La società di Gaza non merita i miliardi dell'ONU
Analisi di Stefano Scaletta
Terroristi di Hamas a Gaza portano in trionfo la bara di Kfir Bibas, il neonato rapito il 7 ottobre (da civili palestinesi) e assassinato a mani nude un mese dopo. Nella folla giunta per assistere al macabro spettacolo numerosi bambini palestinesi, musica, canti popolari. Nella società di Gaza uccidere un ebreo è un valore civico.
Provate a chiedere all’ONU se qualcuno sa dove finiscono i soldi delle donazioni diretti ai bambini di Gaza. Ebbene, finiscono dritti nelle tasche di Hamas, che i bambini li alleva come polli in batteria da diciotto anni per farli diventare martiri o, nel migliore dei casi, scudi umani. Dal 2014 al 2020, le agenzie delle Nazioni Unite hanno speso quasi 4,5 miliardi di dollari solo a Gaza. Più dell’80% di questi fondi è stato destinato a UNRWA, responsabile dell’educazione dei bambini nella striscia, e mentre la popolazione palestinese piangeva miseria la leadership di Hamas ha accumulato immense fortune.
Hamas governa dal 2007 con metodi nazisti: partito unico, zero elezioni, militarismo estremo, antisemitismo, eliminazione fisica dell’avversario politico, per citare solo alcuni punti di contatto. Chi guarda da casa il conflitto israelo-palestinese finisce per scambiare l’islamismo di Hamas per una specie di ideologia rivoluzionaria anti-imperialista. La realtà è purtroppo ben diversa: Hamas ha creato a Gaza uno stato di polizia dove i gay vengono buttati giù dai palazzi, le donne sono considerate proprietà del marito e dove i membri di Fatah, il principale partito di opposizione, vengono trascinati per i piedi legati alle motociclette. Il leader di Hamas Sinwar era detto anche ‘il macellaio di Khan Younis’ per via dell’abitudine di fare a pezzi gli avversari politici e coloro che venivano accusati di collaborare con Israele.
Nella società terrorista di Gaza, il martirio è un valore civico insegnato nelle scuole e gli ebrei sono l’obiettivo da abbattere, tutti: bambini, neonati, vecchi, giovani donne, uomini. Un valido esempio di ciò: un civile palestinese ha chiamato i genitori durante il massacro del 7 ottobre e ha detto, testuali parole: “Guarda quanti ne ho uccisi con le mie mani, tuo figlio ha ucciso ebrei”. Notare, ebrei non sionisti. “Ho ucciso lei e suo marito. Ne ho uccisi dieci con le mie mani”, esulta il terrorista palestinese poco prima che la madre esclami: “Oh figlio mio, Dio ti benedica”. La telefonata, afferma una nota di IDF, è stata intercettata nel Kibbutz Mefalsim, una piccola comunità agricola dove si sono verificati violenti massacri ad opera dei palestinesi di Gaza.
Qual è la società che produce questo tipo di orgoglio omicida? In quale società l’omicidio indiscriminato di una specifica categoria di persone viene considerato un valore? In quale società al mondo la bara di un neonato rapito e assassinato a mani nude verrebbe esposta al pubblico ludibrio fra due ali di folla festante e con tanto di musica popolare? Domande necessarie. Una società nella quale diventa morale portare in trionfo il cadavere di un neonato o celebrare l’assassinio di civili inermi non dovrebbe beneficiare dei miliardi di dollari delle Nazioni Unite. Lo stato islamico di Gaza va abbattuto e la popolazione palestinese deradicalizzata. Per fare ciò occorre fermare il flusso di denaro dell’Onu e sperare che Hamas sia sconfitta come fu sconfitto il nazismo in Europa, in maniera totale, o l’alternativa sarà il vicolo cieco che ha portato al 7 ottobre: Jihadismo ad oltranza.
Stefano Scaletta