Le opzioni di Israele
Intervista di Giulio Meotti a Yossi Kuperwasser
Testata: Il Foglio
Data: 26/03/2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: Le opzioni di Israele

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 26/03/2025, a pagina 1/V, il intervista di Giulio Meotti a Yossi Kuperwasser dal titolo: "Le opzioni di Israele".

Informazione Corretta
Giulio Meotti
Brig. Gen. (res.) Yossi Kuperwasser,The Misgav Institute for National  Security and Zionist Strateg
Yossi Kuperwasser afferma che Israele sta valutando un'operazione militare per riprendere il controllo di Gaza e liberare i 24 ostaggi ancora in mano a Hamas. Il piano, proposto dal capo dell'esercito Eyal Zamir, prevede un governo militare temporaneo, ma non è ancora stato approvato. Una cosa è certa: Hamas non potrà più essere un vicino di Israele, perché ne va della sicurezza degli israeliani e dei gazawi

Roma. Sono passati più di quindici mesi da quando Ilana Gritzewsky è stata liberata dalla prigionia di Hamas a Gaza. Il suo compagno è ancora in ostaggio a Gaza, insieme con altri 24 israeliani e i resti di almeno altri 35 rapiti quel giorno di ottobre. Al New York Times, Gritzewsky ha detto che i suoi rapitori l’hanno picchiata e molestata, ha raccontato di essere svenuta lungo il tragitto e di essersi risvegliata nell’enclave circondata da uomini armati, mezza nuda. Aveva la maglietta alzata che le scopriva il seno e i pantaloni abbassati, con sette uomini armati in piedi sopra di lei. Non sa esattamente cosa le sia successo mentre era svenuta. Come riportare a casa gli altri 24 ostaggi? Ieri il Financial Times (come il Washington Post e il Wall Street Journal) ha scritto che le Forze armate israeliane stanno preparando un piano per avviare una nuova operazione su larga scala a Gaza per occuparne militarmente il territorio. Il piano non è ancora stato approvato dal governo di Benjamin Netanyahu, che tiene aperta la possibilità di proseguire i negoziati con Hamas tramite il Cairo.

Il piano è proposto da Eyal Zamir, il capo dell’esercito entrato in carica a inizio mese. Il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, ieri ha detto che Israele non ha ancora deciso se imporre o meno un governo militare a Gaza.

Le “menti” dell’establishment di sicurezza israeliano sono divise. Ma persino Amos Yadlin, ex capo dell’intelligence militare e non certo di destra, ha affermato che una simile operazione a Gaza avrebbe risvolti positivi: “Questa fase includerà l’occupazione di parti della Striscia e l’istituzione del governo militare, mantenendo il controllo civile e distribuendo cibo ai residenti di Gaza”. Per altri è irrealistico. “L’adesione a questo approccio è resa possibile dalla ‘memoria da pesce rosso’ degli israeliani” scrive su Yedioth Ahronoth Michael Milshtein, uno dei migliori analisti presso il Dayan Center dell’Università di Tel Aviv. “C’è una profonda mancanza di comprensione da parte della leadership israeliana della natura di Hamas, organizzazione per la quale è possibile sacrificare tutti gli abitanti di Gaza e distruggere la regione, ma non per fare concessioni. Non ci sono dubbi che nel lungo termine, per sradicare Hamas, un nemico acerrimo ed eterno, Israele dovrà prendere il controllo della Striscia e rimanervi finché non si sviluppi un’alternativa stabile. Ma questo non è possibile adesso, l’obiettivo è la liberazione degli ostaggi, anche al prezzo di porre fine ai combattimenti”.

“Niente a Gaza è realistico, neanche che Hamas compisse il 7 ottobre” dice al Foglio Yossi Kuperwasser, l’ex direttore dell’unità di ricerca dell’intelligence militare e oggi a capo del Jerusalem Institute for Strategy and Security, il pensatoio dove siedono molti ex consulenti per la sicurezza del governo Netanyahu come Yaakov Amidror. “C’è una parte dell’establishment israeliano che pensa che rientrare aGaza sia l’opzione meno problematica. Quali sono le altre opzioni? Lasciare Hamas al potere a Gaza? Pessima idea. Ci sarà un altro 7 ottobre. L’Autorità Palestinese a Gaza? Questa sì che è irrealistica”. Le trattative con Hamas si sono sempre basate su un grande inganno, dice Kuperwasser. “Hamas vuole tenere alcuni ostaggi per sempre, è la loro assicurazione sulla vita. Lascerebbero gli ostaggi soltanto se rimanesse al potere a Gaza. Lecondizioni che vogliono sono la fine della guerra, rimanere al potere, niente disarmo e controllo del corridoio al confine con l’Egitto. E prepararsi a un altro 7 ottobre. 

Nella logica palestinese, il 7 ottobre è stato un successo: hanno liberato migliaia di terroristi, sono ancora al potere a Gaza e hanno inferto un colpo durissimo a Israele”.

Lo scorso settembre, Netanyahu ha chiesto all’esercito di esaminare la possibilità di prendere in carico la distribuzione degli aiuti a Gaza per impedire a Hamas di rubare le forniture, ma sia l’allora ministro della Difesa Yoav Gallant che l’allora capo di stato maggiore Herzi Halevi si sono opposti. “Dobbiamo ricostruire una presenza militare a Gaza, che potrebbe essere in accordo con la visione di Trump sui palestinesi che accettano di spostarsi” ci dice Kuperwasser. “E per chi resta, Israele dovrebbe fornire una forma di amministrazione civile e militare. C’è un vero dibattito dentro l’establishment di sicurezza. Molti dicono che riprendere Gaza sia problematico. Il punto è se sia più problematico delle altre opzioni. Nessuna forza militare straniera assumerà mai il controllo di Gaza. Non dico che sia semplice, ma sarebbe un prezzo che Israele potrebbe sostenere. Il controllo di Gaza sarebbe temporaneo, un anno o due, il tempo per convincere Gaza che Hamas è finito. Ci sarà un costo, forse sette miliardi di shekel all’anno, e un costo militare”.

E la comunità internazionale accuserebbe Israele di occupazione. “La posizione della comunità internazionale è ipocrita e cinica” conclude Kuperwasser. “Nessuno qui sarebbe sorpreso da un’eventuale accusa di occupazione, ci accusano di occupare Gaza anche se ce ne siamo andati nel 2005. Cosa farebbe l’Italia se, facciamo un esempio, la Slovenia lanciasse un attacco terroristico contro di voi? Lascereste che dalla Slovenia vi bombardassero per venticinque anni? Perché è quello che succede in Israele. Conosciamo il prezzo del non essere più a Gaza. Abbiamo provato con gli accordi di Oslo, poi con il ritiro e fino al 7 ottobre con l’idea di dare loro benessere economico, ma niente ha funzionato”. “Entro la fine del 2005 non resterà nessun israeliano a Gaza”. Così parlò il primo ministro israeliano Ariel Sharon. Vent’anni dopo Israele pensa di tornarci.

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