Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/04/2025, a pag. 9 con il titolo "Ancora pochi mesi e la bomba atomica degli ayatollah sarà pronta all’uso" la cronaca di Mirko Molteni.
Mirko Molteni
Anche dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, Rafael Grossi, che ha visitato giovedì l’Iran in vista dei colloqui a Roma fra l’inviato speciale americano Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, teme che il regime degli ayatollah sia più vicino all’arma nucleare di quanto si pensi. Per Grossi «è come un puzzle: hanno i pezzi e un giorno potrebbero rimetterli insieme». E ha aggiunto: «C’è poco tempo per un accordo».
Perciò sono importanti i colloqui di Roma, in cui iraniani e americani si parleranno con la mediazione dell’Oman.
Frattanto, Araghchi è stato a Mosca, dove giovedì ha parlato col presidente russo Vladimir Putin e venerdì con il collega Sergei Lavrov, incassando il sostegno russo. Che il tempo stringa è comprovato dalle indiscrezioni del New York Times, da funzionari Usa secondo cui il presidente americano Donald Trump ha convinto Israele ad annullare un piano d’attacco aereo e con commandos alle installazioni nucleari iraniane programmato per maggio. Incontrando il premier israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, il 7 aprile, Trump lo ha convinto a desistere.
I PIANI ISRAELIANI
I piani israeliani, già pronti, prevedevano attacchi in coordinazione con gli americani, che avrebbero fornito appoggio aereo consentendo agli israeliani di introdurre commandos nei siti più cruciali, quelli sotterranei in cui si arricchisce l’uranio. Processo fondamentale, poiché la fissione dell’atomo d’uranio che libera l’energia nucleare necessita dell’isotopo U235, ovvero la forma più rara dell’uranio, il cui nucleo ha tre neutroni in meno rispetto al più diffuso U238.
La separazione fra U238 e U235 avviene centrifugando il minerale polverizzato in migliaia di cilindri rotanti, le centrifughe appunto, che l’Iran ha dislocato in due centri ben protetti da attacchi aerei a Fordow e Natanz, incavernati in bunker sotto le montagne. Sono solo i principali fra i totali 17 centri, maggiori e minori, del programma atomico iraniano. L’ultimo rapporto dell’Aiea, datato 26 febbraio 2025, ha stimato in 275 kg la quantità d'uranio arricchito al 60%, cioè in cui l’U235 è il 60%, accumulato dagli iraniani. Ne basterebbero 42 kg per arrivare poi alla quantità raffinata al 90% di U235 necessaria per una bomba. Significa che al momento l’Iran potrebbe, in pochi mesi, arrivare a 6 bombe, a cui andrebbe ad aggiungersi un tempo non determinabile per la costruzione di testate efficienti imbarcabili su missili. Ma il totale dell’uranio disponibile e raffinato a percentuali più basse supera gli 8mila kg, costituendo una riserva per il potenziale aumento dell’arsenale.
CRESCITA RAPIDA
Per capire quanto sia stata rapida la crescita dell’arricchimento dell’uranio iraniano al 60% che è l’anticamera del 90% necessario a una testata nucleare, basti pensare che solo nel 2021 gli iraniani hanno iniziato ad arrivare a questa percentuale. Un rapporto AIEA del maggio 2023 quantificava allora in 114 kg l’uranio arricchito al 60%. Nell'agosto 2024 è arrivato a 164 kg e nel novembre 2024 a 182 kg, il che significa che negli ultimi sei mesi è aumentato praticamente di un altro quintale, cioè molto più rapidamente che nei tre anni precedenti.
L’Iran disponeva fino all’anno scorso di un totale di 19mila centrifughe a Fordow e Natanz, ma nel novembre 2024 ha annunciato l’inizio dell’installazione di altre 6mila, per cui sta raggiungendo le 25mila centrifughe, le quali, con un processo a cascata possono velocizzare ancor di più l’accumulo di U235 “bombabile”, come si dice in gergo.
Per distruggere questi bunker l’aviazione israeliana potrebbe utilizzare le sue bombe “bunker buster” perforanti Gbu-28 e Gbu-72, ma sarebbero più efficaci quelle americane, le Gbu-57, trasportabili dai bombardieri Northrop B-2 Spirit schierati in questi giorni nell’isola di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano. Perciò si ventilava l’uso di commandos sotto appoggio aereo americano. Fin da marzo Trump minacciava un attacco combinato Usa-Israele per ottenere gli attuali negoziati.
NUOVO ACCORDO
Scopo di Washington è un nuovo accordo, migliore del patto Jcpoa siglato da Obama nel 2015 che limitava l’arricchimento dell’uranio iraniano al 3,67%, giusto per le centrali, ma non contemplava il settore dei missili balistici e non garantiva sufficienti controlli.
Perciò, nel suo primo mandato, Trump ritirò l’adesione Usa dal Jcpoa nel 2018, al che l’Iran superò il 5% dal 2019, aumentando l’arricchimento in crescendo. Fra i vari altri siti del programma nucleare dell’Iran si segnalano, per citarne solo alcuni, i reattori nucleari di ricerca di Arak e Isfahan, la miniera d’uranio di Saghan, ma soprattutto il centro di ricerca militare di Parchin, 20 km a sudest di Teheran. È a Parchin che la milizia pretoriana del regime, i pasdaran, sviluppano i missili balistici e probabilmente già studiano una testata in grado di contenere un ordigno nucleare. Non a caso, nei raid aerei israeliani dell’ottobre 2024 in rappresaglia ai missili lanciati sullo stato ebraico, i caccia F-35 ebraici danneggiarono un complesso di Parchin, il Taleghan 2, in cui si progettano testate e in cui si sperimentano gli inneschi a implosione necessari a una bomba nucleare. Si sa che i pasdaran dispongono di centinaia di missili in grado di raggiungere Israele, con gittate fra 1.400 e 1.800 km, come il Kheibar Shekan o il Fattah ipersonico.
Se lo studio per una testata imbarcabile sui missili già disponibili fosse più avanti di quanto si sappia, per l’Iran sarebbe davvero questione di sei mesi, forse un anno al massimo, prima di potersi annunciare come potenza nucleare.
A questo punto resta da capire se l’apertura alle trattative è fatta in buona fede da un regime che attualmente si sente indebolito dalle proteste interne e dalla perdita dell’alleato Assad in Siria, oppure se è un modo degli ayatollah di guadagnare tempo.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
lettere@liberoquotidiano.it