Riportiamo dal CORRIERE della SERA del 28/03/2025, a pag. 16, con il titolo "Un'altra studentessa arrestata. Il pugno duro di Trump sui campus", il commento di Massimo Gaggi.
Massimo Gaggi
Dopo l’arresto, l’8 marzo, dello studente palestinese della Columbia University, Mahmoud Khalil, considerato un pericolo per la sicurezza nazionale per la sua azione politica nell’ateneo definita antisemita, si moltiplicano i casi di studenti stranieri perseguiti e anche deportati per la loro attività politica riferita alla guerra di Gaza: spesso accusati di sostenere i terroristi di Hamas.
L’ultimo caso, il più inquietante e spettacolare, riguarda la studentessa turca della Tufts University, Rumeysa Ozturk. Prima ancora della natura e della fondatezza delle accuse che le vengono rivolte (materia sulla quale viene mantenuto uno stretto riserbo) a colpire sono le modalità dell’arresto e i toni con cui le autorità americane dichiarano di avere le mani libere nei confronti dei cittadini stranieri: come se la libertà d’espressione garantita dal Primo emendamento della Costituzione non si applicasse loro. Infatti la portavoce del ministero dell’Interno ha liquidato il caso sostenendo che il visto che consente agli studenti stranieri di frequentare le università americane è un privilegio, non un diritto: quindi è revocabile in ogni momento. Senza dover dare troppe spiegazioni.
E, infatti, sono già almeno 300, secondo il sito Axios, gli studenti stranieri che si sono visti revocare il visto che consente loro di risiedere negli Stati Uniti, da quando, tre settimane fa, il dipartimento di Stato di Marco Rubio ha avviato il programma «Catch and Revoke», focalizzato sugli studenti che hanno protestato in modo più acceso contro la guerra a Gaza e chiesto sanzioni nei confronti di Israele.
Un funzionario del ministero degli Esteri ha spiegato che si va a caccia di Hamasniks, cioè di sostenitori di Hamas. Il governo starebbe anche valutando la possibilità di bloccare l’ammissione di studenti stranieri nelle università nelle quali la presenza di elementi «pro Hamas» è considerata rilevante e allarmante.
Per ora l’episodio più choccante è quello dell’arresto, martedì scorso, di Ozturk: catturata in serata da sei agenti dell’immigrazione mascherati che non si sono identificati fino a quando la studentessa musulmana non è stata costretta a salire su un suv, mentre, a Sommerville, nel Massachusetts, stava andando a una cena, la celebrazione della fine del digiuno del Ramadan. L’arresto è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza. Mercoledì l’avvocato della studentessa, Masha Khanbabai, si è rivolta alla magistratura e Indira Tahwani, giudice federale del Massachusetts, ha ordinato alla polizia di non trasferire Ozturk fuori dallo Stato senza aver prima illustrato il caso alla magistratura.
Ma a quel punto l’Ice, la polizia dell’Immigration, ha comunicato che la studentessa turca era stata già trasferita in un centro di detenzione in Louisiana dove sono stati inviati altri studenti accusati di essere sostenitori di Hamas: un trasferimento fulmineo per sottrarsi al prevedibile ordine cautelativo della magistratura in quella che, ormai, è una sfida aperta, e su più fronti, tra amministrazione Trump e tribunali.
Nonostante le pressioni dei rappresentanti diplomatici turchi negli Usa, impossibile, per ora, conoscere le accuse specifiche: un portavoce del dipartimento di Stato ha detto che in casi simili non vengono date informazioni per motivi di privacy e le regole di riservatezze sulla concessione di visti, mentre una portavoce del ministero dell’Interno ha detto che Rubio (il titolare di un altro dicastero) ha «stabilito che le attività della Ozturk hanno conseguenze potenzialmente molto negative per la politica estera americana».
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