Le notti di Mosca Enrico Franceschini
Baldini+Castoldi euro 19
“Voglio che conosciate la verità. Poi, se vorrete potrete sempre optare per il cinismo…io scrivo di ciò che vedo”
Anna Politkovskaja (1958-2006)
Le parole di Anna Politkovskaja, la giornalista russa che denunciava gli orrori di cui era testimone e che non si fermava di fronte a niente, si addicono perfettamente all’impegno e alla serietà professionali di Enrico Franceschini.
Enrico Franceschini
Storico corrispondente di Repubblica dalla Russia oltre che da varie parti del globo, fra cui Gerusalemme, Washington e Londra, città quest’ultima dove tuttora vive, Franceschini conosce molto bene la Russia per averci vissuto sette anni come giornalista. Ha intervistato Mikhail Gorbaciov, l’uomo della Perestroika, e Boris Eltsin continuando a seguire le vicende della Grande Madre anche una volta trasferito a Londra.
All’immenso territorio russo che ha solcato in lungo e in largo il giornalista ha dedicato “La fine dell’impero – Ultimo viaggio in Urss” (Baldini+Castoldi, 2021), un libro composto di reportage, testimonianze uniche e di interviste che scandiscono i mesi che mancano alla fine dell’Impero.
Se nel romanzo “La mossa giusta” (Baldini+Castoldi, 2024), finalista al premio Adei Wizo Adelina della Pergola, Franceschini ha raccontato la storia di Ossip Bernstein, ebreo ucraino realmente esistito, che si salva la vita nell’Ucraina del 1918 grazie alla sua perfetta conoscenza del gioco degli scacchi, ne “Le notti di Mosca”, in libreria in questi giorni, ci troviamo alla fine del secolo breve nel 1999 in Cecenia, con un romanzo che sembra dar seguito agli avvenimenti del precedente che si chiudeva con la guerra fredda fra Kennedy e Krusciov.
Insomma, un libro che molto più del saggio di un politologo sa raccontare la Storia presente e passata rivelando il divario irriducibile che oggi separa la Russia dal mondo occidentale.
Dopo il dissolvimento dell’Urss, a seguito delle riforme di Gorbaciov, in Russia sorge una democrazia corrotta e tutt’altro che solida con Eltsin al potere, un personaggio preda del vizio dell’alcol che il 31 dicembre 1999 annuncia le dimissioni travolto dagli scandali e dal proprio fallimento personale e, nel contempo, designa come successore l’attuale capo del Cremlino. Cosa sarebbe accaduto in Russia se invece di Putin fosse arrivato al potere un politico più democratico?
Attorno a questo interrogativo ruota la trama del romanzo, un thriller politico di ampio respiro - il cui filo conduttore è l’oro nero - che partendo dalla Cecenia si sposta in Russia, in Inghilterra fino alle prestigiose piste da sci e ai lussuosi chalet di Courchevel, località della Bassa Savoia.
L’incipit del romanzo è un pugno nello stomaco.
Siamo nel 1999 all’epoca della seconda guerra cecena quando i russi attaccano nuovamente la Repubblica del Sud, piccola ma ricca di petrolio, dopo una serie di attentati a Mosca di cui il Cremlino accusa i partigiani ceceni offrendo alla Russia la giustificazione per una nuova aggressione. Grozny, la capitale, sta per essere rasa al suolo.
Selina Masdaev, moglie di un capo guerrigliero ceceno, è legata a una sedia di fronte a un gruppo di miliziani russi che hanno appena massacrato davanti ai suoi occhi il marito, conosciuto come il Robin Hood ceceno, e i tre figli. L’intervento di un commando di ribelli la salva dallo stupro ma lei giura vendetta ai nemici che le hanno strappato la famiglia e decide di diventare una “vedova nera”, una di quelle donne che si fanno esplodere con una cintura di esplosivo nascosta sotto gli abiti.
A capo del commando c’è un giornalista italiano Marco Bassani arrivato per un reportage in Cecenia dove decide di restare per sfuggire a un passato inquieto come rivoluzionario e dare il proprio contributo alla causa dei ceceni. Intanto l’azione si sposta in Kosovo e in Inghilterra dove incontriamo Jack McLean, sergente delle Special Air Service britanniche, che ha appena ricevuto una notizia drammatica: il figlio affidato dopo la perdita della moglie in un attentato in Irlanda alla sorella e a suo marito Steve Howell, un noto avvocato in possesso di documenti riservati, è rimasto vittima di un attentato a bordo dell’elicottero che stava portando la famiglia nella loro villa nel Dorset. Quali informazioni contenevano i documenti andati distrutti? Forse in quella valigetta c’erano le prove della corruzione dei nuovi oligarchi russi e di personalità vicine al governo. Jack si dimette dalle Sas e decide di indagare con l’aiuto di un compagno di missioni, l’agente Blunkett dell’Mi6, per scoprire chi c’è dietro l’attentato che gli ha portato via il figlio e la sorella. Dopo un viaggio rocambolesco fra montagne impervie che supera grazie alla sua eccelsa preparazione militare Jack arriva in Cecenia e rintraccia suo cognato Marco Bassani, l’ex giornalista che ha lasciato l’Italia e ora è un leader dei ribelli.
Selina decisa a diventare una “vedova nera”, seppur affascinata da Marco che ha conquistato i ceceni con il suo carisma e il suo coraggio, lega il proprio destino a quello di Jack e insieme intraprendono una strada che li conduce a Mosca per una missione che potrebbe essere senza ritorno. Alleati nel dolore e dalla volontà di vendicare le vite perdute delle persone che hanno amato, Jack e Selina tentano di fermare i progetti criminosi del ministro della Difesa Vladimir Vladimirovic Volkov (non è difficile riconoscere nell’aspetto e nella biografia l’attuale capo del Cremlino!) e se riusciranno nel loro intento, forse, il mondo sarà un posto migliore in cui vivere. Il tema della vendetta, uno degli elementi centrali del romanzo, offre lo spunto per nuovi interrogativi e ci riporta inevitabilmente ai grandi capolavori della letteratura classica che l’hanno utilizzata come fulcro della storia dimostrando che il desiderio di rivalsa è insito nell’animo umano. E allora – si chiede uno dei protagonisti – “la vendetta può essere moralmente accettabile? Anche nella vendetta c’è qualcosa di nobile?”
Quello di Enrico Franceschini è un thriller politico che trascina il lettore in una storia ricca di colpi di scena, di giochi di potere spietati, con personaggi avidi e corrotti oppure colpiti da un destino infausto o, ancora, con un passato doloroso da riscattare. Figure che rimangono scolpite nella mente del lettore come la geografia dei luoghi che l’autore descrive con quel talento narrativo che appartiene solo agli scrittori di razza, oltre che ai giornalisti capaci di “fotografare” con la penna ciò che hanno visto e incontrato nelle loro missioni: dai rilievi impervi della Cecenia alla città di Grozny sotto i bombardamenti russi, dalle piste da sci di Courchevel ai palazzi lussuosi di oligarchi corrotti, dagli spazi immensi della Piazza Rossa dove svettano i bulbi colorati della cattedrale di San Basilio alle brughiere battute dal vento nelle Highlands scozzesi con le cime delle montagne punteggiate di neve.
Non riveliamo ulteriori dettagli della trama per lasciare intatto il piacere di scoprire il finale emozionante e carico di suspense di un romanzo che ha il ritmo narrativo di una spy-story e che non ha nulla da invidiare ai libri di John Le Carré, Daniel Silva o a quelli di Robert Harris con le sue ucronie, quel genere di narrativa basato su avvenimenti storici immaginari alternativi a quelli realmente accaduti.
Con “Le notti di Mosca” Enrico Franceschini disegna una “storia alternativa” che non è troppo romanzesca perché - come argomenta l’autore nel post-scriptum – la Russia che ha invaso l’Ucraina nel 2022 provocando migliaia di vittime avrebbe potuto essere un paese libero, democratico e amico dell’Occidente se il presidente Eltsin avesse scelto un capo del Cremlino diverso da Putin, come Boris Nemtsov diventato leader dell’opposizione e, purtroppo, assassinato nel 2015 nella piazza Rossa.
Rimane la speranza che questa storia alternativa possa, prima o poi, diventare una realtà;
“e che le notti di Mosca, anziché segnate da intrighi, minacce e tirannia, possano tornare a essere dolci e tenere” come nella canzone “Le sere di Mosca” che Selina fa ascoltare a Jack e che è stata di ispirazione per il titolo del romanzo.