Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 28/03/2025, a pagina 1/III, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "Il 'traditore' amico d’Israele".
Roma. Centinaia di abitanti di Gaza sono scesi in strade disseminate di macerie per esprimere il loro disprezzo per Hamas. A Beit Lahia, cartelli con scritto “Fuori Hamas” e “Hamas terroristi”. A Londra, forse, verrebbero arrestati. L’attivista di origine iraniana Niyak Ghorbani va alle manifestazioni antisraeliane a Londra con il suo striscione “Hamas è terrorista” e viene arrestato. Se uno di quegli impavidi palestinesi provasse a criticare Hamas in occidente verrebbe sgridato dai nostri “progressisti” e marchiato come “lacchè sionista” e “apologeta del genocidio”. E’ successo anche all’unico scrittore arabo che non ha boicottato il festival del libro di Parigi dove Israele era l’ospite d’onore e che poi è andato a visitare Israele dicendo di esserne tornato “felice”. Si tratta di Boualem Sansal, il “Navalny algerino” come lo chiama il Figaro, condannato a cinque anni di carcere in Algeria e che da quel 16 novembre in cui venne arrestato è definito rappresentante della “Francia macroniana- sionista”, uno che dovrebbe prendere un “avvocato non ebreo”. Elisabeth Badinter sul Journal du dimanche dice: “Questo è l’affaire Dreyfus dell’Algeria. Il suo coraggio e la sua fermezza hanno messo a rischio la sua salute e anche la sua vita. Pochi uomini o donne sono in grado di difendere i propri princìpi a un tale prezzo”.
Paul Berman sul New Republic ha definito Sansal “il romanziere che ha spaventato Hamas e la Lega araba”. Ogni anno il festival del libro di Parigi, il Salon du livre, sceglie un paese come ospite d’onore: nel 2008 il paese d’onore era Israele, in onore del sessantesimo anniversario dello stato ebraico. Ma il 2008 è anche il sessantesimo anniversario del boicottaggio di Israele da parte della Lega araba e il boicottaggio doveva essere unanime fra gli scrittori arabi. Gli scrittori e gli editori algerini sono compatti. Poi i loro omologhi marocchini, tunisini e libanesi. Sansal è l’unico scrittore arabo che si presenta a Parigi per parlare del suo romanzo sull’odio per gli ebrei nel mondo arabo, “Le Village de l’Allemand”. Primo peccato capitale.
Quattro anni dopo, Sansal è invitato alla Fiera del libro di Gerusalemme. Ha ricevuto l’invito dall’organizzatore, TalKramer. “Paura e tremore: un invito da Israele, il nemico mortale degli arabi e dei musulmani”,
scriverà Sansal. “Sicuramente tutti devono già sapere che ho tra le mani un invito dal nemico! A peggiorare le cose, Kramer propone di farmi l’ospite d’onore. Accetto”. Hamas emette una fatwa: “Mi accusano di aver commesso alto tradimento contro l’islam. Di nuovo, cosa fare: obbedire o sfidarli? Sono paralizzato dalla paura, le strade di Algeri pullulano di islamisti che lavorano per Hamas, Hezbollah, Ahmadinejad, al Qaida. Non importa, una volta fatto il primo passo non si torna indietro, e se scoppia una guerra, fai del tuo meglio per non perderla. Mando un messaggio di testo a mia moglie, ricordandole di telefonare ad alcuni amici a Parigi. Se vengo arrestato all’aeroporto, possono mobilitare il sostegno internazionale. Stranamente, tutto va bene. O il governo non sa nulla del mio viaggio di amicizia con il nemico, o non gli importa, o ha rinviato la punizione a più tardi”.
Nessuno in Algeria lo avrebbe mai perdonato, la punizione sarebbe arrivata e proprio con un arresto all’aeroporto. La stampa si scatena contro il “traditore” venduto alla “lobby sionista”. Sansal è accusato di alto tradimento e considerato un “agente del Mossad”. Aggiunge un ulteriore livello di sfida, Sansal, quando scrive sull’Huffington Post: “Sono andato in Israele e sono tornato felice”. Gli era appena stato conferito l’Arab Novel Prize, finanziato dal Consiglio degli ambasciatori arabi e con una giuria composta da personalità come Hélène Carrère d’Encausse e Tahar Ben Jelloun. Sansal era andato al Muro del pianto per dire: “Io amo Israele”. Si era messo la kippah, aveva parlato con i rabbini israeliani.
Così a Sansal tolgono il premio. Aveva anche osato chiamare Israele “Israele”, non “entità sionista” o “forze di occupazione”, come si usa ad Algeri. Il capo della giuria che ha assegnato il premio, Olivier Poivre d’Arvor, direttore della radio France Culture, si è dimesso con una lettera aperta, definendo il legame tra la dichiarazione di Hamas e il ritiro del premio “una sordida verità”. “Hamas ha immediatamente rilasciato una dichiarazione definendo la sua presenza un atto di tradimento contro i palestinesi”, avrebbe detto Poivre d’Arvor. “La reazione dell’Arab Ambassadors Council è stata una conseguenza diretta di ciò”. Secondo peccato capitale.
“Il coraggio di Boualem Sansal non sta solo in ciò che dice, ma anche in ciò che fa” ha scritto il romanziere siriano Omar Youssef Souleimane. “Nel 2012, Sansal ha visitato Israele, il primo scrittore di origine araba a visitare lo stato ebraico per partecipare a un festival letterario. Fu accusato negli ambienti intellettuali arabi di essere ‘un agente del sionismo’. Non sorprende che visitare lo stato ebraico nella sfera arabo-musulmana sia considerato un tradimento imperdonabile”.
Una settimana dopo il ritiro del premio, uno svizzero, il poeta Shmuel Thierry Meyer, chiama Sansal per offrirgli i 15 mila euro del premio che il Consiglio gli ha negato. “Quando rifiuto la sua offerta, il generoso donatore insiste e propone di dare i soldi a un’associazione di beneficenza” racconterà Sansal. “Accetto. Le organizzazioni di beneficenza hanno bisogno di soldi. Scelgo ‘Un coeur pour la paix’, un’associazione di medici francesi e israeliani che curano bambini palestinesi affetti da malattie cardiache. I bambini vengono curati all’ospedale Hadassah”. Ma come si scoprirà il 7 ottobre, gli islamisti non hanno amici in Israele, neanche fra chi cura i palestinesi, mentre sembra averne molti in occidente.
Nel 2014 Sansal è uno dei pochi a criticare la direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, per aver annullato su richiesta degli ambasciatori arabi una mostra sul patrimonio archeologico di Israele. La mostra “Il popolo, il libro, la terra: 3.500 anni di relazioni tra il popolo ebraico e la Terra Santa” era stata curata dal defunto professor Robert Wistrich dell’Università di Gerusalemme e con il sostegno dell’Unesco. Ventiquattro pannelli presentavano la storia ebraica dai profeti biblici ai regni di Davide e Salomone, dagli esili di Babilonia e Persia al ritorno a Gerusalemme, dall’occupazione della Giudea da parte dei Romani alla nascita del cristianesimo, dalle Crociate alla conquista musulmana, dalla diaspora alla Shoah fino al sionismo. Il comitato della mostra comprendeva il defunto Elie Wiesel, padre Patrick Desbois, l’arcivescovo di Canterbury Lord Carey e Sansal, unico arabo. Terzo peccato capitale.
Poi arriva il 7 ottobre e Sansal difende Israele e la sua guerra a Hamas, dice che lo stato ebraico è come un “villaggio gallico” in una terra che doveva restare tutta islamica, un affronto per la Ummah, un pezzo d’occidente da difendere se vogliamo salvare anche i nostri Lumi. Quarto peccato capitale.
La stampa algerina torna ad attaccarlo: “Secondo il protetto sionista Boualem Sansal, con l’attacco di Hamas a Israele l’islam ha scatenato una guerra santa contro l’occidente, ha dichiarato in una intervista al quotidiano Figaro”. Sansal partecipa alle manifestazioni degli “amici del Crif”, il Conseil représentatif des institutions juives de France. Nessun altro scrittore arabo si fa vedere. La stampa algerina nota anche questo: “L’alleanza fra il Crif e Sansal”.
Per aver visitato Israele, lo scrittore egiziano Ali Salem aveva già visto la sua carriera distrutta. Era il 1994, quando a pochi mesi dalla firma degli accordi di Oslo, lo scrittore satirico scelse di entrare in Israele. “Non un viaggio d’amore, ma un tentativo di sradicare l’odio”, dirà. Ne nacque un libro, “My drive to Israel”. Prima l’associazione egiziana dei cineasti e poi quella degli scrittori cacciano Salem per aver visitato Israele. I teatri vietano le sue pièce. Il boicottaggio avrebbe colpito anche un altro scrittore algerino, Yasmina Khadra, reo di favorire la normalizzazione con lo stato ebraico. La Lega araba ha chiesto di boicottare i suoi romanzi.
Ecco perché su Sansal sono stati così prudenti e reticenti tanti parlamentari e giornalisti e i cosiddetti “difensori dei diritti umani”, come Amnesty International (che ha chiesto rispettosamente lumi ad Algeri, avere qualche “dettaglio” in più, non certo per “intromettersi”). Pochi ricordano che il suo “2084” apparve fra i candidati al blasone dei premi letterari. Ma dopo qualche giorno non figurava più nelle liste dei prestigiosi Renaudot e Médicis. Secondo Sansal, “i giurati temono quanto affermo e gli editori non hanno osato attribuire un premio a un autore secondo il quale l’islam è una vergogna”. E ora l’autore di un grande romanzo che sulle tracce di Orwell descrive un totalitarismo islamista, simile a quello realizzato dai suoi persecutori, si ritrova in una cella algerina.
Sansal non ha detto “Palestina libera dal fiume al mare”, ma “sono andato in Israele e sono tornato felice”. E nella sua teocrazia letteraria, “2084”, li ha messi tutti di fronte all’incubo di sottostare allo slogan “andiamo a morire per vivere felici”.
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