Gli ebrei dimenticati sono quelli fuggiti dai paesi arabi
Testata: Panorama Data: 09 settembre 2003 Pagina: 159 Autore: Valeria Gandus Titolo: «Profughi del silenzio»
Riportiamo l'articolo di Valeria Gandus pubblicato su Panorama della settimana dell'8 settembre 2003. In copertina sono ritratti due uomini abbracciati: uno rilassato e sorridente, l'altro rigido e vagamente preoccupato. Per scoprire chi sono e perchè sono finiti lì bisogna arrivare a pagina 342 di Costruttori di pace, Storia di un ebreo profugo della Libia (Edizioni Appunti di viaggio) di David Gerbi: quello sorridente è l'autore, l'altro si chiama Abugrara Abdusalam, è un libico di Tripoli ed è visibilmente teso perchè ha appena scoperto che Gerbi è il proprietario della sua bottega. O meglio, è il figlio di chi in quel negozio ha lavorato e prosperato vendendo orologi e gioielli. Fino a quando, in un giorno del 1967, non è stato cacciato con la famiglia dalla Libia. Una sorte condivisa da oltre 6 mila correlegionari: una colonia la cui presenza in Libia risale a oltre 2 mila anni fa. David Gerbi, 48 anni, psicoanalista, non ha chiesto affatto al restituzione del negozio. Così come non ha reclamato alcun diritto sull'appartamento (di proprietà del padre ed espropriato come tutto il resto all'indomani della Guerra dei sei giorni), alla società di catering che oggi occupa le stanze dove un tempo viveva la sua famiglia. Si è dato invece molto da fare per riportare in Italia un bene assai più prezioso: l'ultima ebrea vivente in Libia, l'ultranovantenne zia Rina. Pubblicato con il patrocinio dell'Unhcr, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati, Costruttori di pace è il racconto dei traumi e delle peregrinazioni dell'autore e della sua famiglia e, insieme, quello della riconciliazione con il paese che l'aveva tradito. Un difficile percorso di pacificazione personale che Gerbi auspica possa estendersi anche ai popoli, favorendo la pace in Medio Oriente. Quella dell'esplusione degli israeliti da molti paesi del Nord Africa e del Medio ORiente (IRan, Iraq, Libia, Libano, Siria, Egitto) è una pagina cupa della storia ebraica: secondo uno studio presentato recentemente all'Onu, prima del 1948 vivevano nei paesi arabi circa 900 mila ebrei, oggi non superano gli 8 mila. Una massa pari se non superiore ai palestinesi dei quali Yasser Arafat reclama il "diritto al ritorno" nei territori oggi israeliani. sovrastato dall'immane tragedia della Shoà, questo esodo è stato a lungo trascurato dagli storici e dagli stessi ebrei. Almeno fino a oggi. Quasi contemporaneamente a quello di Gerbi, sono infatti usciti altri due libri che trattano lo stesso argomento. In Contro di noi, Un viaggio personale nell'antisemitismo (Frassinelli), Miro Silvera, 56 anni, ebreo siriano di Aleppo, scrittore e sceneggiatore (anche de I giardini dell'Eden, il film di Alessandro D'Alatri sulla vita del giovane ebreo Gesù), racconta la sua esperienza di profugo bambino e poi adolescente a Roma. Ma, soprattutto, ripercorre con grande vis polemica i luoghi comuni e i pregiudizi di cui da secoli è oggetto il suo popolo; le persecuzioni, le razzie dei beni, le cacciate, le erranze; l'indomita speranza di pace nonostante il mortale conflitto fra Ariel Sharon e Arafat. Una vita rocambolesca intrecciata con 80 anni di storia è invece la trama de Il ribelle (LE lettere), autobiografia del novantenne ebreo tripolino Arthur Journo: l'infanzia a Tripoli, l'esplusione da parte del governo fascista in Tunisia, la poco felice esperienza in Israele, il ritorno in Libia, la nuova esplusione, nel 1967 a opera di Muammar Gheddafi. Una storia personale che aiuta a capire la grande storia. Oerchè , come diceva lo scrittore Chaim Potock, "senza storie non esiste nulla. Le storie sono la memoria del mondo". Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione di Panorama. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.