Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/01/2025, pag. 4, con il titolo "«Trump è disumano» Ma i clandestini in catene li cacciava anche Biden", il commento di Dario Mazzocchi.
Dario Mazzocchi
È l’epoca delle immagini e non ci piove. Con la lettura rapida, immediata e quindi spesso approssimativa delle informazioni, sono le foto e i video i contenuti che fanno la differenza e rendono un evento o una storia più impattante di altri.
La stretta attualità di questi giorni, con gli scatti dei clandestini che salgono a bordo dei C-130 dell’aviazione statunitense per essere espulsi, sta scatenando dure reazioni mediatiche.
È un effetto del messaggio che l’amministrazione di Donald Trump cerca di trasmettere: il pugno duro contro l’illegalità, promessa elettorale da mantenere sin dall’inizio del mandato, e l’impegno ad andare fino in fondo senza preoccuparsi delle indignazioni di chi rappresenta l’opposizione, che sia il Partito democratico o una parte dell’opinione pubblica.
Non è un caso allora che quell’immagine così potente sia stata condivisa proprio dagli account social della Casa Bianca.
Le catene ai polsi e alla caviglie – particolari che solleticano l’indignazione - non sono però una trovata scenografica del 47° presidente. Lo ha ammesso a denti stretti persino Repubblica: l’apertura dell’edizione di ieri recitava «I migranti deportati», a corredo della fatidica immagine, e poi di nuovo a pagina 6 ecco il titolo «Casa Bianca, la foto shock immigrati in catene deportati su aerei militari». Più nascosto e meno in vista, il virtuosismo giornalistico: «Anche sotto Biden avvenivano le espulsioni ma senza immagini». Cambiato presidente, le deportazioni diventano espulsioni. Si lascia quindi intendere che ai tempi recenti dell’amministrazione democratica ci si trattenesse dalla gogna mediatica. Vero, ma non perché non esistessero scatti che immortalavano le espulsioni: più semplicemente, faceva comodo non pubblicarle. Lo testimoniano le foto di questa pagina, scattate il 5 maggio 2023. Ci sono gli agenti dell’Immigration and Customs Enforcement che scortano i clandestini verso un aereo pronto a decollare per il Guatemala.
Ci sono le manette, ai polsi e alle caviglie, e pure le catene ai fianchi. Sono state realizzate da Getty Images, una delle agenzie fotografiche più importanti al mondo, e ricondivise dall’agenzia stampa francese AFP. Basta una semplice ricerca su Google per ritrovarle sul sito del quotidiano messicano La Jornada Veracruz per un articolo intitolato «Texas, razzismo scatenato», in cui il governatore repubblicano Gregg Abbot viene accusato di fascismo. Peccato che l’allora responsabile della ICE, la “zarina del confine”, fosse l’ex vicepresidente Kamala Harris. Dettaglio non trascurabile, come non lo sono i numeri.
A fine dicembre, a poco meno di un mese dall’insediamento di Trump, i media americani hanno diffuso i dati sulla gestione delle espulsioni con Biden: hanno raggiunto il livello più altro degli ultimi 10 anni e superato così il picco precedente registrato nel 2019. La fonte è sempre l’Immigration and Customs Enforcement. Solo nello scorso anno fiscale (che va da ottobre a novembre), l’agenzia ha espulso oltre 271.000 immigrati senza permesso di soggiorno: in un solo anno era riuscito a fare meglio Barack Obama, con 316.000. Per gli standard della narrazione in corso d’opera, vien da credere che siano stati tutti accompagnati gentilmente nei loro territori di origine, magari con una pacca sulla spalla.
Sull’Unità del 1° febbraio 2024 il direttore Sansonetti, parlando delle manette ungheresi a Ilaria Salis, citava le catene americane: i casi di Dominque Strauss Kahn, ex direttore del Fondo monetario internazionale accusato di tentata violenza sessuale a New York nel 2012, e di Susan McDougal, amica di Bill Clinton coinvolta nel 1996 in uno scandalo per la compravendita di alcuni terreni. «La nuova America – commentava ieri Concita De Gregorio a corredo della cronaca su Repubblica – mostra subito il suo terrificante volto e sarà bene abituarsi ad avere una foto simbolo al giorno, almeno una di questo genere». «La cosa più spaventosa – continuava - non sono Trump, Musk, le nazionaloligarchie nella versione aggiornata per le App. Sono coloro che applaudono e si consegnano, esultando, al nuovo schiavismo». Come se tutto fosse solo una cosa di adesso, come se fosse tutto imputabile ad un’unica persona e ai suoi sostenitori: facile fare gli gnorri, nascondendosi dietro una foto di comodo.
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