La tregua e ciò che potrebbe seguirne
Commento di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta
Data: 26/01/2025
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: La tregua e ciò che potrebbe seguirne

La tregua e ciò che potrebbe seguirne
Commento di Antonio Donno

I palestinesi festeggiano a Gaza come se avessero vinto la guerra. Questo è il primo effetto della tregua, per lo scambio ostaggi-contro-prigionieri palestinesi. Una tregua fragilissima, come tutte quelle concordate con un gruppo terrorista islamico. L'amministrazione Trump sarà comunque un fattore positivo per Israele.

Procede lo scambio dei prigionieri tra Israele e Hamas, secondo i contenuti della tregua tra le due parti. Parlare di tregua e di accordi tra un Paese democratico e un gruppo terroristico che si è macchiato di eccidi, tra cui quello del 7 ottobre 2023, è un insulto tremendo alla morale e alla stessa logica politica. Ma così stanno le cose. Per liberare progressivamente i suoi cittadini catturati il 7 ottobre Israele deve giungere a patti con Hamas e liberare centinaia di terroristi. La gente di Israele concorda con questa concessione del proprio governo, pur di far ritornare nelle proprie case i prigionieri ancora in vita e i cadaveri di quelli morti. È un orrore, ma la vita degli israeliani catturati è più importante di ogni altra cosa.

     Nonostante i colpi terribili che l’esercito di Israele ha inflitto a Hamas e a Hezbollah per tutto il 2024, e allo stesso Iran, che sostiene i due gruppi terroristici, i cittadini israeliani catturati il 7 ottobre rappresentano un peso umano che preme sulla coscienza di un intero Paese e che non deve essere accantonato. Eppure, non sono pochi quelli che criticano aspramente il “cedimento” di Gerusalemme nei confronti dei terroristi di Hamas. Secondo costoro, la pressione militare dell’esercito di Israele verso le roccaforti terroristiche di Hamas a Gaza dovrebbe continuare senza sosta per liberare i prigionieri e riportarli a casa. In realtà, coloro che sono di questo avviso dimostrano una doppiezza incredibile. La distruzione sistematica e definitiva di Hamas, ormai allo stremo all’interno di Gaza, deve tener conto della possibilità che gli israeliani lì rinchiusi in condizioni estreme possano essere liquidati dai loro torturatori.

     La verità è che non si tratta di una possibilità, ma di una certezza. Questa evidenza è ben chiara ai governanti di Israele. Nel passato, pur di riottenere in vita gli israeliani catturati dai terroristi, Israele ha affrontato sacrifici immani, ricevendo la gratitudine dei propri cittadini. Il caso di Shalit è ben noto. La liberazione di centinaia e centinaia di terroristi da parte di Israele ha consentito di riportare nelle proprie case tanti prigionieri israeliani. È la realtà di una nazione che ama la sua gente.

     Ogni critica a questo modo di agire non ha senso, perché il popolo israeliano sa bene che i terroristi pagheranno, prima o poi, le loro malefatte e che i propri cittadini sono gli eredi degli immensi sacrifici fatti dai loro padri per dar vita allo Stato degli ebrei dopo secoli e secoli di diaspora.

     Netanyahu e il suo governo sono consapevoli che lo scambio, così come è stato concordato con Hamas, possa apparire un fallimento agli occhi di chi critica la decisione di Israele. Tuttavia, nessuno dei critici delle decisioni di Netanyahu è in grado di fornire una valida alternativa allo scambio pattuito, a meno che – come si è detto – non si vada in fondo nell’attacco a Hamas a Gaza, con la consapevolezza che i prigionieri israeliani sarebbero eliminati dai terroristi. Una certezza deve essere fornita ai critici di Netanyahu per le sue decisioni sullo scambio. Dopo la fine della tregua, Israele continuerà nella sua azione di eliminazione totale di Hamas, già fortemente indebolito per tutto il 2024. La liberazione di un così alto numero di terroristi rinforzerà nuovamente Hamas, ma Israele sarà in grado di far fronte ai terroristi così come ha fatto nello scorso anno.

     L’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca sarà un fattore positivo per Israele. Il presidente americano ha affermato che è necessario portare a compimento l’accordo stipulato, comprensivo dei 42 giorni di tregua. Se il periodo di tregua potrà consentire a Hamas di riorganizzarsi, allo stesso modo Israele potrà elaborare piani di azione nel caso di un nuovo attacco terroristico. Ma, soprattutto, ci sarà il tempo per concordare con Trump nuove iniziative nei riguardi del problema di Gaza, oltre che nuove azioni diplomatiche al fine di creare le condizioni per l’ingresso dell’Arabia Saudita negli “Accordi di Abramo”, a suo tempo auspicato da Trump, oltre che da Netanyahu. Israele spera che il secondo mandato presidenziale di Trump sia la continuazione del primo per quanto riguarda la posizione favorevole a Israele da parte degli Stati Uniti.

     Inoltre, è sempre più all’ordine del giorno il problema della Cisgiordania. Trump ha nominato alcuni suoi importanti rappresentanti favorevoli all’annessione della regione a Israele al fine di portare a compimento il progetto israeliano, anche in considerazione del fatto che circa 750.000 israeliani sono già presenti, e da tempo, su quella terra. Gaza e Cisgiordania sono due questioni fondamentali per Israele. L’elezione di Trump conforta le speranze di Gerusalemme.

Antonio Donno
Antonio Donno

takinut3@gmail.com