La taglia iraniana
Commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio
Data: 29/03/2025
Pagina: IV
Autore: Giulio Meotti
Titolo: La taglia iraniana

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/03/2025, a pagina IV, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "La taglia iraniana".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
A marketplace of outrage
Quanto spende Teheran per avere la testa degli occidentali critici del regime e degli islamisti. Masih Alinejad, giornalista e attivista iraniano-americana, è stata bersaglio di complotti per ucciderla orchestrati dal regime iraniano, con il coinvolgimento di criminali russi e membri della Guardia Rivoluzionaria. Il piano prevedeva il suo assassinio per 500.000 dollari, dopo tentativi di rapimento falliti. L’Iran ha ripetutamente preso di mira oppositori e critici all’estero, tra cui scrittori, politici e giornalisti, dimostrando una minaccia globale alla libertà di espressione

Masih Alinejad aveva appena finito di raccogliere pomodori e cetrioli dal giardino sul retro della sua casa di Brooklyn quando ha visto un uomo. Sembrava “un ragazzo normale”, ha detto in tribunale questa settimana la dissidente iranianoamericana. “Stava camminando e aveva un telefono in mano”. Alinejad lo ha visto parlare e ha detto “cosa?”, pensando che stesse cercando di parlare con lei. Quando Alinejad si è resa conto che stava parlando al telefono si è preoccupata. “Mi sono fatta prendere dal panico e sono corsa alla porta d’ingresso”, ha detto Alinejad. Poi lo ha visto in giardino. Come poi si è scoperto, quell’uomo era il suo aspirante assassino di nome Khalid Mehdiyev, aveva un Ak-47 e Alinejad era il bersaglio di uno straordinario complotto per ucciderla e mettere a tacere una potente voce di opposizione al regime di Teheran.

I procuratori federali hanno dimostrato che Mehdiyev avrebbe dovuto essere il killer di un progetto criminale che coinvolgeva il governo iraniano e i mafiosi russi Rafat Amirov e Polad Omarov. Funzionari iraniani avevano assunto Amirov e Omarov per uccidere Alinejad negli Stati Uniti per 500 mila dollari dopo che i precedenti piani erano falliti. Il regime iraniano vuole assassinare Alinejad a causa della sua difesa dei diritti e della libertà delle donne.

Solo pochi ciuffi di capelli di Alinejad erano visibili mentre camminava in Iran con suo fratello un giorno di oltre un decennio fa. Ma sufficienti per la “polizia morale” degli ayatollah. “Hanno picchiato mio fratello davanti a me”, ha testimoniato a Manhattan. Fu arrestata da adolescente dai servizi di sicurezza iraniani e interrogata su un gruppo clandestino che sosteneva la libertà e che lei stessa aveva contribuito a formare. Alinejad ha detto che il gruppo aveva letto “libri proibiti, libri clandestini” e distribuito opuscoli. Fu trattenuta per un mese e rilasciata con una pena sospesa di “74 frustate e quattro anni di prigione”. Ha lasciato l’Iran nel 2009 per gli Stati Uniti, dove ha intrapreso un’azione di denuncia del regime iraniano. I giurati a Manhattan hanno guardato un video in cui il giudice capo della Corte rivoluzionaria iraniana annunciava che chiunque avesse fatto un video “relativo alla rimozione dell’hijab” avrebbe potuto trascorrere dieci anni in prigione e che la stessa pena si applicava a chiunque avesse inviato ad Alinejad la registrazione “su qualsiasi cosa che fosse contro il regime”. Per questo hanno provato a ucciderla.

Amirov e Omarov sono stati dichiarati colpevoli presso la corte federale di Manhattan di tentato omicidio su commissione e sostegno di un’associazione a delinquere. Amirov e Omarov hanno pagato Mehdiyev trentamila dollari per uccidere Alinejad. A metà luglio 2022, Amirov ha inviato le foto di Alinejad e della sua casa, nonché il suo indirizzo, a Omirov. Giorni dopo, Mehdiyev ha acquistato un AK-47. I procuratori federali hanno accusato anche Ruhollah Bazghandi, un ufficiale del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche dell’Iran e altri tre, di aver complottato per assassinare Alinejad. I pasdaran hanno tentato di assassinare Alinejad sul suolo americano e complottato per rapirla nel 2020 e nel 2021. “Sono l’unica donna in America in questo momento nel mirino di otto persone, tra cui alti membri dell’esercito di un governo straniero, l’Iran. Sono accusate di aver complottato per uccidermi per aver combattuto per la libertà” ha scritto Alinejad, che ha già cambiato ventuno “case sicure” in tre anni. “A volte, durante la notte, mi sveglio e non so dove mi trovo. E’ come se mi svegliassi e non sapessi, questa è casa mia? Questo è un hotel? E’ un rifugio?”. L’anno scorso, il Dipartimento di Giustizia ha annunciato che Farhad Shakeri, un iraniano con legami con la Guardia Rivoluzionaria, ha diretto due uomini di New York in un altro complotto su commissione che aveva come obiettivo Alinejad. “Dovete solo avere pazienza”, ha detto Shakeri ai suoi complici, secondo i funzionari del Dipartimento di Giustizia. “Dovete aspettare”. Come per Rushdie, l’occasione arriverà.

Shahram Poursafi, membro del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica dell’Iran, è accusato di aver tentato di assoldare criminali negli Stati Uniti per uccidere l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump, John Bolton, un critico accanito dell’Iran, in cambio di 300 mila dollari. Anche l’ex ministro della Giustizia canadese, Irwin Cotler, è stato al centro di un piano simile. Avrebbe dovuto partecipare al sessantesimo anniversario del suo corso di legge alla McGill a Montreal, quando gli è stato comunicato di un imminente tentativo di assassinio entro le successive 48 ore. Nella lista iraniana c’è anche l’ex segretario di Stato, Mike Pompeo, per il quale l’Iran ha messo una taglia di un milione di dollari. Per proteggere gli obiettivi dell’Iran, gli Stati Uniti spendono qualcosa come 150 milioni di dollari all’anno, rivela Politico. Robert O’Brien, consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, si è recato a Parigi nel giugno 2022 per ricevere un premio dal governo francese. La squadra dei servizi segreti incaricata di proteggere O’Brien all’epoca ha individuato due individui mediorientali che seguivano O’Brien per tutta la città. O’Brien fu portato via da una riunione al Ritz.

La polizia antiterrorismo del Regno Unito ha riconosciuto oltre quindici credibili minacce iraniane di uccidere o rapire cittadini britannici o residenti britannici dal 2022. I giornalisti iraniani a Londra hanno subìto minacce di morte e attacchi. Pouria Zeraati, conduttrice di Iran International, un canale televisivo di opposizione in lingua persiana che opera dalla Gran Bretagna, è stata accoltellata fuori dal suo appartamento di Londra. I tre autori di quell’attacco si sono recati all’aeroporto di Heathrow e hanno lasciato il paese nel giro di poche ore, secondo il Metropolitan Police Service. La Svezia ha fermato in tempo due piani iraniani per colpire Saskia Pantell, presidente della Federazione sionista di Svezia, e Aron Verständig, presidente del Consiglio delle comunità ebraiche svedesi.

La scrittrice iraniano-americana Roya Hakakian è stataavvertita dall’Fbi che anche lei è un bersaglio per gli agenti iraniani negli Stati Uniti. Hakakian è l’autrice di “Assassinsof the Turquoise Palace”, straordinario resocontodell’assassinio di quattro oppositori iraniani nel ristorante Mykonos di Berlino nel 1992 e della lunga lotta per la giustizia che ne è seguita. Hakakian lo ha raccontato sullaNew York Review of Books: “Le due persone che hannobussato alla nostra porta spiccavano nel quartiere. Nel Connecticut rurale, dove canottiere e infradito 

sono di moda, nessuno si presenta alla porta di qualcuno in un pomeriggio d’estate vestito con il completo grigio e le scarpe di pelle nera. Dopo aver aperto loro la porta, il mio figlio tredicenne ha urlato, con la stessa indifferenza che aveva usato per l’uomo della Ups, ‘mamma, è l’Fbi!’”.

L’Iran a settembre aveva chiesto la testa di Salwan Momika, il rifugiato assiro dall’Iraq che in Svezia aveva bruciato il Corano e assassinato durante una diretta social. La città sciita irachena di al Kufa, dove era nato Momika, aveva promesso una taglia di due milioni di dollari a chiunque lo avesse ucciso (in palio anche un Corano d’oro). L’Iran lo aveva messo nel mirino, accusando Momika non solo di aver “offeso l’islam”, ma anche di “legami con Israele”. E non c’è soltanto l’Iran.

La taglia promessa a chiunque fosse riuscito a uccidere l’artista svedese Lars Vilks: centomila dollari, compreso un macabro bonus del cinquanta per cento se il disegnatore “sarà sgozzato come un agnello”. L’ex giocatore di cricket pakistano, Khalid Latif, è stato accusato dall’ufficio del pubblico ministero olandese di aver messo una taglia su Geert Wilders: in questo caso più modica la cifra, ventimila euro. Da quando ha deciso di pubblicare le vignette su Maometto, sulla testa del giornalista danese Flemming Rose pende una condanna a morte che si autorigenera nel mondo islamico. I Talebani hanno promesso cento chili d’oro e dall’India un ministro dell’Uttar Pradesh, Haji Qureishi, ha offerto undici milioni di dollari a chi lo decapiterà. Mezzo milione di rupie offerte per la testa della scrittrice bengalese Taslima Nasreen, opinionista, poetessa, saggista, autrice di “Vergogna”, oggetto di una fatwa.

Un ministro del governo pakistano, Ghulam Ahmed Bilour, ha offerto la ricompensa di centomila dollari per chi avesse ucciso il regista di “Innocence of Muslims”, un film anti-Islam che ha scatenato proteste in tutto il mondo musulmano: è un copto che vive in America, Nakoula Basseley Nakoula. L’ex parlamentare pakistano Ikramullah Shahid ha annunciato che avrebbe pagato 200 mila dollari a chiunque avesse ucciso il regista.

150 mila euro: tanto, secondo il Parisien, è stato offerto per la vita di Hassen Chalghoumi, l’imam francese che non dorme mai due notti nello stesso posto e che in pubblico indossa un giubbotto antiproiettile.

Mentre Teheran ha negato di essere dietro all’attacco a Salman Rushdie a New York, prove circostanziali indicano un ruolo di Teheran. Nel 2016 un gruppo di organizzazioni di media iraniane disse di aver raccolto 600 mila dollari da aggiungere alla taglia per l’omicidio del romanziere britannico dei “Versi satanici”. L’agenzia di stampa semiufficiale Fars, una delle organizzazioni coinvolte, ha riferito che la nuova ricompensa in denaro è stata raccolta durante una fiera commerciale chiamata “Digital Media Exhibition” della Repubblica islamica. Un’organizzazione religiosa chiamata 15 Khordad Foundation (prende il nome dalla data della fallita insurrezione khomeinista del 1963 contro l’allora scià di Persia) inizialmente aveva offerto una ricompensa di 2,7 milioni di dollari a chiunque avesse eseguito la fatwa, per poi aumentarla a 3,3 milioni di dollari. Il nuovo denaro, che ha portato la ricompensa totale a quasi quattro milioni di dollari, proveniva da 40 agenzie di stampa elencate da Fars, che ha affermato di aver contribuito con 30 mila dollari. Un’altra fondazione iraniana vicina al regime ha promesso a Hadi Matar, che ha accoltellato quasi a morte Rushdie a New York, mille metri quadrati di terreno come ricompensa.

Era iniziata con gli attacchi alle librerie. Due grandi librerie in Charing Cross Road, Londra, furono incendiate al tempo della fatwa contro Rushdie. Esplosioni nella città di High Wycombe e di nuovo a Londra, in Kings Road. Altri attentati hanno incluso uno in un grande magazzino di Londra (Liberty’s), in connessione con la Penguin Bookshop all’interno del negozio. Ordigni inesplosi sono stati trovati nei negozi Penguin a Guildford, Nottingham e Peterborough. A New York, l’ufficio di un giornale locale, The Riverdale Press, è stato distrutto da bombe incendiarie, in rappresaglia per un editoriale che difendeva il diritto di leggere “I versi satanici”. Poi sono passati a uccidere. L’11 luglio 1991 Hitoshi Igarashi, il traduttore giapponese del romanzo, fu accoltellato a morte ed Ettore Capriolo, il suo traduttore italiano, gravemente ferito. Due anni dopo, l’editore norvegese del romanzo, William Nygaard, fu gravemente ferito a Oslo.

Dopo le condanne dei suoi aspiranti assassini, Alinejad, che ha nove milioni di follower su Instagram, soprattutto tra le giovani donne iraniane in rivolta contro la brutale imposizione del regime dell’hijab, ha castigato il silenzio da parte di esponenti della sinistra occidentale che l’hanno chiamata “islamofoba” e da parte dei “manifestanti del campus che cantavano ‘Io sono Hamas’”. Sarebbe bastato ascoltare chi, al tempo della fatwa contro Rushdie, ci mise in guardia. Come il dissidente polacco Adam Michnik: “Un mondo in cui un fanatico che governa l’Iran può pagare assassini in tutto il mondo è un mondo in cui nessuno è al sicuro”. O Heberto Padilla, il dissidente di Cuba: “E’ come avere l’intera comunità intellettuale mondiale in un unico aereo dirottato”. E John Updike: “Se non riusciamo a essere fermi su questo tema, è perché la nostra benedetta libertà di parola non vale uno spillo”.

Per noi non vale più molto, questa libertà di parola, ma per gli iraniani vale ancora talmente tanto da metterci una taglia e spendere milioni per togliercela.

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