Antisemitismo
Un’intervista internazionale (1893) Hermann Bahr
Traduzione e cura di Erik Battaglia
Giuntina euro 20
“Io dunque non confuterò in alcun modo l’antisemitismo, cosa che è stata fatta mille volte ed è sempre vana. Chiedo semplicemente con quali sentimenti le persone istruite delle diverse nazioni si pongono nei confronti di questo spettro che si aggira tra i popoli, e che risposte ne traggano. Forse in futuro questo risulterà essere un curioso documento sulla condizione dello spirito umano nel 1893”
Con queste parole Hermann Bahr, scrittore, commediografo, critico teatrale, nato a Linz nel 1863 e morto a Monaco di Baviera nel 1934 introduce le interviste che condusse nel 1893 per la “Deutsche Zeitung” sul tema dell’antisemitismo, apparse un anno dopo per S. Fischer in forma di libro. Dopo una prima edizione del 2017 per la casa editrice Analogon sono ora ripubblicate dalla casa editrice Giuntina nella brillante traduzione di Erik Battaglia.
Da questo tour di interviste europee, da cui l’Italia resta esclusa perché - scrive Bahr nella conclusione – la “Neue Freie Presse” si è accollata questa parte del mio lavoro” - emerge come l’antisemitismo tedesco sia reazionario, una rivolta della piccola borghesia contro lo sviluppo industriale, quello parigino rivoluzionario, contro l’accumulazione di capitali e il predominio dei ricchi, con gli ebrei usati come comodo simulacro del capitalismo ecc.
Queste interviste sono una fotografia interessante dello spirito europeo negli anni di fine Ottocento circa i sentimenti che serpeggiavano nelle società europee nei confronti degli ebrei e non è escluso che siano nate sia dal desiderio di far luce sulle origine storiche, politiche, psicologiche del fenomeno antisemita, sia per la necessità di “espiare” in qualche modo un passato controverso che lo aveva portato – ricorda l’autore nella sua autobiografia – a partecipare nel semestre 1883/84 all’Università tedesca di Czernowitz a violenti atti antisemiti. Va tuttavia ricordato – come scrive Konstanze Fliedl nel saggio finale – che durante la conclusione dei suoi studi a Berlino egli sembrò tuttavia addivenire lentamente alla ragione”. Le interviste rappresentano per Bahr una decisiva revisione delle sue posizioni e da ravvedimento per i suoi “peccati di gioventù” portandolo poco dopo a battersi come rappresentante dell’onore ebraico.
L’autore entra in contatto con accademici, uomini politici, giornalisti, scrittori e artisti: da Adolf Wagner che afferma di non sopportare l’indole ebraica, la maleducazione ebraica e pensa che gli ebrei “mettano a rischio i costumi tedeschi” a Ernst Hackel, convinto che ogni movimento ha i suoi meriti e i suoi rischi. “Io considero come merito dell’antisemitismo il fatto che risvegli nei tedeschi e negli ebrei questa convinzione: gli ebrei devono abbandonare le loro stranezze e diventare pienamente tedeschi negli usi, nei costumi e nei sentimenti…”; da Theodor Mommsen a Séverine, da Gustave Paul Cluser a Alejandro Sawa, da Henri Rochefort a James Arthur Balfour ogni frase, ogni opinione vengono raccolte dall’autore e riportate con una straordinaria prosa descrittiva che ad ogni capitolo indulge nella presentazione dei luoghi, dei quartieri e delle abitazioni dei personaggi intervistati. Seppur non venga fornita una esauriente biografia degli intervistati Bahr regala al lettore una lucida trascrizione giornalistica del loro pensiero e delle loro opinioni fornendo altresì un quadro della società dell’epoca e di questo “male” in continua espansione e da cui è innegabile scorgere il radicarsi dei pregiudizi antisemiti, come la convinzione che tutta l’economia sia controllata dagli ebrei, preludio alla tragedia della Shoah.
Sostenitore del movimento Jungwien che negli anni ’90 dell’Ottocento dava voce alle nuove tendenze della letteratura austriaca e tedesca e autore di molti saggi letterari, indagini sociologiche, romanzi e drammi, Hermann Bahr fu uno studente rivoluzionario che in gioventù visse anni di irrequietezza nell’inebriante scenario bohemièn della Vienna e della Parigi di fine secolo. Condividendo i vari stadi del fenomeno antisemita di tardo Ottocento e inizi Novecento passò dagli eccessi giovanili a posizioni sioniste e filo semite cui contribuì il suo rapporto di amicizia con Herzl per tornare successivamente a una visione ambiguamente critica. La morte sopraggiunta nel 1934 lo preservò da una probabile oscillazione nostalgica verso il nazismo. L’interessante saggio di Konstanze Fliedl posto in appendice al volume ripercorre in modo lucido e dettagliato le fasi della complessa convivenza di Bahr con il fenomeno dell’antisemitismo.
Il fuoco nero dell’antisemitismo, l’odio irrazionale verso il popolo ebraico accusato di cospirare ai danni del resto dell’umanità non ha mai cessato di bruciare benchè dopo la Shoah non siano mancati gli appelli affinchè simili tragedie non si ripetessero mai più. Negli ultimi anni, tuttavia, il disprezzo e l’odio per gli ebrei hanno ripreso vigore in tutto il mondo, prendendo di volta in volta le sembianze dell’antagonismo religioso, dell’opposizione al sionismo, della critica feroce a Israele e arrivando a mettere in dubbio il suo diritto ad esistere. Come ci ricorda Ezio Mauro negli articoli ripubblicati a guisa di prefazione: “Antisemitismo. Corsi e ricorsi di una tragedia (2016) e “Il peso della realtà” (2023) in cui delinea il senso di questo eterno ritorno del “male assoluto” e analizza con lucidità le tappe che portano ogni fenomeno irrazionale fondato sulla paura del “diverso” da noi al progressivo, devastante annullamento fisico e psichico dell’essere umano.
Giorgia Greco