La codardia degli uni, il coraggio silenzioso delle altre
Commento di Michelle Mazel
Testata: Informazione Corretta
Data: 26/01/2025
Pagina: 1
Autore: Michelle Mazel
Titolo: La codardia degli uni, il coraggio silenzioso delle altre

La codardia degli uni, il coraggio silenzioso delle altre
Commento di Michelle Mazel 
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://israel247.org/la-lachete-des-uns-la-bravoure-tranquille-des-autres-143883.html

Il rilascio delle soldatesse Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag, da parte di Hamas, è avvenuta con una cerimonia militare che è stata organizzata apposta per dimostrare la forza del gruppo terrorista. Ma è stata soprattutto una dimostrazione di coraggio delle quattro donne israeliane: non solo loro non sono intimidite, ma trovano comunque sufficienti risorse morali per sorridere, nonostante i quindici mesi di prigionia e nonostante il fatto che fossero ancora nelle mani di Hamas.

La nuova dimostrazione di forza da parte dei sanguinari terroristi di Hamas è stata di breve durata. Eppure, anche in questo caso, il loro dipartimento di propaganda aveva preparato attentamente la scena. Migliaia di abitanti di Gaza sono venuti per assistere all'umiliazione del nemico. Un servizio di sicurezza che li contiene sul posto, con i valorosi guerrieri già visti la settimana scorsa, tenuta da commando, kalashnikov ma cappucci che lasciano intravedere solo gli occhi. A Gaza, i metodi di riconoscimento facciale del “nemico sionista” sono presi molto sul serio. Sullo sfondo, un muro bianco con la scritta – in ebraico – “Il sionismo non vincerà”. A completare il quadro, un podio, una scrivania, delle sedie. I furgoni della Croce Rossa entrano e parcheggiano, seguiti a breve dai veicoli che trasportano gli ostaggi. Lo spettacolo può iniziare.

Ecco un alto ufficiale di Hamas – beh, presumiamo che sia un alto ufficiale data l’importanza dell’evento – ma anche lui ha fatto lodevoli sforzi per nascondere la sua faccia. Coraggioso ma non temerario, questa è stata fin dall'inizio la pratica di questi leader che, riparati nei tunnel o installati negli ospedali o nelle scuole, lasciavano la popolazione indifesa. Il “capo” fa un cenno ai due rappresentanti della Croce Rossa, che appaiono molto seccati, e li costringe a controfirmare i documenti che confermano la liberazione dei suoi prigionieri. Il momento tanto atteso è arrivato. Eccole apparire, queste quattro ragazzine, con addosso un'uniforme che non è la loro. Questo perché queste giovanissime reclute, che stavano iniziando il loro servizio militare, erano state catturate in pigiama nel posto in cui avevano il compito di osservare la frontiera. Cosa che loro avevano fatto, ma i loro avvertimenti non erano stati ascoltati dai loro superiori. Non avevano armi ed nella totale impotenza hanno dovuto guardare i mostri di Hamas stuprare e poi uccidere molte delle loro compagne. Sono state “fortunate” a non essere uccise ma trascinate verso la loro prigione da quegli stessi mostri. Non lasciamoci ingannare dalla loro apparente buona salute e non soffermiamoci su ciò che hanno sofferto durante questi lunghi mesi di terrore. Ci vorrà del tempo perché si ricostruiscano. Guardiamole oggi, costrette a salire sul palco per sfilare, circondate dai terroristi, davanti alla folla urlante. Non solo loro non sono intimidite, ma trovano comunque sufficienti risorse morali per sorridere e alzare il braccio in segno di vittoria. Un atto di coraggio impressionante, da togliere il fiato. Dopotutto non erano ancora nelle mani della Croce Rossa, non avevano ancora preso posto sui furgoni che li portavano verso la libertà finalmente riconquistata. Tutto poteva ancora succedere. Purtroppo non ci sono limiti all’ignominia di questo movimento terroristico che non ha esitato a rapire un bambino di nove mesi, il suo fratellino di cinque anni e la loro mamma, e che si rifiuta ancora di dire se sono vivi o morti.

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Michelle Mazel

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