Riprendiamo da LIBERO di oggi 08/03/2025, a pag. 11, con il titolo "Così Hamas ha torturato le ragazze ebree", la cronaca di Andrea Muzzolon.
Andrea Muzzolon
Prima del prossimo corteo, i fanatici pro Palestina si prendano 10 minuti e leggano l’ultimo rapporto stilato dalla Commissione Civile sui Crimini contro le Donne e i Bambini del 7 ottobre. Un documento dettagliato, e allo stesso raccapricciante, che spiega come i tagliagole di Hamas abbiano usato le famiglie - ed in particolare donne e bambini- come armadi guerra. Durante gli attacchi del 7 ottobre 2023, dove persero la vita oltre 1200 persone e ne furono rapite almeno 250, furono proprio i nuclei familiari le vittime su cui l’organizzazione terroristica concentrò la sua ferocia.
«I membri dei nuclei familiari sono stati seviziati, uccisi gli uni di fronte agli altri, separati violentemente, le loro sofferenze sono state trasmesse in mondovisione, sono stati presi in ostaggio», ha spiegato la dottoressa Cochav Elkayam-Levy, fondatore della Commissione civile. E nel report sono spiegate nei dettagli tutte le violenze perpetrate.
Lo schema che più ricorre è quello dell’esecuzione e della tortura dei componenti del nucleo familiare davanti agli occhi delle persone rapite. Ma non solo: sono decine i casi di sterminio di tutti i membri presenti in casa al momento del massacro. Chi invece non veniva freddato sul posto, al contrario diventava prigioniero insieme a tutta la sua famiglia, compresi i minori. Se a qualcuno era concesso di rimanere insieme alla famiglia, molti erano costretti a separarsi da moglie e figli. Pratica comune era quella di dar fuoco alle case israeliane, spesso con alcuni componenti della famiglia del prigioniero ancora all’interno. Loro lasciati a bruciare, vivi; i parenti costretti a guardare e ad ascoltare le urla strazianti di dolore.
Nel mettere in atto la loro campagna del terrore, i tagliagole sfruttavano anche i profili suoi social network delle vittime. Sono stati certificati molti casi in cui i rapitori, servendosi degli account delle loro vittime, trasmettevano online gli abusi ai loro familiari e amici nonché al grande pubblico.
Una barbarie nella barbarie che i componenti della Commissione Civile hanno voluto portare alla luce. Ma non basta: «L’utilizzo delle famiglie come arma ha intensificato la sofferenza delle vittime ed è venuto a costituire un modello che altri terroristi nel mondo potranno emulare. Questo crimine, che chiamiamo “Kinocide”, è ad oggi un crimine senza nome, inflitto a vittime senza voce», ha spiegato Elkayam-Levy.
Da qui la necessità di coniare questo nuovo neologismo, affinché l’attacco e la distruzione sistematici dei legami familiari nei conflitti assuma le sembianze di un nuovo crimine nel diritto penale internazionale. È proprio questa la richiesta che emerge dal report tramite la proposta di riforme giuridiche e politiche studiate per colmare le lacune presenti nel diritto.
Una richiesta, quella dell’introduzione del crimine di “Kinocide”, che assume particolarmente significato nella Giornata internazionale della Donna 2025, riconoscendo le conseguenze devastanti dei crimini compiuti da Hamas da quel 7 ottobre in avanti.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
lettere@liberoquotidiano.it