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Forse Esther 05/01/2015 -

Forse Esther
Katja Petrowskaja
Traduzione Ada Vigliani
Adelphi euro 18,00

Un capolavoro come raramente se ne vedono nel panorama letterario. “Forse Esther”, volume che segna per l’autrice – la 44enne scrittrice ucraina Katja Petrowskaja – un commovente ritorno alle proprie radici attraverso drammi e complessità del Novecento, arriva nelle librerie italiane grazie alla casa editrice Adelphi, abile nel battere sul tempo i grandi editori americani e francesi.

Nel grande boulevard di carta che per il fiume dei visitatori della Buchmesse costituisce un passaggio quasi obbligato, l’editore Suhrkamp ne ha fatto una bandiera. Lei a Francoforte si è mostrata appena, come se quello che aveva da dire lo avesse già detto, come se la copertina del suo libro fosse più che sufficiente, come qualcuno che è troppo timido per affrontare l’assalto della folla, o forse ancora e maliziosamente come qualcuno che è troppo grande per aver bisogno di andare a caccia del suo pubblico. In ogni caso nessuno nasconde la consapevolezza di trovarsi di fronte a un nuovo miracolo della letteratura tedesca. Katja Petrowskaja, l’autrice di Forse Esther (che Adelphi riesce in queste ore a mandare nelle librerie italiane in una bella versione di Ada Vigliani battendo sul tempo i grandi editori americani e francesi che se ne sono assicurati i diritti), la piccola ebrea ucraina emigrata a Berlino una decina d’anni fa ha cominciato a studiare il tedesco a 26 anni. Anche se è nota la prodigiosa abilità di chi padroneggia le lingue slave nell’apprendere altre lingue, come ha fatto a sfornare scrivendo direttamente in tedesco quello che in pochi mesi sembra già avviato a divenire un classico della letteratura tedesca? Come ha fatto a stravincere in estate il premio Ingeborg Bachmann, il riconoscimento più prestigioso cui può puntare uno scrittore esordiente di lingua tedesca, assegnato a Klagenfurt, la città di Robert Musil, nel nome della stessa poetessa e scrittrice carinziana che visse e morì come una meteora nella Roma della Dolce vita? Il premio, fortemente voluto da Vienna, ma radicato nel polo austriaco di quell’angolo d’Europa, fra Carinzia, Slovenia e Friuli Venezia Giulia dove si toccano le anime latina, slava e germanica d’Europa, porta in realtà il segno di Marcel Reich-Ranicki, considerato il massimo critico letterario tedesco del Novecento. E il percorso della Petrowskaja è segnato da molti paralleli con quello del grande letterato e giornalista, scomparso nel 2013 e nume tutelare delle pagine culturali della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Sopravvissuto della Shoah e combattente polacco del ghetto di Varsavia l’uno, emigrata ucraina di lingua madre russa discendente da famiglie ebraiche travolte dalle persecuzioni e le dittature l’altra. Destini di stranieri che si sono avvicinati all’estrema difficoltà della lingua tedesca fino a domarla tanto bene da divenirne un faro. Si chiamava davvero Esther quella bisnonna che, nella Kiev del 1941, chiese fiduciosa a due soldati tedeschi la strada per Babij Jar, la fossa comune degli ebrei, ricevendone come risposta un distratta rivoltellata? Forse. E dell’intera famiglia, dispersa fra Polonia, Russia e Austria, che cosa ne è stato? Il monolite sovietico conosceva l’avvenire, non la memoria. Per ricostruire quella ramificata genealogia, quel vivace intreccio di culture e di lingue – yiddish, polacco, ucraino, ebraico, russo, tedesco –, la Petrowskaja intraprende, sulle tracce degli scomparsi, un intenso viaggio a ritroso nella storia di un Novecento sul quale incombono la stella gialla e quella rossa, e in cui si incrociano i destini di figure indimenticabili: Rosa, la logopedista di Varsavia, che salva duecento bambini sopravvissuti all’assedio di Leningrado; il nonno ucraino, prigioniero di guerra a Mauthausen e riemerso da un gulag dopo decenni; il prozio Judas Stern, che spara a un diplomatico tedesco nella Mosca del 1932; il fratello Semën, il rivoluzionario di Odessa, che passando ai bolscevichi cambia in Petrovskij un cognome troppo ebraico… Ma indimenticabili protagonisti – avverte l’editore – sono anche i paesaggi: l’immane pianura russa invasa dai tedeschi e le città della vecchia Europa: Kiev, Mosca, Varsavia, Berlino. E i ghetti, i gulag e i lager nazisti. In questo romanzo vero, vibrante, venato di ironia – il migliore che la letteratura tedesca ci abbia dato dopo Austerlitz di Sebald – mondi inabissati risorgono vividi, rapinosi e più che mai contemporanei.

Pagine ebraiche

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Ci scrive l'inventore della carta stampata.. 28/07/2014 -
Il cinema israeliano contemporaneo 04/01/2010 -

Il cinema israeliano contemporaneo
a cura di Maurizio G. De Bonis, Ariel Schweitzer, Giovanni Spagnoletti
Marsilio

Ormai da circa dieci anni, il cinema israeliano è ospite fisso delle maggiori manifestazioni cinematografiche internazionali e riscuote sempre maggiore interesse anche in ambito critico.
Questo studio approfondito su una cinematografia “nuova ed emergente”, è il primo volume pubblicato sull’argomento nel nostro paese e analizza il fenomeno di una cinematografia che, pur avendo a disposizione modeste risorse economiche, è stata in grado in poco tempo di dar vita a un significativo cinema d’autore dalle caratteristiche critico-innovative. Il tutto evidenziando le tematiche che attraversano la società israeliana: dal problema del conflitto con il mondo arabo-palestinese alla condizione della donna, dai rapporti tra religione e laicità dello Stato ai temi della violenza e della guerra. Si tratta, dunque, di un testo importante per gli studiosi ma anche per quel pubblico curioso che non vuol fermarsi alle apparenze e alle notizie superficiali ma che intende invece affrontare tematiche altrimenti sconosciute.

Viva Israele 10/08/2009 -

Magdi Allam
Viva Israele.
Dall'ideologia della morte alla civiltà della vita: la mia storia
Mondadori

In questo libro autobiografico Magdi Allam, giornalista e saggista che da anni si occupa di eventi politici, economici e culturali dell’area mediorientale, parla alle coscienze di tutti; dietro l'intransigenza con cui si tutela il diritto di Israele all'esistenza e alla pace c'è la fermezza con cui si protegge la nostra società dai pericoli di infiltrazione e legittimazione dell'ideologia della morte. In queste pagine l’autore racconta il suo lento e sofferto percorso esistenziale dall’ideologia della menzogna, della dittatura e della morte alla civiltà della verità, della libertà e della pace fino a maturare il convincimento che, oggi più che mai, la difesa del valore della sacralità della vita coincide con la difesa del diritto di Israele ad esistere.

Perché i tedeschi? Perché gli ebrei? 01/08/2013 -

Goetz Aly
Perché i tedeschi?  Perché gli ebrei?
Einaudi

Da quasi settant'anni gli storici di tutto il mondo si arrovellano per cercare di capire come sia potuto accadere che un paese civilissimo come la Germania sia sceso a un livello di barbarie tanto abietto da mettere in atto lo sterminio di sei milioni di ebrei. Una risposta convincente arriva dal saggio di Aly che prende in esame la storia tedesca dal 1800 al 1933 e giunge alla conclusione che il motore principale dell'antisemitismo germanico è stato il "Neid", l'invidia. "Nel 1900 i ragazzi ebrei berlinesi con la maturità in tasca erano dieci volte più numerosi di quelli di religione cristiana", dice l'autore, e i tedeschi soffrivano di un "complesso di inferiorità", di un'invidia provocata dalla "sensazione di debolezza", e per questo si avvicinarono all'associazionismo, non solo di tipo privato, ma anche politico, che avrebbe portato al nazionalsocialismo. Un libro per leggere la storia tedesca ed europea senza incorrere nell'errore di credere "che gli antisemiti di ieri siano persone tanto diverse da quelle di oggi".

Donami la memoria. Liriche dopo Auschwitz 30/04/2012 -

Donami la memoria. Liriche dopo Auschwitz
A cura di Carlo Angelino
Le Mani

Carlo Angelino presenta con una lucida ed esauriente prefazione le poesie di diversi autori che ripensano la Shoah attraverso i loro ricordi scritti come poesie, forma che dà maggiore forza alla testimonianza, commossa seppure impotente. Descrivono non solo il genocidio, ma anche le umiliazioni patite prima dell' estremo sacrificio, il meccanismo spaventoso della spoliazione, della raccolta ed inventario di tutto ciò che rimaneva nei campi di sterminio. La bellezza delle poesie non ci impedisce di pensare a ciò che accadde e che non dovrà mai più avvenire, malgrado i tentativi dei molti che voglio negare la storia.

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