I correttori del voto sbagliano i conti
Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero
Data: 01/04/2025
Pagina: 1
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: Ma i correttori della democrazia hanno sbagliato i calcoli

Riprendiamo da LIBERO di oggi 01/04/2025, a pag. 1, con il titolo "Ma i correttori della democrazia hanno sbagliato i calcoli", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Marine Le Pen condannata ed esclusa dal voto. In Italia, così come in Israele, siamo abituati agli interventi a gamba tesa della magistratura nella politica. Ma "correggere" la democrazia, quando il popolo si ostina a votare "male" è un boomerang. Si ritorce, prima o poi, contro i correttori, come si è visto in Italia, in Israele, negli Usa.

I lettori di Libero arrivano ultrapreparati all’assalto giudiziario che ieri si è materializzato contro Marine Le Pen. È il metodo -Berlusconi, collaudato in Italia dal 1994 in poi. Più tardi è diventato il metodo-Salvini, con la sequenza di accuse e processi contro il leader leghista. Ma – siccome la specialità italiana è l’export – questo impasto di aggressioni mediatiche e giudiziarie, questo uso politico della giustizia, siamo stati capaci di esportarlo nel mondo. Per qualche anno, fino alle elezioni di novembre 2024, negli Usa ci hanno provato addirittura selvaggiamente contro Donald Trump. Mentre in Romania quel metodo (...) è stato applicato a due riprese, da dicembre fino a dieci giorni fa, contro Calin Georgescu.
Per carità: ogni caso è diverso da un altro, e nessun leader è sovrapponibile agli altri. Così come in alcuni casi si è usato lo strumento penale, in altri l’escamotage delle contestazioni sulle modalità di presentazione delle candidature, in altri ancora (a Bucarest) la carta delle “influenze esterne”. Ma la logica di fondo è la stessa: “correggere” la democrazia, applicare misure “ortopediche” a un popolo che voti o possa votare “male”.
Non a caso, per Marine Le Pen, la fretta non era tanto quella della condanna penale: ma quella di sancire l’ineleggibilità della leader di destra. Tanto quanto per il Cav si corse a decretarne la decadenza da senatore, o per il leader rumeno la non candidabilità preventiva. Ecco il punto: il soggetto “sgradito” sarebbe votato? E allora non deve essere più votabile.
E fin qui – si diceva – siamo fin troppo preparati. Ma c’è una novità interessante in tanto buio. I “correttori” della democrazia hanno calcolato tutto tranne un “dettaglio”: e cioè la reazione del popolo.
In Italia, a ben vedere, un trentennio di uso politico della giustizia ha distrutto la credibilità della sinistra e pure quella della magistratura. Negli Usa, Trump ha trionfato nonostante la mostrificazione e l’aggressione giudiziaria.
In Romania, anche dopo l’esclusione di Georgescu, la destra e i sovranisti godono di sondaggi promettenti. E in Francia – non è un paradosso – una vittoria della destra alle presidenziali del 2027 non è mai stata tanto probabile quanto lo è oggi.
A ben vedere, in tutti questi anni, la Le Pen è stata in grado di avanzare e crescere elettoralmente, ma non di battere Emmanuel Macron. Il suo giovane delfino Bardella è apparso acerbo e non sufficientemente attrezzato sul piano dei contenuti. Ma ora hanno ciò che mancava, e gliel’hanno fornito i loro arcinemici: la condizione (vera, non posticcia) di vittime, di aggrediti, di ostracizzati.
E questa loro condizione si incrocerà perfettamente con l’indignazione popolare che già si registra sui social. Che dice a se stesso il cittadino comune? Vogliono impedirmi di scegliere, vogliono restringere lo spettro della mia libertà, vogliono eterodeterminarmi. E automaticamente, anche in molti cosiddetti “moderati”, scatta una grande e sanissima voglia di ribellione.
C’è da giurarlo, e con Trump infatti è andata così. Le elezioni, più ancora che un’occasione per votare per lui, sono diventate una meravigliosa opportunità per vendicarsi contro gli altri, contro la loro prepotenza, la loro presunzione di superiorità, i loro sorrisini, e – in molti casi – la loro propensione a bypassare la democrazia. Un’occasione per punirli.
Da ultimo, va segnalata una sorpresa assoluta. C’è un leader politico francese di estrema sinistra che qui a Libero giustamente detestiamo. Si tratta di Jean-Luc Mélenchon, fondatore di La France insoumise: un estremista, un vecchio comunista, un anti-israeliano, e forse anche peggio di tutto questo.
Eppure ieri Mélenchon ha scritto sui suoi canali social parole semplicemente perfette: «La decisione di rimuovere un rappresentante eletto dovrebbe spettare al popolo».
Non ad altri.
Ecco: ci voleva un vecchio comunista francese per dire – bene – quello che i campioni del progressismo italiano (cosiddetti “riformisti” inclusi) non hanno mai osato nemmeno balbettare verso Berlusconi o Salvini. Non avrei mai pensato di scriverlo, ma lo faccio volentieri: bravo Mélenchon, ha dato una gran lezione alla sinistra italiana.

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