Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/12/2024, a pag. 7, l'analisi di Anna Zafesova dal titolo "Zelensky stremato e sempre più solo. Ora spera nella pace giusta di Trump".
Anna Zafesova
Essere Volodymyr Zelensky non è mai stato facile, ma alla fine del terzo anno di grande guerra della Russia contro l’Ucraina sta diventando forse perfino più difficile di quel 24 febbraio 2022. Manca meno di un mese all’entrata in carica di un presidente americano che ha costruito la sua campagna elettorale, tra le altre cose, sulla promessa di chiudere gli aiuti alla resistenza ucraina. In attesa di quel giorno, le truppe russe stanno facendo una pressione mai vista per spostare il fronte il più possibile, e stanno insidiando le posizioni ucraine in punti cruciali del Donbas. E mentre gli alleati europei di Kyiv sembrano acutamente consci del pericolo che il regime di Vladimir Putin rappresenta non solo per l’Ucraina - come dimostrano anche l’ennesimo cavo sottomarino tagliato nel Baltico, e l’aereo azerbaigiano colpito da un missile russo, per prendere gli esempi soltanto degli ultimi due giorni - condividono anche la consapevolezza di non potere fronteggiare la Russia senza gli Usa. In molte capitali sono in corso tempeste politiche interne, e anche se a Londra e a Berlino un eventuale avvicendamento di governo non dovrebbe danneggiare il fronte della solidarietà, l’empatia verso la causa ucraina si sta riducendo in quasi tutti i Paesi dell’Ue, secondo i sondaggi.
Ma mentre gli ucraini stanno entrando nel loro quarto inverno di guerra, tra razionamenti di elettricità e piogge di bombe russe sugli impianti di riscaldamento, il presidente ucraino continua instancabilmente a chiedere ai suoi alleati aiuti per resistere. È vero che ogni tanto mostra segni di esasperazione, e perfino il segretario generale della Nato Mark Rutte l’ha rimproverato di prendersela «immeritatamente» con Olaf Scholz per le sue esitazioni. Ma intanto i militari ucraini continuano a lanciare attacchi contro la Russia, e anche se il New York Times sostiene che le scorte di missili americani siano ormai prossime a esaurirsi, le sue fonti a Washington ammettono anche che sono state utilizzare oculatamente per colpire snodi cruciali della macchina bellica russa. Nelle città ucraine ci si prepara a festeggiare capodanno senza più quell’ottimismo che due anni fa faceva augurare “l’anno della vittoria”, piuttosto con una rassegnata tenacia: negli ultimi mesi la quota della popolazione disposta a un negoziato con Mosca ha superato per la prima volta il 50%, ma l’idea di concedere territori all’invasore continua a venire vista dalla maggioranza come inaccettabile. Anzi, un sondaggio di fine anno mostra a sorpresa come gli ucraini in realtà siano molto più ottimisti nei confronti di Trump: il 45% spera che porterà la pace, e il 52% conta su una pace almeno parzialmente “giusta”, e non a danno dell’Ucraina.
Un ottimismo della volontà, quello di Zelensky e dei suoi concittadini, che in realtà non si basa soltanto sulla disperazione di chi non ha la scelta di potersene andare. La probabilità che Trump riesca a imporre a Putin un compromesso in realtà non è molto elevata, sia perché il dittatore russo non è molto incline ai compromessi - e ha tenuto a ribadirlo negli ultimi giorni - sia perché per ora nessuno è riuscito a ipotizzare un meccanismo realistico per garantire la sicurezza dell’Ucraina: i peacekeeper Ue appaiono una utopia, vista anche la situazione interna della maggior parte dei Paesi europei, l’ombrello Nato su Kyiv sarebbe inaccettabile per Mosca, e la minaccia recente di Dmitry Medvedev di lasciar perdere lo scontro con gli Usa per concentrarsi sulla «destabilizzazione dell’Europa» pone rischi che perfino l’isolazionismo più estremo dei trumpiani non potrà ignorare. È evidente che se un eventuale “congelamento” della guerra non impedirà a Putin di poter continuare a bombardare l’Ucraina a suo piacimento, Trump non potrà accettare un accordo che lo farà apparire come la parte perdente.
Di conseguenza, l’obiettivo dell’Ucraina è quello di sopravvivere in una corsa contro il tempo: è vero che a Kyiv mancano uomini e risorse per continuare a contenere l’avanzata russa, ma anche l’economia russa è in grave difficoltà, e l’arrivo al fronte dei nordcoreani ricorda che la demografia russa non è molto migliore di quella ucraina. E se è quando gli spazi di un compromesso, anche a costo di sacrificare l’Ucraina, si rivelassero troppo stretti sia per Trump che per Putin, Zelensky dovrebbe essere pronto a mostrare, agli ucraini come agli occidentali, che ha ancora la capacità di proseguire la resistenza. È per questo che, come in quella sua frase ormai entrata nella storia, continua a chiedere munizioni, invece di accettare un passaggio verso la sconfitta.
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