L’Occidente è babbeo ma superiore alle altre civiltà
Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti
Data: 30/03/2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: I relativisti si arrendano: l'Occidente è babbeo, ma superiore alle altre civiltà

Riprendiamo il commento di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "I relativisti si arrendano: l'Occidente è babbeo, ma superiore alle altre civiltà".


Giulio Meotti

Fawzia Amin Sido rapita durante il genocidio degli yazidi ad opera dell'Isis nel 2014, dopo essere stata venduta come schiava da un padrone all'altro è finita fino a Gaza, dove è stata finalmente liberata dagli israeliani. Oggi vive, libera, in Germania.

Nell’estate del 2014 l’Isis massacra e rapisce migliaia di yazidi in Iraq. Un genocidio, con lo stupro di migliaia di donne e bambine finite schiave sessuali.

Fawzia Amin Sido è una di loro. Aveva 11 anni, venne rapita, venduta 5 volte, drogata e violentata e dalla Siria è finita a Gaza. Ha avuto due figli dal suo stupratore, un capo di Hamas. Dopo il massacro del 7 ottobre, Fawzia è stata costretta a lavorare in un ospedale usato come base dei terroristi. Il 1 ottobre 2024, grazie a un’operazione internazionale, Fawzia è salvata dall’esercito israeliano a Gaza. Oggi si trova in Germania.

“Ripenso a tutto ciò che mi è successo come a un incubo, temevo che non sarei mai uscita e ora sono in Germania, ma ho dovuto lasciare i miei figli a Gaza”, racconta Fawzia al giornale israeliano Yedioth Ahronoth.

Fawzia venne tenuta per nove mesi in una prigione dell’Isis: “Entravano e se gli piaceva una ragazza la portavano con sè”.

Fawzia è data a un uomo che l'ha violentata per la prima volta quando aveva 10 anni. Sarà venduta cinque volte, a “un siriano, un saudita, un altro siriano” e infine al combattente jihadista di Gaza che “l'ha sposata”. Lo conosceva con il suo nome di battaglia di Abu Amar al-Makdisi. “Makdisi” è il termine preferito tra i jihadisti per un musulmano palestinese. Si riferisce al termine islamico per Gerusalemme “Bayt al-Makdis”.

Il quinto uomo che l'ha comprata era un palestinese dell'Isis di dieci anni più grande di lei. Ha drogato Fawzia e ripetutamente abusato sessualmente di lei e, all’età di 15 anni, Fawzia ha dato alla luce due bambini: un maschio e una femmina. Nel 2018, l’Isis è cacciato dal suo territorio sotto le bombe dell’Amministrazione Trump e grazie al coraggio dei curdi e Fawzia ha perso i contatti con il suo rapitore. La ragazzina è stata mandata nel campo di Al-Hawl, dove tenevano i terroristi dell’Isis. “Le donne dell’Isis sono state molto cattive con me, mi hanno costretta a lavorare per loro. Hanno cercato di costringermi a essere musulmana”.

Otto mesi dopo essere stata portata al campo, Fawzia ha detto di aver ricevuto la notizia che il suo rapitore palestinese era in prigione a Idlib, in Siria. Fawzia è stata portata via Turchia ed Egitto con un passaporto falso prima di essere condotta a Gaza nel 2020.

“Tutti gli ospedali venivano usati come basi di Hamas. Avevano tutti armi, tutti avevano armi ovunque. Quando ero in Israele e sapevo che non c'era più Hamas ed ero libera, ero molto felice. Potevo respirare di nuovo. Non c'è differenza tra Hamas e Isis. Non credevo che mi avrebbero salvata finché non l'ho fatto”.

Hamas ha una “Commissione per le donne” e questa è la sua presidente: Fatima Shurab. Membro del Politburo dell'organizzazione terroristica, incarna il perfetto cinismo di un gruppo islamico che strumentalizza il femminismo opprimendo le donne in nome della legge della sharia e che costruisce ponti in Occidente.

Ha detto l'avvocato di Fawzia alla Zeit: “Dopo dieci anni di prigionia, deve imparare a essere di nuovo umana”.

“Non ci sono parole per descrivere la mia felicità in questo momento”, gioisce il fratello maggiore di Fawzia che ora vive con lei in Germania in un indirizzo segreto. “Era una bambina l'ultima volta che l'ho vista”.

Fawzia è stata salvata dall’esercito con la stella di Davide in terra di Califfati e ora vuole studiare medicina in Europa. L’ex schiava del sesso dell’Isis, la yazida e Nobel per la pace Nadia Murad, è andata in Israele elogiando lo stato ebraico.

“Non rinunciano alla cultura occidentale, quindi dobbiamo ucciderli”, dicono i Talebani alla BBC. “Cultura occidentale”. Ne sa qualcosa Marzieh Hamidi, ventuno anni, un’atleta campionessa di taekwondo e rifugiata in Francia. Rifugiata, perché Marzieh è afghana e sotto scorta nel paese dei Lumi. Oggi, grazie ad una borsa di studio, Marzieh si allena con la nazionale francese all’Insep (Institut national du sport, de l'expertise et de la performance).

Rahaf Mohammed voleva arrivare in Australia per chiedere asilo. Ma una volta atterrata all’aeroporto internazionale di Bangkok è stata fermata. Alle autorità tailandesi, i sauditi avevano chiesto il rimpatrio di Rahaf. Così si è barricata in albergo, chiedendo asilo ai paesi occidentali. Ha dichiarato di essere in fuga dall’Arabia Saudita perché apostata. Aveva abbandonato l’islam. Un “crimine” che comporta la pena di morte in Arabia Saudita. Rahaf attacca le femministe occidentali che difendono i veli: “È semplicemente ridicolo. L'hijab è un simbolo di oppressione perché le donne sono costrette a indossarlo, altrimenti vengono picchiate, perseguitate, fino a quando non accettano di indossarlo! Non è giusto che una donna occidentale che gode della sua libertà e non indossa l'hijab, o che non ne sa nulla, lo difenda. Non pensano a quelle donne che sono costrette a indossarlo o a quelle che subiscono violenze per non averlo indossato. Se sei una femminista, non puoi difendere l'Islam perché l'Islam non dà uguali diritti alle donne. Che le donne debbano coprirsi con l'hijab per aiutare gli uomini a controllare il loro desiderio sessuale è semplicemente disgustoso!”. Adesso Rahaf vive in ​​Canada. “E non sono mai stata più felice in vita mia. Mi godo ogni piccolo momento della mia libertà! Anche camminare liberamente quando voglio significa molto per me”.

Anche Asia Bibi, dopo dieci anni nel braccio della morte pakistano, ha trovato una nuova vita in Canada. “Vive ancora nella paura di essere assassinata”. Il suo caso ha portato all'uccisione di due importanti politici pakistani e scatenato rivolte e proteste di massa in un decennio. Dopo il suo arresto per “blasfemia”, il marito e i figli sono andati a nascondersi, cambiando casa quindici volte nell'arco di cinque anni. Asia frequenta una chiesa in Canada. “Ma non mi sono presentata, non sanno da dove vengo o chi sono”. Gli islamisti avevano messo una taglia sulla sua testa di 678.000 dollari.

Masih Alinejad, la donna simbolo delle battaglie contro il velo di stato in Iran, vive a New York, dove deve essere protetta come un capo di stato. Ha già cambiato ventuno “case sicure” in soli tre anni. “A volte, durante la notte, mi sveglio e non so dove mi trovo. E’ come se mi svegliassi e non sapessi, questa è casa mia? Questo è un hotel? È un rifugio?”. L’Iran ha pagato mezzo milione di dollari per ucciderla.

Ma c’è un Occidente che si duole per gli studenti mediorientali che per anni hanno usufruito delle nostre libertà materiali e culturali per agitare le università a favore dei terroristi islamici e ora che Donald Trump vuole rispedire a casa.

Questi dissidenti islamici sono in trappola: da un lato vedono l’Occidente “decadere” come ha detto Boualem Sansal prima dell’arresto, dall’altro sono gli unici a ricordarci che, anche se sempre più babbeo, resta superiore a tutte le altre civiltà.

“È una delle storie d'amore più bizzarre degli ultimi decenni: l'amore di molti di sinistra per l'Islam” scrive Martin Niewendick sulla Welt tedesca. “Le persone protestano insieme agli islamisti che chiamano ‘Allahu Akbar’ contro lo stato dei sopravvissuti all'Olocausto e dei loro discendenti, vedono il regime spietato iraniano apocalittico come il potere anti-imperialista ideale e cantano: ‘L'hijab è emancipazione’. Quando l'avvocatessa iraniana Nasrin Sotoudeh è stata condannata a più di 30 anni di prigione e 148 frustate, tra le altre cose, per ‘comportamento peccaminoso in pubblico senza velo’, quelle persone sono rimaste in silenzio. Ci vorranno generazioni di psicologi per rendere comprensibile questa nuova sinistra. È stanchezza di civiltà? Maoismo-masochismo? Sindrome di Stoccolma? Si può solo desiderare che questi sinistrorsi non debbano mai vivere nella società per cui tifano”.

Cinque donne sono scappate dall’inferno per cui molti occidentali fanno il tifo.

Non finire schiava sessuale, poter cambiare religione, essere libera di fare sport, non dover portare il velo e praticare la fede cristiana senza temere per la propria vita: non chiedevano tanto queste donne.

Tuttavia, la loro accoglienza in Occidente temo sia l’eco di una consapevolezza perduta. Basta considerare che l’Inghilterra ha rifiutato di offrire l’asilo ad Asia Bibi perché avrebbe potuto causare “sollevazioni violente” da parte della popolazione musulmana inglese, che i diplomatici tedeschi hanno cercato di tenere nascosta una riunione con l’iraniana Masih Alinejad, che in Canada hanno cancellato la presentazione del libro della sopravvissuta agli stupri dell’Isis Nadia Murad per “islamofobia” e che la sinistra si è schierata contro Boualem Sansal.

Temo che tra 10-20 anni non leggeremo più storie di queste dissidenti in Occidente, dove le infermiere in America giustificano il rapimento, lo strangolamento e la mutilazione dei fratellini Bibas e della madre.

Intanto le storie della ragazza yazida, della saudita, dell’afghana, dell’iraniana e della pakistana (tutte costrette a vivere protette dalla polizia o in indirizzi segreti) mi hanno fatto tornare in mente quanto scrisse il fondatore dell’antropologia moderna, Claude Lévi-Strauss, “l’ultimo dei giganti”, uno che, come ha detto Elisabeth Badinter a Le Monde, da “relativista culturale ci ha insegnato a guardarci dal peccato dell'etnocentrismo, a pensare che nessuna cultura è superiore alle altre”.

Claude Lévi-Strauss

Esattamente 40 anni fa, nel 1985, Lévi-Strauss, grande etnologo polimorfo, filosofo strutturalista e “anarchico di destra” (come si è sempre definito), scandì una visione anti-ecumenica e senza precedenti dell'Occidente: “Ho cominciato a riflettere in un'epoca in cui la nostra cultura aggrediva altre culture e a quel tempo mi sono eretto a loro difensore e testimone. Oggi ho l'impressione che il movimento si sia invertito e che la nostra cultura sia finita sulla difensiva di fronte a minacce esterne, fra le quali figura probabilmente l'esplosione islamica. E di colpo mi sono ritrovato a essere un difensore etnologico e fermamente deciso della mia stessa cultura”.

I relativisti dunque si arrendano: le civiltà non sono tutte uguali e noi siamo migliori di loro, anche se “nessuno crede più all’Occidente, la più grande civiltà della storia”, come disse il grande grecista di Yale Donald Kagan.

E a ricordarcelo, paradosso non da poco, non sono i nostri docenti universitari, i giornalisti, le femministe, le Greta, ma queste dissidenti che vengono dalla tirannia, la yazida, l’iraniana, la saudita, la pakistana e l’afghana. E allora dovremmo ascoltare la prima di loro, la donna che partì dalla Somalia per arrivare in Olanda e poi negli Stati Uniti e metterci in guardia tutti, Ayaan Hirsi Ali.

Ayaan Hirsi Ali, la grande coraggiosa!

Alla domanda su cosa la tiene sveglia la notte, Ayaan ha risposto:

“La caduta dell’Europa. Quei paesi che cadono come un domino, questo è il mio incubo. Questo è il mio incubo, che l’Occidente inizi a crollare”.

La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).

Abbonarsi alla sua newsletter costa meno di un caffè alla settimana. Li vale.

Per abbonarsi, clicca qui

giuliomeotti@hotmail.com