Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/01/2025, a pag. 5, con il titolo "Conto alla rovescia per l’agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi. «Tra poco non potremo più operare»" la cronaca (faziosa) di Giusi Fasano.
Giusi Fasano
Il 28 gennaio è vicino. Pericolosamente vicino per gli operatori umanitari dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi.
Se non accadrà qualcosa che farà cambiare idea agli israeliani (ed è altamente improbabile) quel giorno sarà per l’Agenzia l’inizio della fine. Niente più distribuzione di cibo, niente più istruzione né assistenza di vario genere nei Territori occupati della Cisgiordania e a Gaza.
Perché da lì in poi entrerà in vigore il divieto che le impedirà di essere operativa in Israele. Così stabiliva la legge approvata il 28 ottobre scorso dalla Knesset, il Parlamento israeliano. Un provvedimento che, appunto, sarebbe entrato in vigore dopo 90 giorni e che diceva: «l’Unrwa non gestirà nessuna missione e non fornirà alcun servizio, né svolgerà alcuna attività, direttamente o indirettamente, nel territorio sovrano dello Stato d’Israele».
Quella legge fu voluta dal governo di Netanyahu dopo la scoperta dei 12 dipendenti Unrwa accusati di aver fatto parte del commando sanguinario del 7 ottobre 2023, alcuni aiutando i terroristi nella logistica, altri partecipando direttamente agli orrori di quel giorno.
L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Danny Danon disse che «Israele avrebbe continuato a collaborare con le organizzazioni umanitarie, ma non con quelle che collaborano con i terroristi di Hamas». E lo stesso Netanyahu scrisse su X: «Erano coinvolti in attività terroristiche contro Israele», e «prima che la legge entri in vigore siamo pronti a lavorare con i nostri partner internazionali per garantire che Israele continui a facilitare gli aiuti umanitari ai civili a Gaza».
Ecco. Adesso il momento dell’entrata in vigore è quasi arrivato e non si ha notizia di associazioni internazionali alternative all’Unrwa che, a quanto pare, si starebbe preparando a chiudere i battenti. Basta per legge con l’operatività nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est, ma basta anche, per logica conseguenza, a Gaza (dove ieri secondo Al Jazeera sono stati uccisi «almeno 66 palestinesi» nei raid israeliani ) .
Louise Wateridge, un’alta funzionaria dell’Unrwa ha dichiarato al Times che le nuove leggi impediranno al suo personale di coordinarsi con le autorità militari israeliane e «se non possiamo condividere queste informazioni con loro ogni giorno, allora mettiamo in pericolo la vita dei nostri operatori» (a Gaza ne sono stati uccisi 250 dall’inizio della guerra).
Jamie McGoldrick, che fino ad aprile ha coordinato gli aiuti umanitari a Gaza e in Cisgiordania, dice all’israeliano Haaretz che la cessazione delle operazioni dell’Unrwa «avrebbe un impatto enorme su una situazione già catastrofica» e «se l’intenzione israeliana è toglierci la possibilità di salvare vite bisogna chiedersi qual è l’obiettivo finale».
Quando fu votata la legge il segretario generale dell’Onu António Guterres aveva parlato di possibili «conseguenze devastanti per i rifugiati palestinesi nei Territori occupati» ed era stato categorico: «Non c’è alternativa all’Unrwa» che è «indispensabile».
Preghiere finora non ascoltate, anche se — dice sempre Haaretz — «il governo israeliano sta valutando piani per migliorare la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza»; si ipotizza il coinvolgimento di «società di consulenza statunitensi» e «organizzazioni internazionali» che si prendano la «piena responsabilità della distribuzione». Un’opzione possibile è anche affidare la distribuzione degli aiuti all’esercito.
Solo ipotesi, per ora, mentre l’entrata in vigore della legge è una certezza. E visto da questo scorcio del 2025 sembra lontano anni luce quell’1 maggio 1950, il primo giorno dell’Unrwa.
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