E' Pasqua, passione e, per chi crede, resurrezione di un ebreo chiamato Gesù
Commento di Deborah Fait
Gesù era ebreo e fu crocefisso dai romani. Nonostante questa verità storica, i cattolici per duemila anni (fino a Giovanni Paolo II) hanno accusato gli ebrei di deicidio. E i cattolici di oggi stanno facendo passare la propaganda araba su un Gesù "palestinese", anche se il nome Palestina fu inventato dall'imperatore Adriano proprio per umiliare gli ebrei, dopo la Seconda guerra giudaica, dopo il secondo tentativo di genocidio del popolo ebraico.
Questo è un periodo di feste religiose. Una, il Ramadan, passata da poco, festività islamica sponsorizzata dal Vaticano con chiese svuotate di cattolici per riempirle di musulmani, piazze italiane colme di migliaia di figli di Allah che con gli altoparlanti rendevano pubbliche le loro preghiere alla faccia dei cittadini ai quali non fregava niente di Allahu Akhbar. Scuole chiuse perché i piccoli musulmani non potevano vedere mangiare i loro compagni infedeli. Poi è arrivata Pesach, proprio in mezzo tra Ramadan e Pasqua, ma nessuno se n’è accorto perché gli ebrei festeggiano le loro ricorrenze con rispetto e riservatezza, non amano rompere le scatole a chi ebreo non è. Se vogliamo dirla tutta, gli ebrei hanno imparato la massima riservatezza nei secoli passati, proprio per salvarsi la vita. Pesach, erroneamente detta Pasqua ebraica, non ha niente a che vedere con la Pasqua cristiana. Pesach significa passaggio e ricorda la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto. Il passaggio verso la libertà. La festa dura una settimana e durante il seder, la cena della prima sera con tutta la famiglia riunita, si legge la Haggadà, la storia del popolo ebraico. Mosè, Aaron, il Faraone, le 10 piaghe mandate da Dio per convincere gli egizi che gli ebrei dovevano andarsene verso la Terra Promessa da Dio ad Abramo. Ogni membro della famiglia legge un versetto della Haggadà e alla fine, tutti insieme recitano le ultime parole “L’anno prossimo a Gerusalemme”. Un grido lungo 2000 anni.
Ma parliamo della Pasqua cristiana che ricorda la passione, morte e resurrezione dell’ebreo Gesù. Per gli ebrei del passato Pasqua è sempre stata un incubo con persecuzioni e pogrom contro i ghetti e i villaggi in cui vivevano. L'accusa di deicidio contro gli ebrei, cioè l'accusa di essere responsabili della morte di Gesù, ha origine nei primi secoli del cristianesimo. Questa accusa emerse gradualmente nei primi secoli dopo la sua morte e furono responsabili principalmente alcuni Padri della Chiesa nel II-IV secolo. L'accusa di deicidio contro tutti gli ebrei come popolo cominciò a prendere forma. Figure importanti come Giovanni Crisostomo (347-407 d.C.) nei suoi "Sermoni contro i giudei" e Melitone di Sardi (II secolo d.C.) nella sua "Omelia sulla Pasqua" formularono accuse più esplicite. Melitone in particolare è considerato uno dei primi a usare il termine "deicidio" in riferimento agli ebrei. Questa accusa fu poi consolidata nel corso del Medioevo e usata per giustificare persecuzioni contro le comunità ebraiche in Europa. Solo con il Concilio Vaticano II (1962-1965) la Chiesa Cattolica modificò ufficialmente questa regola durata quasi 2000 anni con la dichiarazione "Nostra Aetate", che respinse l'idea della colpa del popolo ebraico per la morte di Gesù. A questo punto mi preme fare un vecchio ragionamento. Gesù fu tenuto d’occhio dai Romani perchè temevano volesse prendere il posto dell’Imperatore dal momento che alcuni suoi discepoli lo chiamavano “re dei re”. Allora vediamo un po’ come si svolsero i fatti: i Romani lo arrestarono, i Romani lo portarono in giudizio e lo condannarono a morte, i Romani lo trascinarono sul Golgota e sempre i Romani lo crocifissero. Ma la Chiesa incolpò gli ebrei. Ha senso? Certo, perché era meglio non inimicarsi i padroni di Roma. Quale capro espiatorio migliore? Gli ebrei, dopo la distruzione di Gerusalemme da parte di Adriano imperatore, e dopo la dispersione erano un popolo debole e indifeso, esposto ad ogni sopruso. Scrive l’amico Francesco Speroni in un bellissimo articolo pubblicato dalla Federazione Italia Israele “ l’Imperatore Adriano decise di punire gli ebrei in modo esemplare. Oltre a distruggere le loro città, a partire da Gerusalemme, Adriano adottò una misura particolarmente simbolica e crudele: cambiò il nome di quella provincia romana da Giudea a Syria Palaestina. Il termine Palestina derivava dai Filistei, un popolo invasore che si era appropriato della costa sud-occidentale della regione.
I Romani fecero questo con l’intenzione di cancellare l’identità ebraica della regione, volevano far sembrare che il legame del popolo ebraico con quella terra fosse irrilevante o addirittura inesistente. Insomma, usando una similitudine contemporanea, volevano cancellare Israele dalle mappe geografiche. Prima si eliminò il nome autentico, Giudea, che evocava la radicata presenza dei giudei, poi si creò dal nulla un nome associato ai nemici degli ebrei, i filistei. La nuova parola inventata dai romani, Palestina, rappresentava una vera umiliazione, un atto deliberato di mortificazione: l’Impero Romano voleva far dimenticare la presenza millenaria degli israeliti in quelle terre, sostituendoli coi loro nemici invasori. Questa azione dell’imperatore Adriano, purtroppo, segnerà un cambiamento duraturo, influenzando anche la percezione della regione nei secoli successivi, fino ai giorni nostri, quando la questione del nome di quella terra si è trasformata in un tema centrale del conflitto israelo-palestinese.”
Praticamente questo di Adriano fu il secondo tentativo di genocidio del popolo ebraico dopo la deportazione e l’esilio di Babilonia verso il 582 a.c. per opera del re Nabucodonosor II e la distruzione del Primo Tempio di Gerusalemme. Purtroppo nella lunga storia del popolo ebraico vi furono altri tentativi di genocidio che culminarono nella Shoah e i sei milioni di fratelli che passarono attraverso i camini di Aushwitz. L’Iran e i palestinesi hanno un unico desiderio, ripetere il genocidio, eliminare Israele per sempre, con l’approvazione, silenziosa nella maggior parte dei casi, urlata dai fanatici nelle piazze e nelle università, di mezzo mondo.
E ora veniamo alla domanda che mi fa impazzire di rabbia. Perché molti, anche nella Chiesa, da Bergoglio in giù, tentano di togliere a Gesù la sua identità ebraica? È molto frequente sentir parlare di un Gesù palestinese e ricordiamo la preghiera del Papa davanti al presepe in Piazza San Pietro con Gesù Bambino avvolto in una kefiah. In primo luogo Gesù nacque a Betlemme, in Giudea, secoli prima che i Romani cambiassero il nome della regione. Nessun abitante della Giudea e del regno di Israele era palestinese perché gli arabi non erano ancora arrivati a colonizzare quelle terre e l’islam era di là da venire, inventato da Maometto almeno 6 secoli dopo la morte di Gesù. Maria, Miryam, la madre di Gesù era ebrea, addirittura nipote del Gran Rabbino del Tempio di Gerusalemme. Giuseppi, Josef, il padre era ebreo molto pio. Trasformare l’ebreo Gesù, Yoshua, in palestinese non solo è una enorme falsità storica ma è un tentativo politico infido atto a delegittimare Israele e a negarne persino l’esistenza. Tutto fa brodo e la Chiesa con la sua attitudine a baciare la pantofola dell’islam è la maggiore responsabile di questa menzogna. Ma perché, si domanderanno in molti? Già, perché? Semplice, si tentano tutte le strade, anche le più infime, per rimuovere il legame millenario degli ebrei con Israele per consegnare il Paese agli arabi. Questo tentativo fa capire molto bene come mai, nonostante la barbarie conclamata dei palestinesi, mezzo mondo civile li ama e odia Israele.
Ma i tempi sono cambiati, abbiamo riavuto il nostro Paese, ci siamo riuniti e abbiamo ritrovato l’orgoglio di un tempo, prima che Roma lo distruggesse. Andiamo a testa alta, abbiamo imparato a sparare, e spariamo anche bene, per difenderci fino all’ultimo respiro. Gerusalemme non sarà mai più distrutta perché è la capitale eterna dello stato di Israele.
“Avadim Hainu” “Eravamo schiavi” si legge a Pesach adesso siamo liberi, siamo forti e determinati e non permetteremo a nessuno di distruggere il nostro Paese.
Deborah Fait