Riprendiamo da LIBERO di oggi 06/01/2025, a pag. 1/5, con il titolo "Se l’aggressore è un immigrato nessuno parla più di patriarcato", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Contrordine, compagni (e compagne): il dibattito sul patriarcato è sospeso per ferie. O forse è proprio chiuso. Potrà eventualmente riaprirsi solo se e quando la cronaca proporrà un altro episodio che però (ecco la conditio sine qua non) dovrà necessariamente vedere come mostro della situazione un uomo bianco, meglio se italiano.
In quel caso la campagna potrà ripartire, e – se le circostanze saranno propizie – anche in modo spettacolare: fascistizzando il colpevole, mettendolo sul groppone delle “destre”, presentandolo come un sintomo di un problema generale, come orrido schizzo della pericolossima “onda nera”.
Solo allora saremo tutti “convocati”. Mobilitazione nelle piazze, gran ritorno dei cortei, fiumi di dichiarazioni politiche, interviste di intellettuali e artisti, raccolte di firme e appelli, programmazione tv sconvolta. L’indignazione sarà obbligatoria.
Se invece (un esempio a caso: Milano, Piazza Duomo, notte di Capodanno) a molestare delle donne sono degli stranieri, e probabilmente anche islamici, allora no. La mobilitazione non può partire. Ma come? Ci sono quattro ragazze belghe che denunciano, per dieci interminabili minuti, di essere state offese e palpeggiate, trattate come oggetti sessuali? Niente, la cosa non interessa: i lanci di agenzia si contano su poche dita di una sola mano. Gran trionfo dell’aggettivo “presunto” (“presunta aggressione, presunta violenza”), in un improvviso sussulto di garantismo del giornalismo “ufficiale” italiano. Silenzio di tomba della politica.
Niente comunicati, neanche da parte dei dichiaratori ossessivo-compulsivi, degli estensori seriali di tweet-post-video. E gli intellettuali? Non pervenuti.
Gli artisti? Hanno finito i giga. Le femministe? Impegnate con il corso di pilates.
Confesso che la voglia di sorridere e fare ironia è già svanita. A sinistra si viene da mesi, anzi da anni di rumorose campagne contro il “patriarcato” e a difesa del “corpo delle donne”. Ecco: se però il patriarcato è immigrato e probabilmente pure musulmano, scatta l’amnistia; e se la storia di cronaca non è politicamente “funzionale”, subentra l’amnesia.
Inutile girarci intorno: questo doppio standard dei nostri progressisti (e delle nostre femministe), i loro silenzi, il loro parlar d’altro, il loro far finta di non vedere e di non capire, sono semplicemente rivoltanti.
Qui a Libero non molleremo un solo giorno. Da Capodanno in poi, in troppi si sono girati dall’altra parte: prima non hanno visto gli insulti contro l’Italia, poi si sono distratti rispetto alle offese contro le forze dell’ordine. Ma che adesso, come le proverbiali tre scimmiette, non vedano-non sentano-non parlino neanche davanti a una clamorosa vicenda di violenza contro le donne, dice tutto. È un epitaffio non solo sul mediocre opportunismo politico, ma pure sulla fibra morale infiacchita di chi ci ha inflitto comizi per mesi su questi temi e ora improvvisamente non è in grado di emettere una parola, una sillaba, un sospiro.
Attenzione, però, perché – su tutt’altro piano, ovviamente – la sfida non risparmia nemmeno la destra, in tutte le sue componenti, che da anni pronuncia quasi sempre le parole giuste, e ripete di non essere disposta ad alcun tipo di “sottomissione”. Benissimo, sacrosanto.
Va da sé che i fatti di Milano, coinvolgendo anche alcuni immigrati di seconda generazione, chiudano definitivamente il dibattito estivo sullo ius scholae: tra coloro che inveivano a Piazza Duomo c’è anche chi ha svolto cicli scolastici in Italia. E non c’è alcuna ragione per ritenere che ciò li abbia integrati, come abbiamo constatato fin troppo chiaramente. Quindi, nessuna cittadinanza facile, per favore.
Semmai, ora le parole dovrebbero essere accompagnate dalle azioni: misurate ma decise, e massimamente attese dai cittadini, sul mix tossico tra immigrazione illegale, insicurezza nelle città, offensiva dell’Islam integralista. Non c'è tempo da perdere.
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