”Un Occidente senza bambini”
Analisi di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio
Data: 13/04/2025
Pagina: VI
Autore: Giulio Meotti
Titolo: Mondo senza figli

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/04/2025, a pagina VII, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Mondo senza figli".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Un'Italia senza bambini | Il Foglio
Un ritratto potente e lucido di un futuro che è già iniziato, la denatalità non è più solo un dato statistico, ma un cambio di civiltà. P.D. James, erede di Agatha Christie, scriveva “Children of Men”, sulla fine dei nuovi nati. Non è qualcosa di immaginario, è il nostro presente, solo spinto un po’ più avanti

L’area di Seul ospita ventisei milioni di persone ed è la regione più densamente popolata del mondo industrializzato. Ma mancano i futuri abitanti: non nascono più bambini. Nel 1970 vennero alla luce un milione di bambini coreani. Nel 2023, 230 mila. Nessuno al mondo fa meno bambini dei coreani. Un marchio che produceva latte in polvere per neonati ora fa frullati per anziani. Centinaia di asili nido sono trasformati in case di cura con gli stessi direttori, pavimenti e pareti color pastello. Una scuola è stata riadattata come rifugio per gatti. Un villaggio di Haenam ha registrato l’ultima nascita durante le Olimpiadi del 1988. Haenam è in un promontorio spazzato dal vento chiamato Ttangkkeut, “fine del mondo”.

Dettagli di una lunga e straordinaria inchiesta del New Yorker sul crollo della fertilità mondiale. “In una scena memorabile de ‘I figli degli uomini’, una visione distopica di un mondo sterile, un cervo salta in un corridoio scolastico disseminato di spazzatura” scrive il settimanale americano. “La fine del mondo è solitamente drammatizzata come convulsa, ma la perdita di popolazione è un’apocalisse a rate”. Due anni fa, alla studiosa femminista Joan Williams sono stati mostrati i dati sulla fertilità coreana. Si è portata le mani al viso, come nell’“Urlo” di Edvard Munch, e l’immagine è diventata un meme. Il suicidio demografico della Corea è considerato un fatto compiuto.

Tutti lo citano, “I figli degli uomini” di P.D. James, dalle rubriche sul New York Times all’ultimo libro del filosofo coreano che vive in Germania Byung Chul-Han, “The Spirit of Hope” (2024), che riferendosi al romanzo di P.D. James descrive la storia come se fosse un’allegoria delle forze dell’esaurimento.

“L’idea dei ‘Figli degli uomini’ mi è venuta leggendo un articolo in cui si raccontava il misterioso crollo della fertilità occidentale”, disse James a Charlie Rose. La baronessa Phyllis Dorothy James di Holland Park era l’erede di Agatha Christie. Una donna vigorosa e raggiante che si descriveva come una “nonna”, una lunga carriera al ministero dell’Interno, nomine in vari enti culturali, tra cui il British Council e la Bbc (come governatrice), infine alla Camera dei Lord. Iniziò in un triste ufficio delle tasse e durante la Seconda guerra mondiale era a Cambridge a distribuire tessere annonarie.

Il suo libro più “strano”, pubblicato nel 1992, è appunto “I figli degli uomini”. Apparve quando tutto il fermento sulle pagine degli editoriali era per Francis Fukuyama e “La fine della storia e l’ultimo uomo”. Lady James percepì, proprio nel momento del suo trionfo, un fatale indebolimento nel “mondo libero”. Tre decenni dopo, Fukuyama è fantascienza, “I figli degli uomini” resta una grande meditazione sull’occidente. Perché i migliori romanzi distopici non si basano su qualche espediente tecnologico assurdo, ma su qualche caratteristica del nostro tempo, solo spinta in avanti. “Mentre il suono dei parchi giochi si affievoliva, la disperazione prese il sopravvento, è molto strano ciò che accade in un mondo senza voci di bambini” scrive James. Sembra l’articolo del New York Times da Capracotta, cittadina del Molisano, dove un cartello rosso su un edificio in pietra che guarda gli Appennini recita: “Casa della scuola materna”. Oggi è una casa di cura. “C’erano tante famiglie, tanti bambini”, dice Concetta D’Andrea, allieva e insegnante della scuola e ora è residente nell’ospizio. “Ora non c’è più nessuno”. “A mezz’ora di distanza, nella città di Agnone, il reparto maternità ha chiuso una decina di anni fa perché aveva meno di 500 nascite all’anno, il minimo nazionale per rimanere aperto, quest’anno, sei bambini sono nati ad Agnone. ‘Una volta si poteva sentire il pianto dei bambini nella nursery, ed era come una musica’, ha detto Enrica Sciullo, un’infermiera che aiutava nelle nascite e ora si occupa dei pazienti più anziani. ‘Ora c’è silenzio e una sensazione di vuoto’”.

Quello di James non è stato il primo romanzo che immagina un occidente senza bambini.

C’era già stato “2024”, scritto nel 1975 da Jean Dutourd, membro dell’Accademia Francese. Il racconto, ambientato in una Francia e in un pianeta che da tempo hanno smesso di fare figli e che sperimentano un invecchiamento senza precedenti, iniziava così: “Per strada ho visto un bambino. Dava la mano al suo papà che era un uomo sulla trentina. Che spettacolo curioso! Già un uomo sulla trentina non è una cosa che si veda spesso. A maggior ragione se è accompagnato da un bimbo. Rimasi rapito. E non fui il solo a esserlo. Tutti si voltavano a guardare. Una signora si fermò, un signore lasciò cadere il suo bastone da passeggio. I volti delle persone offrivano una scena esilarante: un po’ disgustati, un po’ scandalizzati, ma soprattutto stupefatti.”Una Parigi investita dal collasso demografico: la Torre Eiffel circondata da baracconi vuoti, il Bois de Boulogne trasformatosi in bosco, i piccioni che hanno invaso i piani alti dei palazzoni borghesi trasformati in cimiteri d’alta quota. “Nel nostro mondo di anziani non succede nulla. L’ultimo crimine passionale di cui abbia scritto il giornale risale allo scorso anno. Una donna di 68 anni ha ucciso il marito infedele di 84 anni ed è stata trasferita in un ospizio, visto che anche le prigioni sono ormai chiuse”.

Sette anni dopo, Günter Grass pubblica un romanzo in cui immagina che i tedeschi sono finiti nei musei. Alla sinistra, Ittiti, Sumeri, Aztechi; alla destra, i tedeschi, vittime di una società industriale che dipendeva, parassitariamente, per il suo stravagante tenore di vita, dal “Sud”, dal petrolio e dai turchi. “Nel corso degli anni Ottanta, l’Asia scaricherà la sua pressione demografica e inonderà il continente europeo”. Grass non aveva calcolato che anche i cinesi avrebbero smesso di fare figli.

Il racconto della baronessa James è ambientato in Gran Bretagna in un futuro prossimo e in un mondo sterile: l’ultimo neonato è uscito dall’utero nel 1995 e da allora più niente. Le scuole sono abbandonate e i villaggi stanno morendo poiché una popolazione sempre più anziana preferisce, per motivi di sicurezza, ammassarsi nei centri urbani. Gli animali domestici sono adorati come sostituti dei bambini e le chiese tengono cerimonie di battesimo per i gatti. Tutti i giocattoli non necessari bruciati, fatta eccezione per le bambole, che le donne si tengono strette e spingono per le strade. Le autorità sponsorizzano empori pornografici che promuovono forme sempre più ricercate di attività erotica nel tentativo di invertire il desiderio sessuale in calo della popolazione nel caso in cui il seme dell’uomo dovesse recuperare la sua potenza. Tutto vano.

Alfonso Cuarón nel 2006 ci ha fatto un film con un grande cast, ma poco fedele al romanzo. E’ una Londra atterrita daattentati terroristici e posti di blocco, strade sporche e polizia con pastori tedeschi ringhianti, teleschermi ai lati di 

bus ed edifici su cui scorrono avvertimenti agli immigrati e richieste di sottoporsi a test di fertilità.

In una delle scene più belle del libro si vede un cerbiatto che saltella felicemente intorno all’altare nella cappella del Magdalen College di Oxford. “Animali maledetti”, si infuria il cappellano del Magdalen. “Avranno tutto abbastanza presto. Perché non possono aspettare?”. E’ un’immagine di totale rovina della civiltà, di fede, conoscenza, arte e bellezza, tutto perduto per le bestie e la giungla. Nel film viene sostituita dalla scena in cui un cervo sgattaiola attraverso il corridoio di una scuola elementare abbandonata. Non è proprio la stessa cosa.

La dittatura di Lady James è più sottile di quella del film e della maggior parte delle visioni distopiche. Riproduce un mondo che è, se non esattamente uguale al nostro, un suo distillato. Nel libro, il “Guardiano d’Inghilterra” sa che una popolazione che invecchia vuole “sicurezza, comfort, piacere”, non libertà senza limiti. Le società anziane sono avverse al rischio. Una società al suo ultimo valzer.

Il protagonista, Theo Faron, è sia altamente intelligente che, nelle sue stesse parole “assolutamente sterile”, non solo fisicamente, ma anche emotivamente. Il romanzo è ambientato nel 2021 e Faron presenta i primi anni Novanta dal suo punto di vista di storico accademico e fa riferimento a fenomeni familiari ai lettori di James. “Questi atteggiamenti risalgono per lo più all’inizio degli anni Novanta, con l’interesse per la medicina alternativa, gli olì profumati, i massaggi e gli unguenti, la violenza sessuale al cinema, alla televisione, nei libri e nella vita aumentavano e diventavano più espliciti, ma in occidente la gente faceva sempre meno l’amore e sempre meno bambini. All’inizio tale tendenza fu bene accolta in un mondo sovrappopolato. Come storico, faccio risalire a quel periodo l’inizio della fine”.

James cita un autentico Rapporto della Comunità Europea del 1991 (Monnier e De Guibert-Lantoine) che mostra “un crollo nel numero di bambini nati in Europa”. Faron dice che tutti pensavano di sapere perché ciò stava accadendo, “atteggiamenti più liberali nei confronti del controllo delle nascite, il rinvio della gravidanza da parte delle donne professioniste che perseguono la loro carriera, il desiderio delle famiglie di uno standard di vita più elevato” e sostiene che molti inglesi lo vedevano come “uno sviluppo gradito in un mondo gravemente inquinato dalla sovrappopolazione”.

Il risultato della crisi di fertilità in James è una tipica distopia inglese molto diversa, ad esempio, dalla demodistopia nordamericana di “The Handmaid’s Tale” tornata di moda sotto Donald Trump. C’è una dittatura gestita da un’élite supportata da una spietata polizia, ma non è stata necessaria alcuna rivoluzione o colpo di stato. La causa era semplicemente “un negativismo quasi universale, quello che i francesi chiamavano ennui universel”, che portava alla depressione e una grande riluttanza a essere coinvolti, specialmente in politica. James descrive “un paese sprofondato nell’apatia, nessuno che voleva lavorare, i servizi quasi fermi, la criminalità incontrollabile, ogni speranza e ambizione perdute”. Il dittatore Xan Lyppiatt, cugino di Faron, offre alla popolazione che si sta dirigendo verso l’estinzione “libertà dalla paura, libertà dal bisogno, libertà dalla noia”, e se non sono esattamente contenti di questo, sono almeno soddisfatti e non chiedono altro. Le sessioni parlamentari durano solo un mese e il Parlamento è un organo consultivo per Xan e il Consiglio, che fanno ciò che vogliono. Le elezioni servono solo a dare “l’illusione della democrazia a persone che non hanno più l’energia per preoccuparsi di come e da chi sono governate”. L’eutanasia di massa è organizzata per coloro le cui vite non sono più considerate degne di essere vissute.

All’apparenza, l’Inghilterra rimane la terra verde e delle istituzioni storiche. In realtà, i diritti, le libertà e gli standard etici che un tempo erano consenso sono scomparsi e nessuno ne è infastidito, nessuno spera in qualcosa di meglio. James realizza il Grande Inquisitore di Dostoevskij: “Alla fine deporranno la loro libertà ai nostri piedi e ci diranno: ‘meglio che ci rendiate schiavi, ma nutriteci’”.

Il mondo di James è destinato a finire non nella conflagrazione nucleare apocalittica che molti avevano temuto durante la Guerra Fredda, ma come nella poesia di T. S. Eliot “The Hollow Men”, “non con uno schianto ma con un lamento”. James deride anche le chiese “passate dalla teologia a un umanesimo sentimentale”. La Chiesa d’Inghilterra è gestita da un arcivescovo di Canterbury donna, razionalista e repubblicana. Le poche chiese che continuano a celebrare lo fanno per la musica. Molti, come Theo, vi partecipano “per ascoltare il canto, non per prendere parte a un arcaico atto di adorazione”.

A differenza del romanzo di James, in cui la fine dei bambini è la fonte del collasso dell’umanità, ora alcuni si chiedono se la fine dei bambini sia la chiave della nostra salvezza. Quando il Guardian ha riportato un importante studio scientifico sul crollo delle nascite, il titolo recitava: “Vuoi combattere il cambiamento climatico? Fai meno figli”.

“I figli degli uomini” si apre così: “Oggi, 1 gennaio 2021, tre minuti dopo mezzanotte, l’ultimo essere umano nato sulla terra è rimasto ucciso in una rissa in un bar di Buenos Aires. Aveva venticinque anni, due mesi e dodici giorni: Joseph Ricardo”. James non avrebbe mai immaginato che una grande azienda italiana avrebbe realizzato un cortometraggio intitolato “Adamo”, l’ultimo bambino che nascerà in Italia nel 2050. Fantascienza, forse.

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