Questa è la seconda Pasqua ebraica per gli ostaggi in disumana prigionia
Editoriale del Jerusalem Post​​​​​​​
Testata: israele.net
Data: 14/04/2025
Pagina: 1
Autore: Jerusalem Post​​​​​​​
Titolo: Questa è la seconda Pasqua ebraica per gli ostaggi in disumana prigionia

Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - l'editoriale tradotto dal Jerusalem Post, dal titolo "Questa è la seconda Pasqua ebraica per gli ostaggi in disumana prigionia".

Questa è la seconda Pasqua ebraica che gli ostaggi trascorrono in disumana  prigionia. Ricordiamo a noi stessi al mondo: nell'antico Egitto come nella  Gaza di oggi, è intollerabile che degli esseri umani
Non bisogna abituarsi all'orrore, la libertà, come al tempo della schiavitù in Egitto, va reclamata con forza. Gli ostaggi non vanno dimenticati, da oltre un anno e mezzo nelle grinfie dei terroristi di Hamas.

Editoriale del Jerusalem Post: In questi giorni, vigilia della Pasqua ebraica, circola sui social network un meme che mostra un uomo bendato con le mani legate. Il testo recita: “In ogni generazione, ognuno di noi deve vedere se stesso come se fosse uscito dalla schiavitù in Egitto. Quest’anno, dobbiamo vedere noi stessi come se fossimo sequestrati a Gaza: perché lo è il nostro popolo. Non è solo memoria: è il presente. E la libertà non è una storia che raccontiamo: è quello che oggi reclamiamo”.

Mentre israeliani ed ebrei di tutto il mondo si riuniscono, sabato sera, per il Seder pasquale e per raccontare lo straordinario esodo dall’Egitto, vi sono 24 ostaggi ancora in vita tenuti in prigionia da Hamas a Gaza sin dal 7 ottobre 2023, insieme ad altri 35 ostaggi uccisi i cui corpi non sono stati ancora restituiti per una degna sepoltura.

È semplicemente inconcepibile che, dopo 552 giorni dal massacro del 7 ottobre nel sud di Israele, vi siano ancora degli ostaggi trattenuti in condizioni indicibili nelle segrete di Gaza.

Un rapporto pubblicato questa settimana dal prof. Hagai Levine, presidente dell’Associazione israeliana dei medici della sanità pubblica e membro di spicco del Forum delle famiglie degli ostaggi, afferma che gli ostaggi ancora in vita sono “in grave pericolo di morte in ogni momento”.

Secondo il rapporto, basato fra l’altro su testimonianze di prima mano degli ostaggi rilasciati, almeno otto dei 24 ostaggi ancora in vita a Gaza presentano lesioni serie e cinque soffrono di malattie croniche o reazioni allergiche acute.

Alon Ohel, 24 anni, risulta gravemente ferito da schegge all’occhio destro e può vedere solo ombre. Ohel ha riportato ferite da schegge anche alle mani, alla spalla e al collo. È tenuto in catene in condizioni di estremo isolamento, senza luce naturale e con gravi carenze alimentari.

Yosef-Haim Ohana, 24 anni, soffre di una grave sensibilità gastrointestinale causata principalmente dal cibo avariato e dalle scarse condizioni igieniche della prigionia. Soffre spesso di vomito e diarrea grave, a volte fino a perdere conoscenza.

Matan Angrest, 21 anni, è comparso in un video di Hamas del febbraio 2025 con sospetti danni permanenti alla mano destra, asimmetria facciale e frattura nasale, verosimilmente risultato di torture. Gli ostaggi rilasciati hanno detto che Angrest è tenuto in piccole celle simili a gabbie con sbarre e viene regolarmente sottoposto a interrogatori che comportano torture.

Rom Braslavski, 21 anni, soffre di asma fin dall’infanzia e di una grave allergia che può causare eruzioni cutanee, sensazione di sabbia negli occhi e difficoltà respiratorie. Secondo quanto riferito, soffre anche di una grave scoliosi e di dolori cronici alla schiena e porta gli occhiali, di cui adesso non dispone.

Più volte, dopo la riuscita di accordi che hanno portato al rilascio di ostaggi al penoso prezzo di scarcerare centinaia di detenuti condannati per terrorismo, il cuore di Hamas si è indurito come quello del Faraone d’Egitto.

Questa Pasqua, la seconda che i 24 ostaggi ancora in vita trascorrono in straziante prigionia, è doveroso che ognuno di noi, durante la cena pasquale, ricordi la loro spaventosa condizione.

Che sia recitando preghiere e brani appositi o imbandendo una tavola vuota o riempiendo una coppa per un particolare ostaggio accanto a quella tradizionale preparata per il profeta di Elia, i gesti hanno un forte valore simbolico.

Possono essere un potente promemoria del fatto che, come afferma il meme che abbiamo citato, quest’anno dobbiamo considerare noi stessi non solo come se fossimo stati personalmente schiavi in Egitto, ma come se fossimo personalmente sequestrati e trattenuti come ostaggi a Gaza.

È proprio della natura umana adattarsi alle situazioni, per quanto difficili, fino a considerarle quasi normali. Gli ebrei schiavi in Egitto probabilmente dovettero farlo per sopravvivere e superare ogni giorno.

Ecco perché – quando sabato sera ci sediamo per il Seder, e in ogni giorno successivo – dobbiamo ricordare che non possiamo considerare in alcun modo “normale” gli ostaggi rimasti in schiavitù.

Non può mai essere normale che vi siano esseri umani trattenuti in una prigionia disumana perché sono ebrei e israeliani: né nell’antico Egitto, né nella Gaza di oggi.

In questa Pasqua ebraica, dobbiamo mettere in chiaro – a Hamas, ai nostri leader israeliani e al mondo intero – che la millenaria affermazione collettiva “l’anno prossimo a Gerusalemme” oggi significa che, molto prima della prossima Pasqua, i 24 ostaggi ancora in vita dovranno essere a casa con i loro famigliari e i 35 ostaggi uccisi dovranno essere restituiti alle loro famiglie per il lutto e una degna sepoltura.

Non dimenticateli. Non dimentichiamoli.

(Da: Jerusalem Post, 11.4.25)

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