Le femministe inneggiano agli stupratori di Hamas
Cronaca di Elisa Calessi
Testata: Libero
Data: 09/03/2025
Pagina: 4
Autore: Elisa Calessi
Titolo: Le piazze transfemministe tra insulti al centrodestra e cartelli pro-Palestina

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 09/03/2025, a pag. 4 con il titolo "Le piazze transfemministe tra insulti al centrodestra e cartelli pro-Palestina", la cronaca di Elisa Calessi.

Elisa Calessi
Elisa Calessi

La manifestazione femminista a Roma è un concentrato di ideologie di sinistra che nulla hanno più a che fare con i diritti delle donne. Basti pensare che solidarizzano con gli islamici di Hamas, che odiano le donne e torturano le prigioniere ebree. 

Una marea rosa, ventimila a Roma. Una marea che, partendo da piazza Vittorio e proseguendo per via Merulana, oltrepassando il Colosseo e fino al Circo Massimo, ha sfilato perla Capitale dietro allo striscione «Lotto, boicotto sciopero». Per tutto il percorso si sono urlati slogan vecchi e nuovi, con manifestazioni gemelle a Torino, Milano e in altri capoluoghi. «Se ci bloccano il futuro blocchiamo la città!», «Se non te la do, non te la prendere», «Sarà una festa quando il patriarcato sarà morto», «Oggi mimose, domani torni a ucciderci?», «Siete fortunati che vogliamo uguaglianza e non vendetta», «Sul mio corpo decido io».
«Il lavoro di cura è lavoro, pagateci», «La povertà non è una colpa», «Lavorare stanca», «Siete fortunati che vogliamo uguaglianza e non vendetta», «Sul mio corpo decido io».
Sono i cortei che si sono svolti per la Giornata internazionale della donna, organizzati, per il nono anno consecutivo, dall’associazione “Non una di meno”, movimento femminista e transfemminista. Tantissimi, però, anche i cartelloni a sfondo politico. Uno, a Roma, sul carro di testa, recitava «Più trans, meno Trump». Sopra un altro si leggeva: «Cuori accesi, fasci appesi». E ancora. «La Palestina esiste dal fiume fino al mare». Altri ancora a favore delle donne curde, contro i governi di Milei in Argentina o contro l’Europa che si vuole armare.
E non sono mancati cartelli contro la premier o altri ministri di questo governo. Uno era dedicato a Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione, vestito come uno sceriffo con tanto di pistola, cappello da cow-boy e stella di latta.
«Se ci bloccano il futuro blocchiamo la città!», lo slogan degli studenti. Con riferimento alle violenze subite dalle donne, si è urlato più volte lo slogan: «Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce», e ancora: «Cambieremo il mondo con le nostre idee».
Protagonisti della manifestazione anche gli striscioni contro la violenza di genere: «La vergogna deve cambiare lato» o «Maschi educatevi oppure isolatevi», «Scrivi quando sei a casa», «Sarà una festa quando il patriarcato sarà morto». Non poteva mancare il ricordo di Giulia Cecchettin, la giovane diventata tragico simbolo del femminicidio: «Giulia è viva e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai», si è gridato. Un ricordo scandito da un minuto di rumore, con le chiavi fatte risuonare in alto, altro gesto diventato simbolico nell’ultimo anno.
Prima della partenza del corteo romano si è svolto un flash mob con quattro attiviste legate alla cancellata nei giardini di Piazza Vittorio, col volto coperto e con delle scritte sul petto (contro la violenza e lo sfruttamento delle donne) che si muovevano sotto un cartello con la scritta “Cosa fai?”. A Torino, dove si è svolto un corteo simile, è stata imbrattata con vernice rossa e viola la riproduzione di un aereo installata davanti alla sede dell’azienda Thales Alenia, in strada antica di Collegno, alla periferia della città.
Un atto di protesta “contro la guerra” che ha avuto il suo culmine all’ingresso della Leonardo, dove gruppi di dimostranti hanno cominciato a battere contro i cancelli della Leonardo, presidiati da polizia e carabinieri (anche loro e i rispettivi mezzi sono stati colpiti), strappando i teloni posti subito dietro la grata. Hanno anche divelto la sbarra del passaggio pedonale e lasciato scritte e manifesti. Anche a Roma tanti sono stati gli slogan e gli interventi contro le guerre e contro Leonardo («vende armi e ad ogni guerra intasca sempre più soldi»). E a finire nel mirino è stato anche il regista e attore Luca Barbareschi, in scena al Teatro Argentina, dove il corteo si è allungato, tacciato come «uno dei simboli del patriarcato italiota».

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@liberoquotidiano.it