L’isolazionismo di Trump, un pericolo per l’Occidente liberale
Commento di Antonio Donno
La politica internazionale di Trump tende all’isolazionismo. Numerosi sono i fattori che stanno ad indicare la volontà del presidente americano di sganciare il proprio Paese da impegni internazionali in numerose questioni presenti sulla scena globale. Il caso dell’Ucraina è soltanto il più evidente perché è stato al centro di un dibattito politico che ha coinvolto le cancellerie di molti Paesi, soprattutto in Europa. Allo stato attuale, tuttavia, la “questione ucraina” sta scivolando in secondo piano, e questo soprattutto perché Trump si sta tirando fuori dal problema, se mai ne abbia fatto parte in modo attivo, e da ogni decisione che possa coinvolgere gli Stati Uniti nel destino dell’Ucraina. La conseguenza è che anche i Paesi europei, che sono stati coinvolti nel dibattito, oggi tendono a ritirarsi in buon ordine da qualsiasi posizione di contrasto nei confronti dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin.
I buoni rapporti che si sono evidenziati nel confronto tra Trump e Putin costituiscono il terreno politico che consente al presidente americano di tirare indietro il proprio Paese da questioni europee che egli sente estranee agli interessi americani, concedendo a Putin una libertà d’azione che mai Washington aveva concesso a Mosca per tutto il secondo dopoguerra. Trump detesta l’Europa, che ha vissuto finora grazie al sostegno economico e politico degli Stati Uniti – questo è il pensiero del presidente americano –, e volentieri progetta un distacco americano dalle questioni del “Vecchio Continente”. Si tratta dell’aspetto più evidente della tendenza attuale degli Stati Uniti a sposare un nuovo isolazionismo. In fondo, occorre dire che Trump riflette appieno il sentimento del popolo americano che dimostra di apprezzare il distacco del proprio Paese dagli affari internazionali e dalle dispute che ne scaturiscono.
La conseguenza di tale posizione sta isolando l’Ucraina di fronte alle tendenze di Putin di inglobare l’intero Paese – compresa la stessa Crimea, cosa di fatto già avvenuta – all’interno del territorio russo. Putin agisce nella direzione di una nuova Unione Sovietica, di cui l’Ucraina costituiva parte integrante. Questo progetto egemonico non può sfuggire alle valutazioni di Trump, ma non costituisce motivo di una presa di posizione di Washington contro il progetto inclusivo di Putin. Il quadro internazionale odierno può essere definito in questo modo: l’annessionismo di Putin e l’isolazionismo di Trump. Due posizioni opposte che porteranno, se si dovessero confermare nei prossimi anni, a un nuovo assetto del sistema politico internazionale, nel quale la Russia avrà una posizione di assoluta preminenza politica e strategica, se non strettamente economica. Ma, anche nel campo dell’economia, l’isolazionismo di Trump potrebbe avere riflessi positivi sulla situazione economica della Russia, un situazione non certo brillante.
L’isolazionismo americano favorirebbe anche la Cina di Xi Jinping, finora attento allo svolgimento delle relazioni tra Stati Uniti e Russia. L’isolazionismo di Trump potrebbe portare la Cina a prendere in considerazione – dopo decenni di dichiarazioni – l’annessione di Taiwan, con conseguenze catastrofiche anche per i piccoli Paesi del Pacifico, molti dei quali hanno contato fino ad oggi sulla protezione americana. Ma, in questo caso, è tutto ancora da vedersi. Tuttavia, un dato è certo. Il significato dell’incontro recente tra Putin e Xi Jinping può essere riassunto in un concetto cruciale: la Russia intende rafforzare ulteriormente la cooperazione con la Cina “su tutte le piattaforme internazionali al fine di garantire la sicurezza globale e un ordine mondiale giusto”, ha sottolineato Putin incontrando Xi. Ora, quest’affermazione di Putin va letta nel suo significato profondo: Russia e Cina intendono sfruttare al massimo l’isolazionismo di Trump per porsi al centro del sistema politico internazionale. Ne deriverebbe un mutamento sostanziale delle relazioni internazionali, di cui l’Europa soffrirebbe in un modo tuttora imprevedibile: uno spostamento dell’asse politico internazionale che condannerebbe il liberalismo occidentale in una posizione di minorità dagli esiti catastrofici per tutti quei Paesi, soprattutto europei, che hanno fatto della filosofia liberale la base di una democrazia solida politicamente ed economicamente. L’isolazionismo americano è un pericolo per tutto l’Occidente. Oggi l’Occidente liberale potrebbe perdere la base strutturale della sua stessa esistenza, una base conquistata in secoli di lotte e di sacrifici.
Antonio Donno