Così Trump e Putin usano la stessa retorica
Analisi di Anna Zafesova
Testata: La Stampa
Data: 29/03/2025
Pagina: 11
Autore: Anna Zafesova
Titolo: La sintonia tra Donald e lo Zar ribalta le regole della diplomazia

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/03/2025, a pag. 11, il commento di Anna Zafesova dal titolo "La sintonia tra Donald e lo Zar ribalta le regole della diplomazia".

ad Alessandria con Anna Zafesova ...
Anna Zafesova

Trump rilancia la retorica di Putin e accetta tutte le sue condizioni. Va oltre le più ottimistiche previsioni di Mosca. Putin vuole continuare la guerra fino all'annientamento dell'Ucraina, benché finga di trattare su una tregua (che non c'è).

Ormai Vladimir Putin e Donald Trump appaiono in sintonia anche nel loro metodo mediatico: apparizioni improvvise con dichiarazioni sorprendenti che ribaltano il quadro che la diplomazia aveva costruito nei giorni precedenti. La proposta del presidente russo di introdurre in Ucraina un'amministrazione esterna delle Nazioni Unite solleva l'interrogativo – già presente spesso in chi ascolta le esternazioni del capo della Casa Bianca – su quanto sia al corrente della realtà sul terreno, delle regole internazionali e della fattibilità stessa di quello che vorrebbe realizzare. Del resto, non è la prima volta che Putin chiede l'impossibile: prima di invadere l'Ucraina, all'inizio del 2022, aveva pubblicato un ultimatum in cui chiedeva di negoziare con gli Stati Uniti il passaggio di Kyiv sotto il controllo di Mosca e la ritirata della Nato sostanzialmente ai confini della vecchia Cortina di ferro. La spavalderia di quella richiesta lasciò i diplomatici e gli analisti internazionali interdetti, quasi imbarazzati. Pochi giorni dopo, mentre le città ucraine venivano bombardate e nella capitale si paracadutava un distaccamento di truppe speciali russe, si era capito che quell'ultimatum era stato reso così assurdo appositamente per venire respinto.

Quanto sia stato calcolato un esito simile per ora non è dato sapere. È curioso comunque che Putin, di solito ossessivamente pedante nel ripetere i concetti che gli stanno a cuore, stavolta abbia deciso di cambiare le carte in tavola rispetto alle condizioni che lui stesso aveva posto: negoziato che porta alla tregua, poi elezioni in Ucraina e infine firma di un accordo di pace finale con un nuovo presidente. Soltanto un mese fa aveva anche indicato Ruslan Stefanchuk, presidente del parlamento di Kyiv, come «interlocutore legittimo» al posto di Volodymyr Zelensky il cui mandato, come insiste Mosca, sarebbe scaduto l'anno scorso. Il padrone del Cremlino non cambia facilmente idea, per lui la coerenza è un valore, ed è singolare che oggi invece ritenga che «se Zelensky non è legittimo, non lo è nessuno in Ucraina», in una visione del diritto singolare, che infatti né l'Onu, né l'Ue hanno preso in considerazione, ricordando che a Kyiv siede un governo legittimo e riconosciuto da tutto il mondo.

Resta la domanda se affermare qualcosa di palesemente falso sia una nuova strategia, un diversivo tattico o semplicemente quello che Putin crede e vuole far credere a Trump: che l'Ucraina sia «governata dai nazisti» e che l'esercito russo stia «finendo di fare a pezzi» quello di Kyiv. Entrambi i fatti non trovano alcuna conferma nella realtà, ma il presidente americano aveva già ripetuto diverse volte la propaganda russa – inclusa l'affermazione che Zelensky fosse un «dittatore» – e il messaggio putiniano potrebbe incentivarlo a voltare le spalle agli ucraini. «Putin ha imparato come manipolare l'ego di Trump», scrivono i ricercatori del centro Carnegie Russia Eurasia di Berlino Aleksandr Gabuev, Aleksandra Prokopenko e Tatyana Stanovaya. Probabilmente nemmeno il Cremlino si aspettava che il presidente americano – che nel suo primo mandato aveva mostrato simpatie verso la Russia, ma si era poi rivelato un interlocutore scomodo per Mosca – si sarebbe spostato così tanto su posizioni filorusse. Ma Putin «si rende conto che il favore di Trump, emotivamente volatile e con un raggio di attenzione breve, potrebbe non durare per sempre».

La tattica, secondo il politologo ed ex ghostwriter del Cremlino Abbas Galyamov, sarebbe quindi quella di «non litigare con Trump, per far durare il processo negoziale il più a lungo possibile», complicando ulteriormente le già quasi impraticabili richieste russe. Putin appare davvero convinto che il fronte delle difese ucraine stia per collassare, e per vincere non ha bisogno di una tregua – che infatti non vuole concedere nemmeno per pochi giorni – bensì dell'interruzione degli aiuti militari a Kyiv. Quindi, bisogna far arrabbiare Trump, farlo sentire sfruttato e derubato – dagli ucraini "illegittimi" o dagli europei accusati di essere i «protettori di Zelensky», un titolo riservato da sempre agli americani – e spingerlo a chiudere il dossier Ucraina.

Ma anche se non ci riuscisse, aggiungono gli analisti di Carnegie, il Cremlino crede di avere in mano carte con cui è impossibile perdere. Intanto che prolunga le trattative sulla tregua con pretesti impossibili, Mosca spera di consolidare il dialogo bilaterale con gli Usa, ottenendo un allentamento delle sanzioni e un ripristino dei commerci di tecnologie strategiche come quelle degli aerei civili o del software made in Usa. E se gli americani alla fine non cedessero nemmeno su questo, guadagnerebbe comunque tempo, per continuare intanto a portare avanti la guerra contro l'Ucraina, esattamente come sta facendo ora.

 

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