Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/03/2025, l'articolo originariamente pubblicato sul Wall Street Journal, scritto da Walter Russell Mead e tradotto da Giulio Meotti nella sezione Un Foglio Internazionale dal titolo: "Il medio oriente è nel caos e a Trump non piace".
Anche prima che le figure di spicco della Sicurezza nazionale discutessero di piani di guerra segreti in una chat di Signal, che inavvertitamente includeva un giornalista dell’Atlantic, era chiaro che la March Madness era scoppiata in medio oriente” scrive Walter Russell Mead sul Wall Street Journal. “Conflitti militari e disordini politici sono simultaneamente in ebollizione in tutta la regione. Trump sta inviando un secondo gruppo di portaerei nella regione mentre si intensifica lo scontro degli Stati Uniti con gli Houthi. L’Iran, sconvolto dalle sue perdite catastrofiche e umilianti contro Israele, esita tra le alternative di un’accelerazione nucleare e un accordo con i nemici. Mentre i mercati finanziari turchi crollavano e i dimostranti in tutto il paese chiedevano la democrazia, il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan ha incarcerato il suo più formidabile rivale con accuse di corruzione. Le truppe israeliane sono tornate a Gaza mentre aumentavano la pressione in Siria e Libano. Le strade israeliane si sono riempite di nuovo di manifestanti che denunciavano il governo di Benjamin Netanyahu, mentre il governo licenziava il capo dell’agenzia di intelligence interna e avviava le procedure per estromettere il procuratore generale, e i missili Houthi mandavano milioni di israeliani nei rifugi.
Nel frattempo, Israele sta uscendo dalla guerra con l’Iran e i suoi delegati più potente e meno isolato di prima, ma i suoi problemi fondamentali, interni ed esterni, rimangono irrisolti. Mai dai tempi successivi alla guerra d’indipendenza israeliana i palestinesi sono stati così deboli o così divisi. Sia a Gaza che in Cisgiordania, i palestinesi potrebbero dover affrontare nuove annessioni israeliane mentre il conflitto si trascina. Eppure il peggior incubo di Israele, il programma nucleare iraniano, sta diventando, se non altro, un pericolo maggiore. La resistenza palestinese rimane una spina nel fianco di Israele,
mentre l’econo mia e la società israeliana barcollano sotto il peso di una guerra lunga e costosa. Le divisioni interne tra gli israeliani minacciano di dividere il paese tra destra e sinistra, religiosi e laici. Se un alto numero di palestinesi della Cisgiordania sentisse il richiamo della sirena del terrorismo e della vendetta, potrebbero verificarsi anche annessioni israeliane in Cisgiordania.
I palestinesi hanno ragione a temere che l’interesse di Trump nel ‘trasferire’ i palestinesi da Gaza rappresenti una svolta. Incoraggiare i palestinesi a emigrare da Gaza e dalla Cisgiordania potrebbe diventare una caratteristica più importante della politica israeliana e americana. La domanda più importante in medio oriente oggi riguarda il futuro ruolo dell’America. Tutti gli occhi sono puntati su Trump. Tutti vogliono il sostegno americano; tutti temono le conseguenze se il presidente americano si schierasse dalla parte dei loro rivali. L’agenda di Trump in medio oriente è semplice. Vuole ciò che ogni presidente americano ha voluto dalla Seconda guerra mondiale: un medio oriente tranquillo che pompa petrolio e gas e acquista beni americani (comprese le armi) senza coinvolgere gli Stati Uniti in altre guerre. Le potenze del medio oriente che cercano l’amicizia di Trump dovrebbero tenerlo a mente. I paesi che gli offrono stabilità al costo più basso sono quelli che hanno maggiori probabilità di godere del suo sostegno”.
(Traduzione di Giulio Meotti)
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