Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/03/2025, a pag. 23, il commento di Anna Zafesova dal titolo "Ma Trump promette una pace impossibile".
Pubblichiamo l’articolo di Anna Zafesova con il forte dubbio che abbia subito dei cambiamenti. Nella notte, mentre la Stampa era leggibile, l’unica pagina bianca online era quelle di Zafesova, rimasta bianca a lungo. Chi conosce Zafesova lo capisce facilmente.
Anna Zafesova
Uno scudo di aerei europei che abbattono i missili russi nello spazio aereo ucraino. Un contingente di «buona volontà» di eserciti europei, Turchia inclusa, da schierare in Ucraina come barriera contro l'invasione russa. Una nuova rete Internet per i militari ucraini, che dovrebbe sostituire Starlink con 40.000 terminali, e che ancora prima di arrivare fanno crescere in Borsa del 500% la francese Eutelsat. L'emissario diplomatico di Pechino che difende il diritto di Ucraina e Europa di sedere al tavolo negoziale con russi e americani. Bilanci militari e pacchetti aiuti raddoppiati, progetti di nuove fabbriche belliche in Ucraina, e addirittura l'ipotesi di un «ombrello nucleare» francese da estendere a tutta l'Europa per difenderla dalla minaccia di Putin.
A leggere in ordine sparso le notizie degli ultimi giorni e delle ultime ore, si ha la sensazione, nitida e inesorabile, di un mondo che si è ribaltato, e sembra impossibile ricordare che tre anni fa, all'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, erano proprio alcune capitali europee a volersi distanziare da una guerra che all'epoca sembrava a molti promossa da Washington, a danno dei commerci europei con Mosca. Il mondo si è capovolto, e a riassumere la situazione con spietata precisione è Valery Zaluzhny, ex comandante delle truppe ucraine e oggi ambasciatore a Londra, che dice in un discorso al think-tank di Chatham House che «non è più solo l'asse del Male che cerca di rivedere l'ordine mondiale, ora sono gli Usa a volerlo distruggere». L'impossibile è accaduto, alla Casa Bianca siede un presidente che insiste a non considerare la Russia di Putin una minaccia, e l'Europa un alleato da proteggere.
La scena dell'umiliazione di Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale non è stata soltanto un incidente diplomatico o uno spettacolo mediatico: è diventata la dimostrazione brutale e il simbolo del nuovo mondo di relazioni internazionali, così come lo era stata a suo tempo la scarpa di Nikita Krusciov sbattuta sullo scranno dell'Onu all'urlo di «vi seppelliremo». È un mondo che l'ex segretario alla Difesa britannico Ben Wallace descrive sul Telegraph come quello dove «la sovranità degli altri non ha valore, il più forte ha ragione... i fatti sono finti e la finzione viene spacciata per fatti». È il mondo dove l'emissario trumpiano Keith Kellogg descrive il blocco degli aiuti all'Ucraina – che ha una espressione molto precisa in vite ucraine – come una «bastonata sul muso del mulo», per fare capire che «nessuno può contraddire il presidente americano nello Studio Ovale». Fino a ieri, questo era il mondo di Putin e dei suoi seguaci, e il fatto che, secondo le voci raccolte dalla Nbc, diversi alleati americani, inclusi israeliani, sauditi e britannici, stiano pensando a ridurre la condivisione dei dati di intelligence con Washington per paura che finiscano in mano a Mosca, è sintomatico del terremoto in corso. Non stupisce che Zelensky sia diventato il volto e il centro di questo cambiamento, vittima e simbolo della resistenza al bullismo delle potenze, ma anche un politico che è stato molto abile, fin dal 24 febbraio 2022, a restituire all'Occidente – i cui confini geografici a questo punto vengono messi in discussione – il senso dei suoi valori e delle sue alleanze. Non è un caso che gli uomini di Trump abbiano cercato contatti con l'opposizione ucraina per rimpiazzarlo, e che Elon Musk si dichiari convinto della sua imminente sconfitta elettorale, nonostante sia in testa a tutti i sondaggi, e il suo unico potenziale avversario sia proprio il generale Zaluzhny, apertamente critico dell'America trumpiana.
La finzione viene spacciata per i fatti, e perfino Putin ieri è ha dovuto rompere il soddisfatto silenzio degli ultimi giorni per tranquillizzare i suoi falchi, preoccupati dall'improvvisa sintonia con gli odiati Usa, e assicurare che «la Russia non cederà su nulla», e che non vuole una tregua. Del resto, non si capisce perché dovrebbe, visto che finora Trump ha mostrato di considerare un problema costringere alla pace Kyiv e non Mosca che continua a bombardarla. Per questo, il negoziato tra ucraini e americani che dovrebbe partire la settimana prossima, offre a Zelensky non solo la chance di far valere le sue ragioni: gli offre il tempo necessario perché la Casa Bianca si accorga – forse – di aver sbagliato calcolo.
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