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Convoglio di mezzanotte 28/06/2013 -

S. Yizhar
Convoglio di mezzanotte
Collana Raggi
Traduzione ELENA LOEWENTHAL
Elliot

Yizhar è il padre indiscusso della letteratura israeliana moderna, ma per la realtà ebraica è molto più di questo. Al termine del conflitto arabo-israeliano del 1948, la sua critica dei metodi della politica militare di Israele scatenò un dibattito interno che ancora oggi non sembra essersi concluso. Nessuno fino ad allora aveva narrato l'etica ingenua delle armi, la moralità affranta dei soldati, la crudeltà casuale, il senso irrisolto di una contraddizione storica e umana. "Convoglio di mezzanotte" è il romanzo di una guerra combattuta contro un nemico incombente e invisibile. Al centro del racconto un insediamento israeliano, sotto assedio nel deserto del Neghev, rimane in attesa di rifornimenti. Per raggiungerlo, un convoglio dovrà tagliare le linee nemiche. Un piccolo distaccamento viene così incaricato di individuare il percorso e il momento più adatti alla riuscita dell'operazione, ma la missione assumerà sempre di più l'aspetto di una battaglia contro se stessi, contro la propria coscienza, contro la terra, la polvere e la notte.

Yosef H. Yerushalmi - Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica - 17/07/2017 -
Mosab Hassan Yousef, Ron Brackin - Figlio di Hamas - 07/09/2015 -
Racconti del ghetto 13/03/2014 -

Israel Zangwill
Racconti del ghetto
Guanda

Mentre i ghetti ebraici restano ancor oggi il simbolo della più rigida segregazione, dell'isolamento coatto, nessuno di questi racconti si conchiude completamente all'interno del ghetto. Gli ebrei di Zangwill sono tutti figure di frontiera, in bilico tra la legge di Mosè e quella della ragione, o del cuore. I suoi dotti adolescenti, diligenti studiosi della tradizione talmudica, sembrano rosi da un tarlo segreto, da un'intima inquietudine che li spinge a scoprire cosa vi sia oltre le alte e solide mura del ghetto: vi trovano il fascino conturbante e decadente di Venezia, la seduzione delle arti profane, oppure, nella Roma del sedicesimo secolo, si convertono al cattolicesimo, nel sogno visionario della riunificazione delle due religioni e dei due popoli. La legge sabbatica è deliberatamente infranta, con i toni della commedia, dal commerciante della piccola cittadina rivierasca che non vuol perdere i clienti cristiani, oppure, con quelli del dramma, dalla vecchia che percorre di sabato trentasette miglia per veder un'ultima volta il figlio morente, mentre l'amore materno spinge un'altra donna a recarsi addirittua dal Papa, perché possa togliere il malocchio al suo figliolo diventato improvvisamente cieco. Eppure, il richiamo delle radici ebraiche e del ghetto resta fortissimo e inesorabile: in uno dei racconti, Heinrich Heine, sul letto di morte, confida a una gran dama ch'egli aveva conosciuta bambina e che ora lo visita al capezzale, di non essersi mai davvero convertito e di rimpiangere di non aver sposato una semplice ragazza ebrea che sapesse apparecchiare la tavola per la solennità sabbatica e cucinare dolci per la Pasqua.
Alternando con straordinaria perizia il tono comico a quello tragico e a quello epico, Zangwill riesce a rappresentare un mondo ebraico affollato dei personaggi più diversi, ideale punto d'incontro tra la ricostruzione storica minuziosa e fedele e il gusto per un'affabulazione leggendaria, a tratti magica.

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