28-12-2001 Quel che Valli dimentica...
Bernardo Valli soccorre l' annaspante Arafat
Testata: La Repubblica
Data: 27/12/2002
Pagina: 1
Autore: Bernardo Valli
Titolo: un articolo
Bernardo Valli soccorre l' annaspante Arafat, nel numero di giovedi 27 dicembre di "Reppubblica".
E lo soccorre bene, catturando in prima pagina l' interesse ed il consenso anche dei filo-israeliani di sinistra, e di quanto non hanno condiviso la decisione di Sharon di bloccare a Ramallah il "capo di stato" Arafat che voleva rendere onore al Bambino Gesù per ingraziarsi il mondo cattolico su altri versanti meno ecumenici della sua condotta. Ma per chi sia andato a leggere anche la seconda parte del suo articolo di fondo, a pag. 16, è divenuto subito evidente lo stratagemma, che nascondeva in realtà finalità ben diverse da quella di semplicemente unirsi al coro di quanti erano perplessi o critici, per menare invece fendenti su Sharon e su tutta la politica israeliana nei difficili rapporti con i palestinesi. Già nella prima parte dell' articolo si poteva leggere in trasparenza un certo disagio di Bernardo Valli nei confronti di Israele, che aveva fino ad ora inchiodato Arafat alle sue responsabilità, ed il sollievo mal celato per l' Arafat "risorto" (come il Gesù Bambino con cui si apre l' articolo); persino la capacità di autocritica degli israeliani viene citata da Valli con dispetto (con la limitazione di saper rispettare "alcune regole democratiche essenziali" solo "al suo interno"). Le "onde del mare di odio" sospingono Sharon malgrado i "lampi di razionalità" di chi lo critica, ma come meravigliarsene, se persino una commissione d' inchiesta, vent' anni fa, lo aveva giudicato inidoneo a ricoprire la carica di ministro della Difesa? A maggior ragione egli non è in grado di fare il primo ministro, ne deduce Valli. E' solo "il comune odio" condiviso da Sharon e dagli israeliani - un odio per Arafat, per l'Autorità Palestinese, per gli accordi di Oslo nella loro totalità - che legittima il potere di Sharon.
Non una parola viene spesa da Valli per indicare le cause di questo divieto-boomerang, non ce n'è bisogno, perché comunque Arafat è "odiato", e l'odio non presuppone ragioni valide che lo sostengano, ma solo la malvagità di chi odia. Sharon si propone solamente di "frantumare" , di "demolire", di "trattare con l' aiuto dell' esercito": per questo "colpisce", "umilia".
Gli attentati e le stragi in cui sono stati coinvolti con funzioni di direzione, di partecipazione, di complicità a vari livelli le organizzazioni facenti capo ad Arafat e la polizia dell' Autorità Palestinese non esistono, in questa linea di pensiero.
Bernardo Valli è sicuramente un ottimo professionista, intelligente ed abile; lo dimostra nel circuire il lettore con veli di presunta obiettività, che dalla superficiale condivisione di una critica falsamente amichevole pretendono poi di condurlo ai fini reali, di una condanna a priori di Israele e della sua politica. Non è difatti la mera delegittimazione di Sharon quel che Valli si propone, bensì la negazione dell' esistenza di ragioni valide a sostegno della sua linea politica, che egli dipinge come guidata dall' odio e dalla sfrenata ambizione di supremazia, non da tormentate scelte dettate dal desiderio legittimo di sopravvivenza del popolo e dello stato d' Israele.



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Arafat ha occupato più spazio di Gesù Bambino. I giornali israeliani lo rimproverano ad Ariel Sharon. Se I mass media internazionali si sono tanto interessati alla mancata messa di Betlemme è Infatti colpa sua. Non doveva negare il permesso al leader palestinese, In residenza forzata a Ramallah, a soltanto trenta chilometri dal luogo della Natività. Per Arafat il divieto natalizio del primo ministro Israeliano si è trasformato in un'occasione insperata. È quanto sostengono i quotidiani di Tel Aviv. i quali non risparmiano a Sharon critiche, ironia, sarcasmo: la sua insensata iniziativa si è rivelata un boomerang; la sua battaglia di Natale si è risolta con una beffa al danni di Israele. Sharon si sarebbe inferto un calcio da solo. Un comportamento da masochista. Una settimana fa l'opinione pubblica mondiale guardava Arafat come un ipocrita; come un leader incapace di fermare i terroristi; come l'ambigua versione di un Bin Laden palestinese: ed eccolo invece risorto nelle vesti dl vittima della prepotenza israeliana.

L'immagine della keffiah palestinese gettata sulla seggiola vuota nella chiesa di Santa Caterina, a Betlemme, durante la messa dl mezzanotte seguita da decine di milioni di cristiani e non cristiani, è diventata l'incubo dl un buon numero di ambasciatori dello Stato ebraico, dispersi tra Tokyo e Brasilia. Un diplomatico ha espresso a denti stretti il sentimento di molti di loro "Che figuraccia"!, chiedendo di restare anonimo. La stampa, i generali di Tsahal, gli agenti segreti dello Shin Bet, persino tanti rabbini, Insomma molti, con l'ovvia vasta eccezione dei superfalchi e degli stretti collaboratori del primo ministro, hanno deplorato il veto di Ariel Sharon.



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