in un mondom malato di teorie dei complotti, a far fallire la road map. Né nessuna nuova iniziativa potrà avere speranze di successo se non cambierà prima, di fronte a futuri fallimenti, questa quasi istintiva abitudine a scagionare se stessi incolpando invece mostruosi complotti e oscure cause di forza maggiore. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.