Pura propaganda del New York Times (leggi: di Hamas) nelle pagine di Repubblica
Analisi schifosa del New York Times
Testata: La Repubblica
Data: 28/12/2024
Pagina: 13
Autore: Patrick Kingsley, Natan Odenheimer, Bilal Shbair, Ronen Bergman John Ismay, Sheera Frenkel e Adam Sella
Titolo: Stragi di civili a Gaza così Israele ha allentato le regole sui raid dal cielo

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/12/2024, a pag.13, con il titolo "Stragi di civili a Gaza così Israele ha allentato le regole sui raid dal cielo", la traduzione di un'inchiesta del New York Times.

Un gruppo enorme di giornalisti americani, arabi ed israeliani di sinistra ha lavorato a questa inchiesta del New York Times, tradotta (e non commentata) da La Repubblica, per dire che Israele è uno Stato criminale che bombarda i civili a Gaza. Senza porsi il dubbio che sia Hamas a usare scudi umani. E dimenticando cosa è successo il 7 ottobre, a cui non viene dedicata neppure una sola parola in tutto l'articolo. Eppure: leggendo bene questa inchiesta, si scopre come Israele, anche in circostanze estreme, continui a porsi il problema di come evitare vittime civili. Un problema che Hamas non si pone visto che la sua strategia consiste esattamente nel massimizzare i "martiri", cioè i morti palestinesi da mostrare al mondo. E' una vergogna che Repubblica pubblichi un articolo del genere. Ed è la conferma che il New York Times, come ha rivelato bene Giulio Meotti nella sua Newsletter, sia il giornale più schifoso del mondo, sempre con le dittature e contro l'Occidente. Di seguito, l'articolo integrale:

Esattamente alle 13 del 7 ottobre 2023, la leadership militare israeliana ha emesso un ordine che ha innescato una delle campagne di bombardamenti più intense nella guerra contemporanea. Con effetto immediato, l’ordine concedeva agli ufficiali israeliani di medio rango l’autorità di colpire migliaia di militanti e siti militari che non erano mai stati una priorità nelle precedenti guerre a Gaza. Potevano ora perseguire non solo i comandanti di alto livello di Hamas, i depositi di armi e i lanciatori di razzi, ma anche i combattenti di basso rango. In ogni singolo attacco avevano ora l’autorità di mettere a rischio l’uccisione di fino a 20 civili. Un ordine senza precedenti nella storia militare israeliana: a ufficiali di medio rango non era mai stato concesso un margine simile per attaccare tanti obiettivi, molti dei quali di importanza militare minore, a un costo potenziale così alto in termini di vittime civili. L’esercito, ad esempio, ora poteva colpire combattenti di livello inferiore mentre si trovavano a casa con parenti e vicini, invece di aspettare di trovarli da soli.

Nei precedenti conflitti con Hamas, molti attacchi venivano approvati solo dopo che gli ufficiali avevano concluso che non sarebbero stati coinvolti civili. A volte si poteva rischiare di uccidere fino a 5 civili e solo raramente il limite saliva a 10 o più, sebbene in effetti il bilancio delle vittime fosse talvolta più alto. Il 7 ottobre la leadership militare ha modificato le regole d’ingaggio perché riteneva che Israele si trovasse di fronte a una minaccia esistenziale, secondo un alto ufficiale militare.

Un’indagine condotta dal New York Times ha rilevato che Israele ha fortemente indebolito il suo sistema di salvaguardie per proteggere i civili, ha adottato metodi fallaci per individuare gli obiettivi e valutare il rischio di vittime civili, ha regolarmente omesso di condurre revisioni successive agli attacchi sui danni ai civili o di punire ufficiali per illeciti e ha ignorato gli avvertimenti provenienti dai propri ranghi e da alti funzionari militari Usa in merito a queste carenze. Il Times ha esaminato dozzine di documenti militari e intervistato più di 100 soldati e funzionari, inclusi oltre 25 che hanno contribuito a vagliare, approvare o colpire gli obiettivi. Nel loro insieme, le testimonianze forniscono una comprensione senza precedenti di come Israele abbia condotto una delle campagne aeree più letali di questo secolo. La maggior parte ha parlato a condizione di anonimato, perché non autorizzati a commentare pubblicamente.

Nel corso della sua indagine, il Times ha scoperto che Israele ha enormemente ampliato la lista di obiettivi militari da colpire con attacchi aerei preventivi, aumentando contestualmente il numero di civili che gli ufficiali potevano mettere a rischio in ciascun attacco. In alcuni casi, alti comandanti hanno approvato attacchi contro leader di Hamas sapendo che avrebbero messo a rischio più di 100 non combattenti ciascuno, superando una soglia straordinaria per un esercito occidentale. L’Idf ha operato a un ritmo tale da rendere più difficile la verifica che i bersagli fossero legittimi. Ha esaurito in pochi giorni gran parte del database prebellico con gli obiettivi già esaminati e ha adottato un sistema non collaudato di individuazione di nuovi bersagli che impiegava l’intelligenza artificiale su vasta scala.

L’esercito si è spesso affidato a un rozzo modello statistico per valutare il rischio di danni collaterali e talvolta ha lanciato attacchi su obiettivi diverse ore dopo averli localizzati, aumentando la probabilità di errore. Dal primo giorno di guerra, Israele ha drasticamente ridotto l’uso dei cosiddetti “roof knocks ”, colpi d’avvertimento che consentono ai civili di fuggire prima di un attacco. E quando avrebbe potuto usare munizioni più piccole o più precise per ottenere lo stesso obiettivo militare a volte ha causato danni maggiori sganciando “bombe stupide” o da duemila libbre.

Dal novembre 2023, stretto dalle proteste globali, Israele ha iniziato a risparmiare munizioni e a inasprire alcune delle regole d’ingaggio, ad esempio dimezzando il numero di civili che potevano essere messi a rischio. Ma le regole rimangono molto più permissive rispetto a prima della guerra.

Davanti a una sintesi delle scoperte del Times ,l’esercito israeliano ha riconosciuto che le sue regole d’ingaggio sono cambiate dopo il 7 ottobre, ma in una dichiarazionedi 700 parole ha affermato che le sue forze «impiegano continuamente mezzi e metodi che aderiscono alla legge».

I familiari di Shaldan al-Najjar, un comandante di alto livello in una milizia alleata ad Hamas che ha partecipato agli attacchi del 7 ottobre, sono stati tra le prime vittime dei nuovi standard di Israele. Quando, 9 anni prima, l’esercito aveva colpito la sua abitazione, aveva preso precauzioni per evitare danni ai civili — e non era morto nessuno, nemmeno al-Najjar. Quando lo hanno preso di mira in questa guerra, hanno ucciso non solo lui, ma anche 20 membri della sua famiglia allargata, compreso un bambino di due mesi. La mano amputata di sua nipote è stata trovata tra le macerie.

Israele afferma che la strategia militare di Hamas aumenta la probabilità di spargimento di sangue. Il gruppo si radica nella popolazione civile, lanciando razzi dalle aree residenziali, nascondendo combattenti e armi all’interno di abitazioni e strutture mediche e operando da installazioni militari e tunnel sotterranei. A differenza di Hamas, che lancia razzi in modo indiscriminato verso aree civili, Israele e tutti gli eserciti occidentali agiscono secondo un sistema di supervisione a più livelli che valuta la legittimità degli attacchi. Tuttavia gli ufficiali hanno ampia discrezionalità perché le norme sui conflitti armati sono vaghe.

Attacchi che mettevano a rischio oltre 100 civili sono stati talvolta autorizzati per colpire una manciata di leader di Hamas. In un ordine dell’8 ottobre si legge che gli attacchi contro obiettivi militari a Gaza erano autorizzati a mettere a rischio fino a 500 civili al giorno. Il limite è stato rimosso due giorni dopo, consentendo agli ufficiali di approvare tutti i raid che ritenevano legali.

Israele ha da tempo database che contengono numeri di telefono e indirizzi di presunti militanti. Controlla anche le reti di telecomunicazione di Gaza, il che gli consente di intercettare e tracciare i telefoni palestinesi. Ascoltando le chiamate dei numeri associati ai militanti, l’intelligence ha cercato di capire dove si trovassero, spiegano i funzionari. Tuttavia, questi database talvolta contenevano dati obsoleti, aumentando le probabilità di identificare erroneamente un civile come combattente. Inoltre c’erano troppe telefonate perché gli ufficiali riuscissero a monitorarle tutte. Per velocizzare il processo, si sono serviti dell’intelligenza artificiale. Negli ultimi anni, l’Idf ha sviluppato sistemi informatici, uno dei quali noto come “Vangelo” (“The Gospel”), in grado di mettere in relazione informazioni provenienti da diverse fonti, tra cui conversazioni telefoniche, immagini satellitari e segnali dei cellulari. L’esercito ha dichiarato che gli ufficiali verificavano sempre le informazioni fornite dai sistemi automatizzati. Ma il livello di verifica variava da un’unità all’altra. In mancanza di dati più accurati, tuttavia, gli ufficiali dell’intelligence israeliana ricorrevano a un modello semplificato per stimare il numero di civili che potevano essere uccisi in un attacco aereo.

L’esercito aveva suddiviso Gaza in 620 settori, perlopiù grandi come qualche isolato, e stimava il numero di telefoni attivi in ciascuno di essi in base ai segnali rilevati dalle torri telefoniche. Confrontando poi l’uso di telefoni e wi-fi con i livelli precedenti la guerra, si stimava quale percentuale di residenti fosse rimasta in ogni settore. Le informazioni potevano risultare però superate al momento del raid aereo. L’alto numero di attacchi faceva sì che spesso passassero diverse ore tra la stima del rischio per i civili e l’effettivo raid, affermano otto ufficiali. Il modello presentava anche difetti strutturali. Per esempio, si basava sul presupposto che la gente avesse abbastanza elettricità per ricaricare i propri telefoni, nonché l’accesso a una rete telefonica. Ma i black-out elettrici e di rete a Gaza molte volte lo rendevano impossibile. E il modello trascurava che, in guerra, spesso le persone si riuniscono in gruppi numerosi.

Anche nell’esercito israeliano alcuni hanno lanciato l’allarme. Gli ufficiali israeliani hanno agito quasi impunemente. Risulta che soltanto due di loro siano stati licenziati dopo aver supervisionato un attacco con droni costato la vita a diversi operatori umanitari stranieri scambiati per miliziani. L’esercito ha dichiarato che una commissione, istituita dal capo di stato maggiore, sta indagando sulle circostanze di centinaia di raid. Nessuno è stato incriminato.

 

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