Che succede nella politica palestinese dopo la nomina di Abu Ala
Testata: Avvenire Data: 09 settembre 2003 Pagina: 5 Autore: Graziano Motta Titolo: «Ora solo il rais potrà guidare il processo di pace»
Riportiamo l'articolo di Graziano Motta pubblicato su Avvenire martedì 9 settembre 2003. Designando Abu Ala alla carica di primo ministro Yasser Arafat ha portato a compimento il disegno politico che, dopo il lungo braccio di ferro con Abu Mazen, aveva costretto questi a lasciare il governo. Ha cioè affermato la supremazia del suo potere di rais, nell'accezione arabo-musulmana del termine, e di leader dell'establishment politico nelle sue tre articolazioni: l'Autorità nazionale palestinese, struttura istituzionale espressa dagli accordi di Oslo; il partito politico dirigente al Fatah (con il suo braccio militante, le Brigate dei martiri di al-Aqsa); e l'Olp, struttura rivoluzionaria e combattente sopravvissuta agli accordi di Oslo. Abu Ala è la personalità dell'establishment, su cui Arafat sa di poter contare, un fedelissimo che non gli si porrà contro nè che cercherà di estendere le sue prerogative a scapito dlele sue (come ha invano tentato Abu MAzen). Il deputato laburista israeliano Avraham Burg che conosce bene Abu Ala - negli ultimi anni come presidente della Knesset ha avuto dei contatti con lui,k presidente della Camera palestinese- ha detto: adesso sarà impossibile aggirare Arafat, improbabile alimentare dei conflitti fra di loro. E il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom, esponente del partito nazionalista Likud, ha alluso alla remissività di Abu Ala ai voleri di Arafat quando ha definito quest'ultimo "il burattinaio". Non sorprende quindi che la prima richiesta fatta dal premier designato agli israeliani è stata di rivedere la loro politica verso Arafat, ovvero di smetterla con la sua denigrazione, la sua delegittimazione, il suo asedio. E avvertendo che non accetterà mai la sua esplusione. Arafat con Abu Ala tende oviamente a riaffermare pure la sua guida assoluta del processo di pace che per entrambi, come per tutto l'establishment, consiste nella fine dell'occupazione israeliana dei Territori, nello smantellamento in essi degli insediamenti ebraici, nel ritorno dei profughi anche nel territorio dello Stato ebraico, nella nascita dello Stato palestinese con Gerusalemme capitale. Su questi punti Abu Ala intende ottenere precise garanzie dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea (ieri si è rivolto esplicitamente ad essi senza accennare agli altri due componenti del Quartetto, cioè a Russia e Onu) prima di accettare l'incarico. Come dire: spetta a voi far pressioni su Israele perchè io possa conseguire questi obiettivi. Tacendo, evitando di rispondere -qualcuno ha detto "stendendo un velo" (sempre da esperto bancario) - sulla parte che gli altri si attendono lui svolga. Eppure il segretario di Stato americano Powell è stato esplicito: da un primo ministro palestinese ci attendiamo, ha detto, il pieno controllo dei servizi di sicurezza per poter condurre la lotta al terrorismo, smantellare quadri e infrastrutture delle organizzazioni che lo praticano; e si è riferito in particolare a quelle fondamentaliste islamiche, Hamas e Jihad, contro le quali Arafat mai si è opposto e Abu Ala mai ha pensato di giungere ai ferri corti, ben che meno ad una guerra civile. Saeb Erekat, che Arafat aveva imposto ad Abu MAzen come responsabile del negoziato di pace, e che probabilmente sarà confermato dal nuovo premier, ha detto ieri che ai palestinesi importano due cose: il compimento della Road map, ovvero la nascita del loro Stato indipendente, e la fine degli insediamenti ebraici nei Territori. Con le prdisposizioni di Abu Ala e con queste indicazioni, sarà davvero molto difficile far riprendere il negoziato. Che, ricordiamo, ha come interlocutore principale Israele; non gli Stati Uniti assolutamente prudenti verso gli sviluppi impressi da Arafat alla crisi e nemmeno l'Unione europea il cui "alto rappresentante" per la politica estera, Javier Solana, forse è stato troppo sollecito nell'avallarli. Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.