Trump scrive a Teheran e minaccia Mosca che martella l’Ucrania
Analisi di Micol Flammini
Testata: Il Foglio
Data: 08/03/2025
Pagina: 1
Autore: Micol Flammini
Titolo: La mania di Trump per gli accordi si muove da Mosca a Teheran

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 08/03/2025, a pag. 1/XX, con il titolo "La mania di Trump per gli accordi si muove da Mosca a Teheran", l'analisi di Micol Flammini.

Micol Flammini
Micol Flammini
Il Foglio - Edizione Online
Il presidente americano scrive a Khamenei, si offende con la Russia e la minaccia con sanzioni e dazi. Forse Trump inizierà a capire con chi ha a che fare, Russia e Iran vogliono solo espandere la propria sfera d'influenza usando la forza e la slealtà

Roma. Il presidente americano Donald Trump ha scritto alla Guida suprema della Repubblica islamica dell’Iran, Ali Khamenei, per proporre l’inizio di un negoziato sul nucleare. E’ stato Trump ad annunciarlo in un’intervista a Fox Business che andrà in onda integralmente soltanto domenica. Teheran sostiene di non aver ricevuto lettere, ma nelle scorse settimane Khamenei aveva chiarito che non avrebbe mai avviato colloqui diretti con gli Stati Uniti: non si fida.

Trump nella lettera avrebbe suggerito alla Guida supremache, senza accordo, bisognerà procedere allo smantellamento del programma nucleare iraniano in altro modo e l’altro modo è quello che ha individuato Israele: un attacco ai siti in cui si lavora per ottenere la Bomba.

Secondo Israele non ci sono alternative, il programma iraniano è già molto avanzato e quello che separa Teheran dall’assemblaggio delle armi atomiche è soltanto una questione dottrinale che è in via di discussione sempre più concitata tra i vari reparti del regime iraniano. Trump invece vuole negoziare, è convinto di portare Khamenei a un accordo e ha fatto ricorso a un sistema che prima di lui aveva utilizzato Barack Obama, nel 2009: mandare una lettera per raggiungere l’intesa che poi, dieci anni dopo, l’attuale presidente americano ha stracciato durante il suo primo mandato. Khamenei da quel momento ha ripetuto di non voler avere nulla a che vedere con Trump, di non voler ascoltare le sue parole, neppure se, come era avvenuto nel 2019, portate a Teheran da emissari ritenuti non ostili come l’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe che era stato incaricato dagli Stati Uniti di recapitare un messaggio alla Guida suprema. “Non negozieremo con gli Stati Uniti”, aveva risposto Khamenei. Il nuovo Trump si sta dimostrando diverso rispetto al primo mandato, cerca di accorciare le distanze con gli avversari e di farsi vedere capace di colloquiare con tutti, anche se questo vuol dire tenere fuori dalla porta gli alleati. Come accaduto con Israele, quando ha deciso di parlare con Hamas contro il volere dello stato ebraico per trattare non soltanto la liberazione di Edan Alexander, l’ultimo ostaggio americano tenuto prigioniero dai terroristi nella Striscia di Gaza, ma discutendo anche concessioni da parte di Israele senza che Israele ne venisse informato. Trump ha difeso questo canale aperto con Hamas, Israele non ha criticato la decisione pubblicamente ma secondo il sito americano Axios ci sono stati litigi telefonici accessi tra il ministro per gli Affari strategici israeliano Ron Dermer e l’inviato speciale per gli ostaggi Adam Boehler.

Pur di chiudere le crisi, pur di parlare di pace e quindi di disimpegno, Trump è disposto a trattare con i nemicitenendo all’oscuro i suoi alleati. Se lo fa con un amico per cui ha speso promesse importanti come Israele, con l’Ucraina usa metodi ancora più coercitivi. La prossima settimana ci sarà il primo incontro di alto livello fra una delegazione americana e una ucraina in Arabia Saudita. Per gli Stati Uniti andranno a Riad gli stessi funzionari che avevano partecipato all’incontro con la Russia il mese scorso: il ministro degli Esteri Marco Rubio, il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz, e Steve Witkoff, inviato speciale per il medio oriente che mentre dovrebbe negoziare la seconda fase della tregua tra Israele Hamas si occupa anche dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina. Lunedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky incontrerà il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che anche quando aveva ospitato le delegazioni russa e americana aveva proposto di invitare gli ucraini, esclusi dal primo incontro. Gli emissari di Mosca e di Washington si sono incontrati a metà febbraio e in quei giorni Zelensky era impegnato in un tour nei paesi del Golfo che avrebbe dovuto comprendere l’Arabia Saudita, ma preferì spostare la tappa per evitare coincidenze. L’incontro di Riad avverrà pochi giorni dopo l’annuncio da parte di Trump, che pure a marzo potrebbe andare da bin Salman, di voler imporre nuove sanzioni contro la Russia fino all’arrivo del cessate il fuoco. Mentre Washington braccava Zelensky e gli ucraini, li privava di armi e di assistenza di intelligence, continuava a ignorare le azioni dell’esercito russo sul campo di battaglia. Adesso si rende conto che il Cremlino non è entrato in questa atmosfera di pacificazione che secondo il capo della Casa Bianca era Zelensky a voler guastare e anzi Mosca “martella l’Ucraina” senza sosta facendo proprio quello che gli americani a Riad avevano chiesto ai russi di non fare più: colpire le infrastrutture strategiche di Kyiv, centrali elettriche, gasdotti. Trump ha scoperto che la diplomazia non è una leva che funziona con il Cremlino. 

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