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Erik Larson - Il giardino delle bestie - 04/02/2015 -

Erik Larson
Il giardino delle bestie
Neri Pozza

In "Il giardino delle bestie" Erik Larson racconta una storia all'ombra del nazismo. Il romanzo, che diventerà un film con Tom Hanks, prende le mosse dalle vicende di un ambasciatore Usa in Germania e di sua figlia invaghita di Hitler e della Gestapo. Quando l'anno scorso è uscito negli States, Il giardino delle bestie. Berlino 1934 dell'americano Erik Larson ha subito conquistato la vetta nella classifica del New York Times. E ora Tom Hanks ne sta acquistando i diritti per farne un film, così come Leonardo di Caprio ha fatto col precedente bestseller The Devil in the City, sempre di Larson, intorno a un serial killer di Chicago nel 1893. Non c'è da stupirsi, Larson è davvero bravo a scovare e ricostruire singolari e significativi episodi storici con piglio narrativo.

Il giardino delle bestie (Neri Pozza, traduzione di Raffaella Vitangeli, pagg. 560, euro 18) è appassionante, stupefacente. Ci catapulta nella capitale tedesca pochi mesi dopo la presa del potere di Hitler, accanto a un improbabile ambasciatore Usa, William E. Dodd, un professore di storia alieno alla vita diplomatica, impacciato, modesto, rigido, appena nominato da Roosevelt, una quarta o quinta scelta certo, ma destinata al teatro più caldo d'Europa. Accanto a lui Martha, l'ancor più stravagante figlia ventiquattrenne, una bellezza eccitata, come lei stessa la definisce, dall'atmosfera «giovanile, trascinante, romantica, meravigliosa» della "rivoluzione" nazista, mangiatrice di uomini, tra cui il capo della Gestapo e vari altri, infine, più tardi, spia sovietica. Martha registra tutto in un diario, e anche suo padre annota ogni giorno le proprie riflessioni: è da questo straordinario materiale che Larson ha attinto. Sono quelle stesse note a rivelare che Dodd all'inizio non capisce niente della minaccia Hitler: è persino convinto di poter influenzare e moderare il Fürher. L'antisemitismo? William e Martha non se ne scandalizzano un granché: sono un po' antisemiti anche loro come, a quei tempi, e Larson ben lo ricorda, buona parte della società e della leadership Usa. La Notte dei Lunghi Coltelli, nel giugno-luglio 1934, quando Hitler elimina nel sangue centinaia di nemici interni al Partito, apre gli occhi a Dodd. Le sue denunce a Washington sulla volontà di potenza e di conquista del cancelliere tedesco saranno continue quanto inascoltate, finché nel Natale '37 dovrà dimettersi.

Larson, come si è imbattuto nella storia di Dodd? «Circa 5 anni fa mentre leggevo La storia del III Reich di William Shirer, ho capito che nel 1934 lo stesso Shirer, mentre faceva il corrispondente da Berlino per un emittente Usa, aveva socializzato con persone come Goebbels, Goering e Himmler. Mi sono chiesto come mi sarei sentito al suo posto, cosa avrei capito. E ho deciso che volevo catturare il senso di quel periodo. Avevo bisogno di due personaggi reali. Ho iniziato a leggere moltissimo sui primi anni di Hitler, molti memoir, e a quel punto ho incontrato il diario di William Dodd, e subito dopo quello di Martha: è stata lei ad agganciarmi. Era la figlia del primo ambasciatore Usa nella Germania di Hitler ed era incantata dai nazisti, fino ad andare a letto col primo capo della Gestapo Rudolf Diels. Sul III Reich è stato scritto molto, ma questa era una storia fresca».

Martha è sorprendente e al tempo stesso spiacevole. Che effetto le fa? «Mi piaceva la sua naivite. E poi era la sua trasformazione a interessarmi, dall'amore per la "rivoluzione" nazista all'odio, al comunismo. Non posso dire che mi piaccia, era manipolativa, civetta. Comunque ci sarei andato a cena, solo a cena!».

Dodd all'inizio non coglie la vera natura del nazismo. Crede che fosse per il suo stesso antisemitismo? «Non penso c'entri il suo leggero antisemitismo. Tentava di essere oggettivo, e non capì di essere davanti a un gruppo fortemente irrazionale che non concepiva la ragione o la morale al suo stesso modo. Dodd mostrò la stessa caparbia ignoranza esibita dal mondo intero».

Ma è rimasto stupito di quanto fosse diffuso allora l'antisemitismo negli Usa? «Molto stupito. Sapevo che c'era stato, che i golf club erano proibiti agli ebrei, ma non che riguardasse anche il mondo più colto, civile. Che i tre uomini alla testa del Dipartimento di Stato sotto il ministro degli Esteri Hull, covassero un profondo disprezzo per gli ebrei - loro che determinavano la politica di immigrazione in America».

Cosa chiarì le idee a Dodd? E perché nessuno lo ascoltò? «Con la Notte dei Lunghi Coltelli capì che si erano calpestati i confini della civiltà. Credo che Roosevelt gli abbia creduto, ma la sua priorità era uscire dalla Depressione. Pensò che attaccare i nazisti gli avrebbe scatenato contro gli isolazionisti e intralciato il New Deal».

Nel 1933, '34, '35, Berlino appare rutilante, piena di glamour. «Mi aspettavo una capitale tetra e buia e invece era viva e vibrante. Mi ha sorpreso. A un turista Berlino poteva ancora sembrare pacifica e civile, e intanto gli ebrei perdevano tutto. Solo il visitatore che incappava nelle violenze delle S.A., magari perché non salutava a braccio teso, capiva la verità».

Susanna Nirenstein - La Repubblica

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Ci scrive l'inventore della carta stampata.. 28/07/2014 -
Il cinema israeliano contemporaneo 04/01/2010 -

Il cinema israeliano contemporaneo
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Marsilio

Ormai da circa dieci anni, il cinema israeliano è ospite fisso delle maggiori manifestazioni cinematografiche internazionali e riscuote sempre maggiore interesse anche in ambito critico.
Questo studio approfondito su una cinematografia “nuova ed emergente”, è il primo volume pubblicato sull’argomento nel nostro paese e analizza il fenomeno di una cinematografia che, pur avendo a disposizione modeste risorse economiche, è stata in grado in poco tempo di dar vita a un significativo cinema d’autore dalle caratteristiche critico-innovative. Il tutto evidenziando le tematiche che attraversano la società israeliana: dal problema del conflitto con il mondo arabo-palestinese alla condizione della donna, dai rapporti tra religione e laicità dello Stato ai temi della violenza e della guerra. Si tratta, dunque, di un testo importante per gli studiosi ma anche per quel pubblico curioso che non vuol fermarsi alle apparenze e alle notizie superficiali ma che intende invece affrontare tematiche altrimenti sconosciute.

Viva Israele 10/08/2009 -

Magdi Allam
Viva Israele.
Dall'ideologia della morte alla civiltà della vita: la mia storia
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In questo libro autobiografico Magdi Allam, giornalista e saggista che da anni si occupa di eventi politici, economici e culturali dell’area mediorientale, parla alle coscienze di tutti; dietro l'intransigenza con cui si tutela il diritto di Israele all'esistenza e alla pace c'è la fermezza con cui si protegge la nostra società dai pericoli di infiltrazione e legittimazione dell'ideologia della morte. In queste pagine l’autore racconta il suo lento e sofferto percorso esistenziale dall’ideologia della menzogna, della dittatura e della morte alla civiltà della verità, della libertà e della pace fino a maturare il convincimento che, oggi più che mai, la difesa del valore della sacralità della vita coincide con la difesa del diritto di Israele ad esistere.

Perché i tedeschi? Perché gli ebrei? 01/08/2013 -

Goetz Aly
Perché i tedeschi?  Perché gli ebrei?
Einaudi

Da quasi settant'anni gli storici di tutto il mondo si arrovellano per cercare di capire come sia potuto accadere che un paese civilissimo come la Germania sia sceso a un livello di barbarie tanto abietto da mettere in atto lo sterminio di sei milioni di ebrei. Una risposta convincente arriva dal saggio di Aly che prende in esame la storia tedesca dal 1800 al 1933 e giunge alla conclusione che il motore principale dell'antisemitismo germanico è stato il "Neid", l'invidia. "Nel 1900 i ragazzi ebrei berlinesi con la maturità in tasca erano dieci volte più numerosi di quelli di religione cristiana", dice l'autore, e i tedeschi soffrivano di un "complesso di inferiorità", di un'invidia provocata dalla "sensazione di debolezza", e per questo si avvicinarono all'associazionismo, non solo di tipo privato, ma anche politico, che avrebbe portato al nazionalsocialismo. Un libro per leggere la storia tedesca ed europea senza incorrere nell'errore di credere "che gli antisemiti di ieri siano persone tanto diverse da quelle di oggi".

Donami la memoria. Liriche dopo Auschwitz 30/04/2012 -

Donami la memoria. Liriche dopo Auschwitz
A cura di Carlo Angelino
Le Mani

Carlo Angelino presenta con una lucida ed esauriente prefazione le poesie di diversi autori che ripensano la Shoah attraverso i loro ricordi scritti come poesie, forma che dà maggiore forza alla testimonianza, commossa seppure impotente. Descrivono non solo il genocidio, ma anche le umiliazioni patite prima dell' estremo sacrificio, il meccanismo spaventoso della spoliazione, della raccolta ed inventario di tutto ciò che rimaneva nei campi di sterminio. La bellezza delle poesie non ci impedisce di pensare a ciò che accadde e che non dovrà mai più avvenire, malgrado i tentativi dei molti che voglio negare la storia.

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